Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11736 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2011, (ud. 13/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22661/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO DAPS PUBBLICITA’ SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Curatore prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO

CESARE 14 presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI MARIA TERESA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TRICARICO GIUSEPPE,

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2005 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 03/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE STEFANO ALESSANDRO, che ha

chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato TRICARICO GIUSEPPE, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento del

1^ motivo di ricorso, assorbito il 2^.

Fatto

1. Con sentenza n. 57/6/05, depositata il 3.6.05, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna accoglieva l’appello proposto dal Fallimento D.A.P.S. Pubblicità s.r.l. avverso la decisione dalla Commissione Tributaria Provinciale di Modena, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente nei confronti della cartella esattoriale, emessa per maggiore imposta, interessi e sanzioni in materia di IVA, per l’anno 1995, a seguito di iscrizione dell’imposta nel ruolo straordinario, di cui alla del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3.

2. Il giudice di appello riteneva che l’iscrizione dell’imposta, nel ruolo suindicato – dovuta al fallimento della società contribuente, ed al conseguente fondato pericolo per la riscossione – non fosse ammissibile in materia di IVA, atteso che il D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, che aveva reso possibile tale iscrizione anche per le imposte indirette, era operante solo per i ruoli posti in essere successivamente al 9.6.01, laddove, nella specie, i ruoli risultavano formati in data 18.4.01.

3. Per la cassazione della sentenza n. 57/6/05, hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando due motivi, ai quali l’intimato ha replicato con controricorso.

Diritto

1. In via pregiudiziale, rileva la Corte che il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione ricorrente. Ed invero, va osservato che, qualora – come nel caso di specie – al giudizio di appello abbia partecipato solo l’Agenzia delle Entrate – succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze nel giudizio di primo grado, ossia in epoca successiva all’1.1.01, data nella quale le Agenzie sono divenute operative in forza del D.Lgs. n. 300 del 1999 – e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, o addirittura, come nel caso di specie, abbia instaurato il contraddittorio solo nei confronti di quest’ultimo – deve ritenersi veri-ficata, ancorchè per implicito, l’estromissione del Ministero delle Finanze dal giudizio.

Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva (cfr., tra le tante, Cass. 24245/04, 6591/08).

2. Premesso quanto precede, e passando all’esame dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate, osserva la Corte che, con la prima delle censure mosse all’impugnata sentenza, l’Ufficio deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19, D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 15 bis e 25.

2.1. Rileva, invero, l’amministrazione ricorrente che la CTR dell’Emilia Romagna avrebbe del tutto erroneamente ritenuto inapplicabile alla pretesa tributaria azionata, nella specie, nei confronti del Fallimento D.A.P.S. s.r.l. – a seguito di rettifica della dichiarazione IVA da questi presentata – la disposizione di cui al D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, che ha esteso anche alle imposte indirette la possibilità dell’iscrizione della maggiore imposta liquidata dall’Ufficio (oltre interessi e sanzioni) nel ruolo straordinario di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3, nell’originaria formulazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis, prevista solo per le imposte sui redditi.

A tale erroneo convincimento il giudice di appello sarebbe infatti pervenuto, a parere dell’Agenzia, sulla base della considerazione che i ruoli erano stati formati, nel caso di specie, in data 18.4.01, ossia in epoca precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 193 del 2001, avvenuta il 9.6.01. E tuttavia, il giudice di appello, a parere della ricorrente, avrebbe, in tal modo, del tutto omesso di considerare il dato – pacificamente risultante dagli atti di causa, e pertanto violando altresì il disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c. – che la notifica della cartella esattoriale, con la quale era stata portata a conoscenza del contribuente l’avvenuta iscrizione a ruolo della maggiore imposta per l’anno 1995, era stata effettuata al Fallimento D.A.P.S. Pubblicità s.r.l. in data 11.6.01, ossia in data successiva a quella (9.6.01) di entrata in vigore del predetto D.Lgs. n. 193 del 2001.

A tal riguardo – sempre ad avviso dell’Agenzia – andrebbe tenuto conto, invero, del fatto che il momento determinante per l’instaurazione del rapporto giuridico di riscossione tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria sarebbe – non già quello della formazione del ruolo, come erroneamente ritenuto dalla CTR – bensì, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, quello della notifica della cartella esattoriale, con la quale la pretesa tributaria contenuta nel ruolo viene esternata e resa conoscibile al contribuente.

2.2. Tali deduzioni dell’amministrazione finanziaria – a giudizio della Corte – si palesano, peraltro, totalmente infondate e devono, pertanto, essere disattese.

