Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11746 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 05/05/2021), n.11746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27935-2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

MAGLIANA 179, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RUBINETTI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EZIO 12,

presso lo studio dell’avvocato GIAN ETTORE GASSANI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3897/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE

CLOTILDE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3897/2019 depositata l’11-6-2019 e notificata il 25-6-2019, in parziale riforma della sentenza n. 17008/2017 del Tribunale di Roma, ha rigettato la domanda di addebito della separazione proposta da M.A. nei confronti di C.G., ha confermato i provvedimenti assunti in via provvisoria per il passato, ha rigettato la domanda di mantenimento della figlia S., per l’effetto revocando l’assegno con versamento diretto a lei riconosciuto a decorrere dalla pubblicazione della sentenza di primo grado ed ha revocato l’assegnazione in favore di M.A. della casa familiare sita in (OMISSIS), rigettando l’appello incidentale proposto dalla M.

2. Avverso la succitata sentenza M.A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, a cui resiste con controricorso C.G.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

3. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. (onere della prova delle circostanze fatte valere in giudizio) in relazione all’art. 143 c.c., quanto al capo relativo all’addebito della separazione, per non avere la Corte di merito applicato il principio giurisprudenziale secondo il quale, ai fini dell’addebito della separazione, è onere di chi contesta la condotta in violazione degli obblighi matrimoniali dimostrare che la stessa si sia effettivamente verificata, ma è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi.

3.1. Con il secondo motivo lamenta la violazione ed erronea applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 2697 c.c. e art. 337 sexies c.c. (riguardo ai criteri per l’assegnazione della casa coniugale) e omesso esame di fatti decisivi in ordine all’assegnazione della casa coniugale e all’imposizione dell’obbligo di mantenimento in favore della figlia S., per non avere la Corte di merito tenuto conto delle emergenze probatorie in ordine al fatto che la figlia non fosse ancora economicamente autosufficiente ed avendo, invece, applicato un mero criterio di verosimiglianza e fatto ricorso a semplici presunzioni.

3.2. Con il terzo motivo denuncia la violazione ed erronea applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 115 c.p.c., e degli artt. 2697 e 156 c.c. (riguardo al mantenimento della moglie) e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, sempre con riguardo al mantenimento della moglie, per non avere la Corte di merito tenuto conto delle risultanze probatorie documentali, ossia per non avere considerato che la ricorrente aveva documentato redditi da lavoro per soli Euro 180,00 mensili e un reddito da affitto di Euro120,00 mensili (e non Euro 800,00 mensili come ritenuto dalla Corte in sentenza) e che l’allegazione non era mai stata contestata dall’ex coniuge.

4. Il primo motivo è in parte infondato in parte inammissibile.

4.1. La doglianza è infondata nella parte in cui denuncia la violazione delle regole sull’onere probatorio, non ricorrente nella specie, atteso che, secondo il costante orientamento di questa Corte, ” in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l’addebito l’onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l’efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza” (tra le tante cfr. Cass. n. 2059/2012; Cass. n. 16691/2020).

La Corte d’appello, attenendosi al suesposto principio, ha ritenuto insussistente il nesso causale tra l’allontanamento dell’ex marito e la crisi coniugale, valorizzando il disinteresse manifestato dalla ricorrente al ripristino dell’unità familiare, desunto dal fatto che la convivenza era cessata nel 2001, il giudizio di separazione era instaurato dal marito nel 2013, dopo oltre dodici anni, senza che l’ex moglie avesse assunto alcuna iniziativa nel frattempo, diretta a contrastare o ad opporsi alla situazione relazionale determinatasi. La Corte d’appello ha ritenuto il comportamento della M. di acquiescenza ad una situazione (allontanamento del marito) compresa, giustificata e nei fatti condivisa, riconducibile alla pari volontà dei coniugi di porre fine alla vita comune, concretizzata dal C. allontanandosi da casa, avendo i coniugi ricostituito, a distanza di così tanto tempo, assetti di vita familiare in totale distacco l’uno dall’altro (così pag. n. 5 della sentenza impugnata).

4.2. La censura è inammissibile nella parte in cui sollecita il riesame del materiale probatorio e una rivalutazione del merito, invocando la violazione dell’art. 115 c.p.c.. Questa Corte ha ripetutamente affermato (tra le tante Cass. n. 1229/2019) che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi, il che non è nella specie, che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.

5. I motivi secondo e terzo, da valutarsi congiuntamente per la loro evidente connessione, sono inammissibili perchè si risolvono in una richiesta di rivisitazione del merito.

La Corte di merito ha ritenuto sussistente l’autosufficienza economica della figlia maggiorenne perchè lavora con continuità, anche se con contratti a tempo determinato, percependo in media Euro 900 mensili, ed ha, di conseguenza, revocato l’assegnazione della casa familiare alla madre. Inoltre la Corte d’appello ha ritenuto che l’ex moglie fosse in grado di mantenersi autonomamente, perchè ha un immobile a Roma donatole dal marito da cui ha ricavato redditi (anche, non sempre, come precisato nella sentenza impugnata, Euro800 al mese) e lavora quale addetta alle pulizie, come dalla stessa dichiarato senza documentare il compenso percepito, solo a suo dire pari a Euro 180 al mese.

Le censure concernono l’accertamento di fatti esaminati e valutati, con motivazione adeguata (Cass. S.U. n. 8053/2014), dai Giudici di merito e, pertanto, si tratta di un accertamento non sindacabile in sede di legittimità (Cass. S.U. n. 34476/2019).

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese di lite, liquidate come in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro4.100, di cui Euro100 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

 

 

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