Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11739 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/05/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 05/05/2021), n.11739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 472-2020 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

20, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4554/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1.- L’avvocato S.N. ha ottenuto nei confronti di C.M., poi deceduto, ed in vece del quale stanno oggi in giudizio la moglie ed il figlio, una sentenza che ha condannato il C. alla rifusione delle spese legali, distratte a favore del medesimo S. che aveva dichiarato di averle anticipate.

Lo S. ha dunque iniziato una procedura esecutiva nei confronti di C. per la corresponsione di queste spese legali, pignorando la pensione che a C. era erogata dall’INPS.

Tuttavia, la sentenza di primo grado, in forza del quale erano state liquidate le spese legali a favore di S., è stata riformata in appello, con la conseguenza che è venuto meno il titolo che giustificava il pagamento di quelle spese.

Il C. ha dunque ottenuto un decreto ingiuntivo per avere la restituzione delle spese che, in forza della sentenza di primo grado poi riformata, aveva corrisposto all’avv. S..

Quest’ultimo ha proposto opposizione, eccependo: l’inammissibilità della ingiunzione, che avrebbe dovuto seguire invece il rito della opposizione agli atti esecutivi o alla esecuzione; il fatto che il creditore avrebbe dovuto attendere il passaggio in giudicato della sentenza; la circostanza che non v’era prova dell’effettivo incasso delle spese legali da restituire.

Il Tribunale, rigettando le eccezioni preliminari, ha accolto l’opposizione ritenendo che non era stato dimostrato da parte del C. che l’avvocato S. aveva effettivamente incassato la somma, compensando le spese.

2.- S. ha proposto appello, censurando la decisione quanto alla compensazione delle spese, ma la corte di secondo grado ha ritenuto corretta quella decisione, che oggi l’Avv. S. impugna con due motivi. Le parti intimate non si sono costituite.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di appello ha ritenuto che è corretta la decisione di compensare le spese quando sia motivata dalla complessità del caso, ossia quando il caso non è di semplice ed immediata soluzione.

4.- Questa ratio è contestata con due motivi, il primo dei quali denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e ritiene errata la decisione nella parte in cui giustifica la compensazione delle spese per via di una sorta di reciproca soccombenza” ravvisata nel fatto che alcune domande dello S. erano state disattese. Il ricorrente evidenzia che non di domande si trattava, ma di questioni preliminari (competenza e sospensione del giudizio), sulle quali non si forma soccombenza.

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio della decisione impugnata, che solo come obiter cita l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la soccombenza è reciproca se alcune delle domande di parte vittoriosa sono state rigettate.

La ratio della sentenza impugnata è nella regola per cui il giudice di merito correttamente compensa le spese se ritiene che la questione era complessa e non semplice da decidere.

5.- Su questa ratio verte infatti il secondo motivo, che sempre denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., contestando alla sentenza impugnata che non v’era alcuna complessità, essendo stata accolta l’opposizione semplicemente per difetto di prova dell’avvenuto effettivo pagamento della somma da ripetere.

Il motivo è inammissibile.

La regola cui fa ricorso la corte di appello, ossia quella per cui il giudice può motivare la compensazione delle spese adducendo una certa difficoltà di giudizio, o complessità delle questioni trattate, corrisponde ad un orientamento di questa Corte, formatosi sotto il regime previgente (Cass. 18352/2003, Cass. 3200/2004), e ribadito dopo la riforma del 2014, da decisioni che hanno ritenuto rientranti nelle ipotesi di compensazione quelle dovute ad incertezza della questione, dove la complessità può derivare, per l’appunto dal contrasto di diversi orientamenti (Cass. 3977/2020; Cass. 4696/2019).

La corte di appello (pp. 4-5) ha dato conto di questa ragione con motivazione adeguata, il cui merito non è censurabile.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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