2.2.1. Va osservato, infatti, che – in forza del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3, e art. 15 bis, – il ruolo straordinario consente alla amministrazione finanziaria l’anticipata e totale riscossione delle maggiori imposte accertate, in deroga alle disposizioni (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68) che regolano l’iscrizione provvisoria in pendenza del processo tributario. L’emissione di tale tipo di ruolo è, tuttavia, subordinata, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3, alla sussistenza di un presupposto essenziale, costituito dalla sussistenza di un concreto e fondato pericolo per la riscossione dell’imposta, dovendo – in mancanza – l’amministrazione fare obbligatoriamente ricorso al ruolo ordinario, con le conseguenti limitazioni quantitative nell’iscrizione del tributo, in caso di accertamenti non ancora definitivi in conseguenza del ricorso prodotto dal contribuente.

Premesso quanto precede, va – di poi – considerato che l’ambito di applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis, – che, in deroga al precedente art. 15 consente l’iscrizione nel ruolo straordinario dell’imposta, degli interessi e delle sanzioni “per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo” – è stato, per un certo tempo, piuttosto ristretto, essendo l’applicazione della norma limitata alle sole imposte dirette. Ed infatti, il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19, prevedeva che una serie di disposizioni del D.P.R. n. 602 del 1973, tra queste specificamente ricompresa quella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis, si applicassero “alle sole imposte sui redditi” e, quindi, non anche ai tributi di diversa natura e tipologia.

Senonchè, la successiva disposizione del D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, ha, poi, espressamente statuito che “nell’art. 19, comma 1, concernente le disposizioni applicabili alle sole imposte sui redditi, le parole “15 bis (…)” sono soppresse”. Per il che – com’ è evidente – la possibilità di iscrizione nei ruoli straordinari ex art. 11 del D.P.R. è venuta, di conseguenza, ad estendersi anche alle imposte indirette e, quindi, all’IVA. Tuttavia, poichè l’art. 4 delle disposizioni transitorie del D.Lgs. n. 193 del 2001, non prevede alcuna applicazione retroattiva del disposto del menzionato art. 2, se ne deve logicamente inferire, ad avviso della Corte, che l’iscrizione nei ruoli straordinari dei tributi diversi dalle imposte sui redditi sia consentita solo, ed esclusivamente, per i ruoli formati e resi esecutivi successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 193 del 2001 (9.6.01).

2.2.2. Premesso quanto precede in via di principio, rileva la Corte che, nel caso di specie, – come asserito nel ricorso dalla stessa Agenzia delle Entrate – l’iscrizione a ruolo nei confronti del Fallimento della D.A.P.S. s.r.l. conseguiva alla notifica, in data 15.1.99, di un avviso di rettifica della dichiarazione IVA presentata dalla società. Tale atto di accertamento veniva impugnato dalla curatela del fallimento con ricorso alla CTP di Modena, ancora pendente al momento in cui veniva notificata al contribuente – in data 11.6.01 – la cartella esattoriale, oggetto di impugnativa in questa sede. E tuttavia, poichè la dichiarazione di fallimento del contribuente integra il requisito del periculum in mora richiesto per l’iscrizione dell’imposta nel ruolo straordinario D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 11, comma 3, l’iscrizione a ruolo e la cartella recavano l’intera somma dovuta dalla società in base alla rettifica impugnata, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis.

Orbene, rileva la Corte che limitatamente a tale profilo – per quanto concerne, cioè, il mero riscontro della sussistenza del presupposto oggettivo per l’applicabilità della disposizione da ultimo menzionata, costituito dal periculum in mora – non v’è dubbio che l’iscrizione del tributo nel ruolo speciale fosse consentita all’amministrazione, atteso che il fallimento del contribuente – come più volte affermato da questa Corte – è circostanza che integra di per sè il requisito del periculum in mora richiesto per l’iscrizione dell’imposta nel ruolo straordinario (v. Cass. 9180/01, 11508/01, 12887/07).

Non altrettanto è a dirsi, tuttavia, per quanto concerne l’applicabilità ratione temporis della menzionata norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis. Ed invero, è del tutto incontroverso tra le parti che, nel caso concreto, l’Agenzia delle Entrate ha formato il ruolo – per la riscossione dell’IVA, oltre interessi e sanzioni – in data 18.4.01, ossia prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 193 del 2001, avvenuta in data 9.6.01. Se ne deve necessariamente inferire – stante la vista irretroattività della norma (D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2) abilitativa all’iscrizione anche delle imposte indirette nei ruoli straordinari – che l’amministrazione, come ha correttamente ritenuto il giudice di appello, difettava del potere di operare la riscossione della maggiore imposta dovuta dal contribuente, e degli oneri accessori, in base al ruolo straordinario D.P.R. n. 602 del 1973, ex artt. 11 e 15 bis.

2.2.3. Nè giova all’amministrazione dedurre che la notifica della cartella esattoriale – come è del tutto pacifico in causa – è avvenuta in data 11.6.01, ossia dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 193 del 2001.

