Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11735 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/05/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 14/05/2010), n.11735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.F., in qualità di titolare della ditta individuale

D.R.D. di D.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PELLEGRINO DAVIDE FILIPPO,

giusta delega a margine del ricorso; successivamente a seguito della

cancellazione dall’albo dell’avvocato Pellegrino, il ricorrente

dichiarava di costituirsi in prosecuzione con memoria 28/05/09

recante a margine delega dell’avvocato RAFFAELE REALE autenticata dal

difensore e non per atto pubblico;

– ricorrente –

contro

S.A., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CONTI UMBERTO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2601/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/11/2005 R.G.N. 5591/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per inammissibilità e in

subordine rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 15.7.1992, S.A.M. conveniva dinanzi al Tribunale di Bari D.F. ed esponeva di avere prestato il proprio lavoro alle dipendenze del convenuto dal 17.12.1987 al 4 aprile 1992, percependo retribuzioni inferiori a quelle previste dal CCNL di categoria (solo dal 1990 aveva ricevuto la busta paga) e di essere rimasta creditrice a vario titolo di L. 54.045.325. Si costituiva il D. e contestava partitamente le deduzioni attrici: la S. era stata una procacciatrice occasionale fino al 4.6.1990, quando era stata assunta con contratto di formazione e lavoro; indi l’interessata si era dimessa. Nulla doveva a qualsiasi titolo ed esperiva riconvenzionale per L. 51.686.238 per risarcimento del danno, avendo la S. incautamente accordato una fornitura a credito ad una ditta rimasta insolvente. Il Tribunale, previa istruttoria, accoglieva parzialmente le domande attrici limitando il periodo riconosciuto ai due anni anteriori al contratto di formazione e lavoro; respingeva la riconvenzionale.

2. Proponeva appello il D., mentre la S. si limitava a chiedere la conferma della sentenza di primo grado. La Corte di Appello di Bari confermava la sentenza di primo grado.

Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– il rapporto di lavoro è provato, segnatamente sulla base della testimonianza resa da tale L., la cui attendibilità è invano contestata dall’appellante;

– tale testimonianza è stata peraltro utilizzata dal giudice di primo grado unitamente ad altri elementi di prova;

– le mansioni accertate sono incompatibili con quelle di una mera procacciatrice di affari;

– altro teste ricorda di avere sempre avuto come interlocutrice, in ufficio, la S.;

– ulteriore teste ricorda di avere udito il datore di lavoro impartire disposizioni all’attrice;

– ne deriva che quanto meno dalla metà dell’anno 1988 il rapporto di lavoro è dimostrato;

– infondata è la domanda riconvenzionale, dato che le ripetute forniture alla ditta Montrone non sono ascrivibili ad iniziative della S..

3. Ha proposto ricorso per Cassazione D.F., titolare della ditta individuale DRD. deducendo due motivi. Resiste con controricorso S.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: il giudice di appello non ha tenuto conto dei fatti e circostanze emerse dalle prove testimoniali e documentali e non ha esaminato fatti decisivi per la soluzione della controversia. Ciò vale in particolare per la deposizione di L.M., il quale svolgeva la propria attività commerciale in strada diversa da quella dove era posta la ditta D. e solo a partire dal 1990 si era trasferito in locale adiacente all’impresa citata.

Nè il teste poteva verificare cosa facesse la S. nella ditta D.. Il teste P. nulla afferma circa la collocazione temporale dei fatti; la deposizione di B.P. è compiacente, mentre nessuna rilevanza è stata attribuita alle dichiarazioni di C.P., il quale ha reso dichiarazioni attendibili circa la situazione a partire dal 1990, anche se ha falsamente affermato di avere lavorato dal 1989. Nè la Corte di Appello ha tenuto presente la deposizione di T.S., per vero contraddittoria.

5. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione di “norme di diritto” non meglio indicate ed ulteriore difetto di motivazione, per non avere la Corte di Appello giustificato adeguatamente il ravvisato vincolo di subordinazione, in mancanza di elementi al riguardo.

6. Il ricorso è infondato. Esso, in luogo di evidenziare lacune intrinseche o illogicità interne alla motivazione della sentenza di appello, riassume e sottopone a critica le prove testimoniali espletate, delle quali propone una lettura diversa da quella operata dalla Corte di Appello: operazione questa inammissibile in sede di legittimità. Appartiene all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito scegliere tra le prove espletate quelle che ritenga attendibili e rilevanti ai fini del decidere e, previo vaglio critico (come nella specie è avvenuto) accertare il “fatto”. La ricostruzione dei rapporti tra le parti, nel senso dell’esistenza di un rapporto di lavoro in luogo di un rapporto di procacciamento di affari, è stata compiuta con motivazione adeguata, immune da vizi logici o da contraddizioni, talchè essa si sottrae ad ogni possibilità di riesame e di censura in sede di legittimità. Le stesse considerazioni valgono per quanto attiene al requisito della subordinazione, la cui esistenza è stata motivata dalla Corte di Appello che ha evidenziato come le mansioni svolte dalla S. non fossero compatibili con un rapporto di collaborazione occasionale, stante la presenza in azienda, le mansioni svolte e l’accertata sottoposizioni alle direttive dell’imprenditore.

7. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna D.F. titolare della ditta individuale DRD a rifondere a S.A. le spese del grado, che liquida in Euro 20,00 oltre Euro duemila/00 per onorari, spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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