Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11735 del 05/05/2021
Cassazione civile sez. VI, 05/05/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 05/05/2021), n.11735
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7087-2019 proposto da:
G.G.F.A.,
G.T.D., R.M.T., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA SILLA 2/A, presso lo studio dell’avvocato VALERIO SANTAGATA,
rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONIO SALERNO, GIAN PAOLO
SALERNO;
– ricorrenti –
contro
V.L., T.R., C.L., D.L.L.,
D.L.D.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1477/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 19/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CRICENTI.
Fatto
RITENUTO
CHE:
1.- I ricorrenti, R.M.T., G.T.D., G.G.F.A. sono stati convenuti in giudizio da V.L. e T.R., insieme ad altre persone, qui non costituite, sul presupposto di aver prestato soldi a tassi illeciti agli attori ( V. e T.), e dunque di essere responsabili del reato di usura ed obbligati al risarcimento del danno. Questa domanda, in primo grado, è stata rigettata in quanto, pur avendo gli attori proposto prove testimoniali a dimostrazione della usura, tuttavia da quelle prove sono decaduti, cosi che la loro tesi è rimasta sfornita di prova.
Gli attori hanno proposto appello sia sulla pronuncia di decadenza dalla prova che sulla liquidazione delle spese di lite, e la corte di secondo grado ha accolto questo secondo motivo di appello, compensando in parte, nei confronti degli odierni ricorrenti, le spese di primo grado, e ritenendo invece di non dovere provvedere quanto a quelle di secondo grado, attesa la contumacia degli odierni ricorrenti in appello.
2.- R.M.T., G.T.D., G.G.F.A. ricorrono con due motivi, ma non v’è attività difensiva, nè costituzione in giudizio degli intimati.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
3.- Con il primo motivo si denuncia v.zione dell’art. 350 c.p.c., sul presupposto che il giudice di appello non si è avveduto della avvenuta costituzione in giudizio dei ricorrenti, mediante deposito telematico della comparsa di costituzione, nel giudizio incidentale sulla sospensiva, il 21.10.2015 e della successiva comparizione alla udienza di trattazione; nè si è avveduto della successiva comparsa di costituzione del 22.5.2017.
Il motivo è fondato.
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo e non determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, se non abbia provocato, in concreto, alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva (Cass. n. 5408/2020; Cass. n. 23519/2015).
Nella fattispecie, l’interesse che sta a fondamento del motivo di ricorso è nel fatto che, a cagione della dichiarata contumacia, il giudice di appello ha ritenuto di non dovere provvedere sulle spese a favore dei ricorrenti (p. 17 della sentenza), che, essendo vittoriosi in quel grado, possono invece pretendere la liquidazione a loro favore.
4.- Proprio sulla liquidazione delle spese verte il secondo motivo che denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Il giudice di secondo grado ha riformato la decisione di primo grado quanto alle spese, sulla base in particolare del fatto che la liquidazione dovesse farsi tenendo conto non già del valore complessivo, ma essendovi litisconsorzio facoltativo, di quello relativo alla domanda verso ciascuna parte; del fatto che se un difensore aveva assistito più parti la liquidazione dovesse farsi come unica e non plurima, del fatto che v’era soccombenza reciproca in ragione del rigetto della domanda di spese ex art. 96 c.c. (fatta da chi ha vinto nel merito).
Queste rationes sono contestate qui dicendo che non v’è soccombenza in senso tecnico sulla domanda ex art. 96 c.p.c., che v’è stata soccombenza nel merito degli attori, oggi intimati, che infine la liquidazione anche quando il difensore difende più parti deve prevedere una maggiorazione.
Dunque, due aspetti: la parziale compensazione che è censurata per difetto dei presupposti; la liquidazione delle spese censurata per erronea applicazione del D.M. relativo.
Il motivo è infondato.
Vero è che il rigetto della domanda di spese ex art. 96 c.p.c., non comporta soccombenza (da ultimo Cass. n. 5466/2020), ma è altresì vero che la compensazione parziale è stata motivata, e del merito della motivazione non si può fare qui sindacato, con l’argomento in particolare della parziale soccombenza anche in appello, dove sulle spese del primo grado di certo i ricorrenti possono dirsi soccombenti; ossia, la corte ha fatto compensazione parziale delle spese del doppio grado in base ad una valutazione complessiva della lite.
Quanto all’ammontare delle spese liquidate, è invece corretta la ratio di provvedere a liquidazione unitaria quando il difensore difende più parti in modo identico, ossia senza bisogno di differenziare la difesa per ciascuna delle parti assistite: e l’accertamento del fatto che la difesa sia stata unica o meno è accertamento non censurabile in Cassazione (Cass. n. 11591/2015).
Va dunque accolto il primo motivo con rinvio al giudice di merito affinchè, revocata la contumacia, pronunci sulle spese del secondo grado anche relativamente ai ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021