Deve, per vero, rilevarsi, al riguardo, che la suindicata disposizione del D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 2, è finalizzata ad estendere alle imposte diverse da quella sui redditi l’ambito di applicazione del ruolo straordinario. Per cui – essendo di tutta evidenza che l’oggetto della disciplina in parola è inequivocabilmente costituito dalla formazione di tale tipo di ruolo, che la suddetta disposizione ha esteso oltre l’ambito applicativo prefigurato dalla normativa previgente – ne discende che del tutto irrilevante deve ritenersi, ai fini dell’applicabilità della norma, la notifica della successiva cartella esattoriale.

Non può, invero, neppure condividersi l’assunto dell’amministrazione, secondo la quale il momento determinante per l’instaurazione del rapporto giuridico di riscossione tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria sarebbe – non già quello della formazione del ruolo – bensì, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, quello della notifica della cartella esattoriale. Osserva, invero, la Corte che il ruolo, ancorchè atto interno dell’amministrazione, costituisce lo strumento fondamentale della riscossione, poichè contiene l’indicazione del periodo di imposta cui l’iscrizione si riferisce, dell’imponibile, dei versamenti e dell’imposta effettivamente dovuta, oltre che degli interessi e delle sanzioni pecuniarie eventualmente irrogabili al contribuente. L’iscrizione a ruolo della somma, che l’amministrazione reputa sia dovuta da quest’ultimo, costituisce, dunque, il valido e legittimo titolo per la riscossione del tributo (Cass. 13173/00), laddove la cartella esattoriale notificata al debitore di imposta, una volta che il ruolo sia stato formato e consegnato al concessionario, reca l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, nel termine previsto dalla legge (sessanta giorni dalla notificazione), con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà all’esecuzione forzata (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2).

Ne discende che l’obbligo di pagamento a carico del contribuente – contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente – viene ad esistenza già con la formazione del ruolo, atto prodromico all’esecuzione esattoriale. Per contro, la cartella di pagamento costituisce lo strumento mediante il quale la pretesa esattoriale viene portata a conoscenza del debitore di imposta. Sicchè quest’ultimo, solo a seguito della notifica della cartella è posto nelle condizioni di impugnare, sia tale atto impositivo a valle, sia il titolo per la riscossione a monte, ossia il ruolo (ordinario o straordinario), contenente l’enunciazione dell’obbligo tributario che il contribuente deve adempiere, pena il compimento degli atti esecutivi da parte dell’amministrazione.

Stando così le cose, è di tutta evidenza, pertanto, che – contrariamente a quanto sostenuto, nel caso concreto dall’Agenzia delle Entrate – la cartella esattoriale, men che costituire l’atto che da vita al rapporto obbligatorio tra amministrazione e contribuente, integra, piuttosto, l’unico valido veicolo per impugnare anche l’iscrizione a ruolo – costituente, come detto, il titolo stesso della riscossione – per vizi suoi propri (cfr. Cass. 1630/09).

Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il motivo di gravame in esame non può che essere disatteso.

3. La seconda delle censure, mosse dall’Agenzia delle Entrate all’impugnata sentenza, concerne la pretesa violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. a), e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 19, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

3.1. Deduce, infatti, l’Ufficio che la CTR avrebbe altresì omesso di considerare – in violazione del disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c., – il fatto, dedotto dall’amministrazione appellata nell’atto di costituzione in appello – trascritto, in parte qua, nel ricorso intro-duttivo del presente giudizio di legittimità (p. 3) – e non contestato dall’appellante, secondo cui la sentenza emessa dalla CTP, sul ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di rettifica IVA – atto a monte dell’iscrizione a ruolo contestata in questa sede – era stata integralmente sfavorevole a quest’ultimo. Ne sarebbe derivata, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, la mancata applicazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, a tenore del quale, dopo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che respinge il ricorso, l’Ufficio può iscrivere a ruolo i due terzi delle maggiori somme dovute dal contribuente. Per il che, a parere della ricorrente, la CTR dell’Emilia Romagna avrebbe dovuto, nel caso concreto, ritenere l’iscrizione nel ruolo straordinario legittima quantomeno per i due terzi, anzichè annullarla integralmente. Sicchè si configurerebbe nella specie, secondo l’Agenzia delle Entrate, il vizio di ultrapetizione, essendosi la CTR, in buona sostanza, pronunciata al di là del thema decidendum concordemente delimitato dalle parti in causa.

