Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11731 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20050-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MARZIA PREZIOSI SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 33/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 16/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’improponibilità, in subordine

accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 21.6.2006 è stato notificato alla “Marzia Preziosi srl”, in persona del curatore fallimentare, un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale descritta in epigrafe (depositata 16.5.2005) che ha disatteso l’appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze n. 56/04/2002, con cui era stato accolto il ricorso della predetta società avverso l’avviso di rettifica parziale ai fini IVA per l’anno 1996. La società intimata non ha svolto attività difensiva.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 6.4.2011, in cui il PG ha concluso per l’ l’improponibilità ed in subordine l’accoglimento del ricorso.

2. I fatti di causa.

Nel corso di una verifica fiscale generale e previa autorizzazione dell’AGO, la GdF di Arezzo ha svolto ricerche anche presso l’abitazione di tale G.A., “addetto alla contabilità” per conto della società intimata nel presente procedimento, rinvenendovi documentazione extracontabile (intestata come “Bilancio al 31.12 …”) dalle cui estrapolazioni l’organo accecatore riteneva di identificare una esatta corrispondenza con le risultanze della contabilità della predetta società, desumendone quindi l’ammontare complessivo delle operazioni effettuate in ciascuno degli esercizi interessati e che non erano state regolarmente registrate. Poichè poi dette estrapolazioni risultavano corroborate da una serie di indici esterni e da altra documentazione connessa ai predetti bilanci rinvenuta sempre presso il G., l’Ufficio le valorizzava ai fini della redazione dell’avviso di accertamento di cui si è detto, con la ripresa a tassazione di maggiore imposta per complessive L. 639.028.000. Proposta impugnazione da parte della società, la CTP adita annullava l’accertamento, con rinvio alle motivazioni di altra pregressa decisione dello stesso organo giudiziario. Proposto appello dall’Agenzia anche nei confronti della procedura fallimentare, medio tempore costituitasi, e nella contumacia della società contribuente, l’adita CTR di Firenze ha respinto il gravame.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che il rinvenimento della documentazione extracontabile legittimava senz’altro la rettifica parziale effettuata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5 mentre – nel merito della verifica- questa doveva essere inquadrata ai sensi dell’art. 55 del predetto DPR, per quanto nella rettifica non si sia fatto riferimento alcuno a detta disposizione. In applicazione della predetta disciplina, però, non potevasi rinvenire nessuno dei casi ivi previsti. D’altronde, perchè si trattasse di inattendibilità delle scritture contabili o di omessa fatturazione si sarebbe dovuto identificare un fatto inoppugnabilmente noto che consentisse di presumerlo, e tale non poteva dirsi la contabilità rinvenuta presso il G., perchè anonima e non riferibile alla Marzia Preziosi srl con certezza, atteso che il medesimo G. era pure amministratore di tale Rafin srl o di società ulteriori da quest’ultima partecipate.

Ulteriori dubbi emergevano poi dal fatto che la copiosa documentazione bancaria non avesse consentito di far emergere alcuna attività “in nero”.

La Commissione regionale, in conclusione, riteneva che gli elementi identificati dall’Ufficio procedente integrassero presunzioni basate su altre presunzioni e perciò inidonee, anche alla luce del fatto che non erano stati formulati rilievi di discordanza in ordine alla contabilità ufficiale e che le verifiche delle giacenze di magazzino avevano confermato l’esattezza dei dati esposti in contabilità e riportati in dichiarazione.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico (ma complesso) motivo d’impugnazione e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 807.805,00 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il motivo unico d’impugnazione.

Il motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica:

“Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e sgg.; art. 112 c.p.c., art. 2687 e sgg. c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione di un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

L’Agenzia ricorrente lamenta che il giudice di appello abbia erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie di causa del D.P.R. menzionato, art. 55 (accertamento di tipo induttivo anche con ausilio di presunzioni prive dei caratteri ex art. 2729 c.c.), nel mentre l’art. 54 dello stesso D.P.R. legittima ex sè l’accertamento dell’infedeltà della dichiarazione a mezzo di dati e notizie legittimamente raccolti, quali nella specie di causa risultavano essere i documenti extracontabili identificati presso il G..

Per tale ragione, la riscontrata regolarità formale della contabilità non sarebbe stata di per sè ostacolo all’accertamento della reale situazione economica dell’impresa.

D’altronde, e nell’ottica dell’applicazione del menzionato art. 54, la ricorrente agenzia aveva prospettato una serie di convergenti elementi di fatto (quali la circostanza che il G. fosse “l’addetto alla contabilità della società”; che fosse stato rinvenuto un prospetto meccanografico con l’intestazione della società; che fosse identica la denominazione dei bilanci “in nero” e di quelli ufficiali; che le rimanenze nei manoscritti rinvenuti fossero identiche a quelle indicate nei bilanci ufficiali; che la differenza tra l’un tipo di bilanci l’altro fosse esattamente corrispondente a quanto indicato nei bilanci ufficiali) dei quali il giudice di appello aveva tenuto in considerazione uno solo, e cioè quello della funzione esercitata dal G..

Il motivo di impugnazione è inammissibile e non può essere esaminato nel merito.

Ed infatti le circostanze di fatto sulle quali la ricorrente fonda la prospettata legittimità del ricorso alla modalità di ricostruzione extracontabile del reddito sono state qui lumeggiate con modalità non idoneamente autosufficienti, sicchè è rimasto del tutto indeterminato quali siano i materiali istruttori donde risultano i presupposti di applicazione del criterio e quale sia il loro esatto contenuto, al quale la parte ricorrente ha continuato a fare un riferimento del tutto vago e oggetto di una libera ricostruzione.

E’ però principio costantemente insegnato da questa Corte quello secondo cui:”Poichè l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso (correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata la situazione dì fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”, asseritamente erronea (Cass. Sez. 50, Sentenza n. 9777 del 19/07/2001).

E non diversa conseguenza il menzionato difetto determina anche in relazione al secondo profilo del motivo di impugnazione, centrato sul vizio di motivazione, non potendosi intendere se è adeguata la motivazione del provvedimento impugnato se non attraverso il preciso quadro dei fatti storici che sono stati offerti al giudicante anche come materiale istruttorio.

Non resta perciò che disattendere il ricorso.

Nulla sulle spese, atteso che la parte intimata non è costituita.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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