Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1174 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 19/01/2011), n.1174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

V.F., residente a (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 62/32/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di Firenze, Sezione n. 32, in data 29.11.2006, depositata

il 13 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 novembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso iscritto al n. 3042/2008 R.G. è stata chiesta la cassazione della sentenza n. 62/32/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Firenze, Sezione n. 32, il 29.11.2006 e DEPOSITATA il 13 dicembre 2006.

La Commissione Regionale, ha respinto l’appello dell’Agenzia Entrate, considerando illegittimo il D.P.C.M. 29 gennaio 1996, per mancanza del previo parere del Consiglio di Stato, e, comunque, ritenendo illegittima l’applicazione dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, dopo avere rilevato che il dato parametrico utilizzato era a ritenersi inidoneo, in assenza di altri elementi, a sostanziare la prova del fondamento della pretesa fiscale.

Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 1996, si articola in tre motivi, con i quali si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, della L. n. 400 del 1988, art. 17, della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi da 181 a 189 e art. 2697 c.c., nonchè insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, deducendosi la legittimità del D.P.C.M. 29 gennaio 1996 – ancor quando non assistito dal parere del Consiglio di Stato – e che i parametri sono di per sè sufficienti a fondare la pretesa fiscale, senza necessità di riscontro o di elementi ulteriori di prova e, sotto altro profilo, che la decisione non aveva motivato in ordine agli elementi necessari per integrare e sorreggere sul piano probatorio, la pretesa fiscale.

L’intimata non ha svolto difese in questa sede.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che, in via preliminare, va rilevata d’ufficio la non integrità del contraddittorio, atteso che trattasi di reddito di partecipazione nella società Bar Centrale di Raniero Valacchi &

Vannelli snc;

Considerato, infatti, che con sentenza n. 14815/2008 le SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione hanno affermato il principio, a mente del quale la unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (T.U.I.R.) e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e che la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1), perchè non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione (Cass. SS.UU. n. 1052/2007); trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che:

il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, destinatario di un atto impositivo, apre la strada al giudizio necessariamente collettivo e il giudice adito in primo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29);

– il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2 e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. SS.UU. 4 giugno 2008 n. 14815);

Ritenuto che, non avendo al giudizio di che trattasi partecipato la società e tutti i soci, in base alle esposte considerazioni ed al richiamato principio, va dichiarata la nullità della decisione impugnata, di quella di prime cure e di tutti gli atti successivi alla costituzione in giudizio del ricorrente in primo grado, e la causa va rimessa alla CTP di Grosseto, perchè, previa adozione dei provvedimenti sottesi a garantire l’integrità del contraddittorio ed il diritto di difesa delle parti, pronunci nel merito, offrendo congrua motivazione;

Considerato che, avuto riguardo all’epoca dell’affermarsi dell’applicato principio, le spese dell’intero giudizio vanno compensate;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara la nullità della sentenza impugnata, di quella di primo grado e di tutti gli atti successivi alla costituzione in giudizio di parte ricorrente in primo grado e rinvia alla CTP di Grosseto, per i provvedimenti di competenza. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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