3.2. La censura in esame, ad avviso della Corte, si palesa del tutto inammissibile, per violazione del c.d. principio di autosufficienza, più volte enunciato da questa Corte anche in epoca precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, con il quale è stato introdotto un nuovo n. 6, al comma 1 dell’art. 366 c.p.c., a tenore del quale il ricorso – oltre alle altre indicazioni specificate dalla norma – deve contenere, a pena di inammissibilità, “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

3.2.1. Ed invero, il rispetto del menzionato principio di autosufficienza – posto a presidio della corretta delimitazione del thema decidendum del giudizio di cassazione -postula che il ricorso contenga in sè tutti gli elementi necessari per individuare le ragioni poste a fondamento della richiesta di annullamento della sentenza impugnata, e per valutare la fondatezza di tali ragioni, di modo che il giudice di legittimità possa avere, senza dover ricorre ad altri atti, compresa la sentenza impugnata, una chiara e completa visione dell’oggetto dell’impugnazione, dello svolgimento del processo (art. 366 c.p.c., n. 3) e della posizione in esso assunta dalle parti (cfr., tra le tante, Cass. 6023/09, 15952/07, 7392/04).

Con specifico riferimento all’indicazione degli atti processuali e dei documenti, va, di poi, precisato che tale indicazione – in ossequio al principio suesposto – deve concretarsi nella trascrizione integrale dell’atto, o del documento, quanto meno nei suoi passaggi essenziali e controversi. Tale trascrizione è, invero, indispensabile al fine di consentire alla Corte di formulare, sulla base dello stesso ricorso, e senza attingere ad altri atti, il giudizio di fondatezza, o meno, delle censure mosse dal ricorrente alla decisione impugnata (cfr., in tal senso, ex plurimis, Cass. S.U. 23019/07, Cass. 1465/09, 5043/09, 1952/09).

3.2.2. Quanto all’ambito di applicazione di tale principi, deve ritenersi, poi, ormai consolidato l’indirizzo di questa Corte nel senso che il c.d. principio di autosufficienza sia applicabile anche nei casi in cui il ricorso sia stato proposto – come nel caso concreto – per errores in procedendo, ipotesi nelle quali la Suprema Corte è anche giudice del fatto, ed ha il potere-dovere di controllare gli atti di causa. E’, per vero, necessario, anche in tal caso, che la denuncia del vizio processuale sia enunciata con l’indicazione degli specifici atti e dei singoli passaggi dello sviluppo processuale, nei quali sarebbe stato commesso l’errore di applicazione della norma sul processo, di cui si denunci la violazione; sì che la Corte sia posta in condizione di procedere ad un controllo mirato sugli atti processuali, in funzione di quella verifica e della valutazione della decisività della questione (cfr., tra le tante, Cass. 6225/05, 17524/03, 6055/03, 15700/02).

3.2.3. Ebbene, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate non ha neppure allegato – nè tantomeno trascritto compiutamente, sul punto, i relativi atti – che il fallimento, nei motivi di appello avverso la decisione di prime cure, avesse chiesto la declaratoria di illegittimità dell’iscrizione a ruolo, limitatamente al terzo delle maggiori somme dovute, in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1.

E neppure l’amministrazione ricorrente – al di là della mera menzione della decisione di primo grado, sfavorevole per il contribuente in ordine all’avviso di accertamento IVA, a monte dell’iscrizione a ruolo, contenuta in apertura della comparsa di costituzione in appello (p. 3 del ricorso)- ha in alcun modo allegato di avere riproposto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, al giudice di appello – per essere stata, in ipotesi, ritenuta assorbita dal giudice di prima istanza – la questione della legittimità, ex art. 68 del citato decreto, dell’iscrizione a ruolo per i due terzi della maggiore imposta dovuta dal contribuente.

E tuttavia, è solo a seguito della proposizione di uno specifico motivo di ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, da parte dell’appellante soccombente in prime cure, o della riproposizione ex art. 56 del medesimo decreto, da parte dell’appellato vincitore in primo grado, di domande o eccezioni non accolte dal primo giudice perchè ritenute assorbite, che viene a radicarsi nel giudice di appello il dovere di pronunciarsi su tali questioni, e nei limiti segnati – non essendo il giudizio di appello un novum iudicium, ma un gravame a cognizione vincolata – dall’iniziativa processuale delle parti (cfr., Cass. S.U. 16/00, S.U. 28498/05).

Ne consegue che, nel caso concreto, non avendo la ricorrente neppure allegato l’avvenuta proposizione della questione relativa all’illegittimità parziale, e non totale, dell’iscrizione a ruolo, nei rispettivi scritti difensivi delle parti nel giudizio di secondo grado, deve ritenersi precluso alla Corte il riscontro della fondatezza, o meno, nel merito della censura relativa alla pretesa ultrapetizione della sentenza di appello.

4. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate deve essere rigettato.

5. Concorrono giusti motivi, attesa la peculiarità e complessità delle questioni giuridiche trattate, per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate; dichiara interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 13 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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