Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11730 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. un., 14/05/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 14/05/2010), n.11730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente di sezione –

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Consorzio Cooperative Costruzioni, domiciliato m Roma, via degli

Avignonesi 5, presso l’avv. Abbamonte A. che lo rappresenta e difende

unitamente agli avv. M. Piscitelli e C. Corduas, come da mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A. e Fe.An., domiciliati in Roma, via

Circonvallazione Appia 32, presso la Dott. R. Celati, rappresentati e

difesi dagli avv. Allocca G. e F. Petrella, come da mandato in calce

ai controricorso;

– controricorrente –

contro

B.A., domiciliato in Roma, via M. Dionigi 67, presso

l’avv. C. De Curtis, rappresentato e difeso dagli avv. A. Ceccoli e

F. Della Morte, come da mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Napoli;

– intimato –

avverso la sentenza n. 30/2008 della Giunta speciale per le

espropriazioni presso la Corte d’appello di Napoli, depositata il 12

giugno 2003;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

udito il difensore del ricorrente, avv. Abamonte, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Udite le conclusioni del P.M., Dr. IANNELLI Mario, che ha chiesto

l’accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso e il rigetto dei

rimanenti.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d’appello di Napoli si è pronunciata sulle domande proposte da F.A. e Fe.An., eredi di F. G., e da B.A. per il pagamento delle indennità di occupazione legittima e d’espropriazione di un fabbricato abusivo di loro proprietà in parte comune, occupato nel 1984 dal Consorzio Cooperative Costruzioni per delega del Sindaco di Napoli, nell’ambito di un programma straordinario di edilizia residenziale a norma della L. n. 219 del 1981.

La Giunta speciale, ritenuto che la legittimazione attiva degli attori F.A. e Fe.An. non presuppone una prova rigorosa della proprietà degli immobili controversi, ha così deciso:

a) ha rigettato le domande proposte nei confronti del Comune di Napoli, ritenendo che la legittimazione passiva spettasse esclusivamente al concessionario Consorzio Cooperative Costruzioni;

b) ha dichiarato improcedibile, perchè proposta in mancanza di decreto d’espropriazione, la domanda di liquidazione della relativa indennità, considerato che l’espropriazione era stata già decretata solo per il terreno e per le opere non abusive;

c) ha determinato in Euro 51.573,00 l’indennità di occupazione legittima delle opere realizzate senza concessione, con gli interessi legali su ciascuna annualità, condannando il Consorzio Edifar a depositarne l’importo.

Hanno ritenuto i giudici del merito che, benchè si tratti di costruzioni abusivo, l’indennità di occupazione legittima dei beni controversi vada determinata con riferimento al loro valore di mercato, perchè la domanda di condono è stata regolarmente depositata, con il pagamento di quanto richiesto per l’oblazione, come attestato dall’ufficio comunale competente.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione il Consorzio Cooperative Costruzioni e propone nove motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resistono con distinti controricorsi F.A. e Fe.An. e B.A..

Non ha spiegato difese il Comune di Napoli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – I primi due motivi del ricorso attengono entrambi alla contestata legittimazione attiva degli attori F.A. e Fe.An.; e vanno pertanto esaminati congiuntamente.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 219 del 1981, art. 80, e vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano semplicisticamente disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione attiva degli attori F.A. e Fe.An., il cui dante causa aveva sottoscritto in data 2 febbraio 1987 una dichiarazione ricognitiva dell’appartenenza agli eredi di B.A. della proprietà degli immobili controversi, confermata poi da altri documenti dai quali risultava che F.G. conduceva in locazione immobili di proprietà di B.A..

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 219 del 1981, art. 80, L. n. 2359 del 1865, artt. 27 e 52, art. 100 c.p.c., art. 2967 c.c..

Sostiene che gli attori avrebbero dovuto provare l’effettiva proprietà dei beni per la cui occupazione chiedevano di essere indennizzati.

1.2 – I motivi sono entrambi inammissibili.

Come questa corte ha già avuto modo di chiarire, “la procedura esproriativa si svolge relativamente alle aree, e nei confronti dei soggetti che risultano proprietari, secondo le risultanze dei registri catastali, ma potendo la titolarità e la consistenza dei beni subire modifiche nel corso del tempo, il soggetto che, in contrasto con tali risultanze, chieda la determinazione dell’indennità, ha l’onere di dimostrare di essere l’effettivo proprietario” (Cass., sez. 1^, 22 marzo 2007, n. 6980, m. 597351).

Nel caso in esame gli attori F.A. e Fe.An. hanno provato di essere eredi di F.G., che risulta intestatario catastale dei beni controversi insieme ad B. A., il quale non ha contestato affatto la legittimazione attiva del F..

Ne consegue che il ricorrente non ha interesse a dedurre che unico legittimato sia B.A..

2.1. Il terzo e il quarto motivo del ricorso attengono entrambi alla dedotta inammissibilità delle domande per intervenuta rinuncia a farle valere.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce omessa motivazione in ordine alla dedotta inammissibilità delle domande, per avere F. G. e B.A. rilasciato quietanze per l’indennità di espropriazione del fondo sul quale insistono le opere abusive, dichiarando di rinunciare a far valere qualsiasi altro diritto al riguardo.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per il mancato riconoscimento degli effetti della rinuncia sottoscritta dagli attori.

2.2 – I motivi sono entrambi inammissibili.

Occorre premettere che, benchè denunci un vizio di motivazione e una violazione di legge, con i motivi in esame il ricorrente ha lamentato in realtà un’omessa pronuncia sulla sua eccezione di inammissibilità delle domande proposte dagli attori.

Ne consegue che, per il principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente avrebbe dovuto, a pena di inammissibilità, specificare in quale atto difensivo o verbale di udienza avesse formulato quell’eccezione, “per consentire al giudice di verificarne la ritualità e tempestività, e quindi la decisività della questione, e perchè, pur configurando la violazione dell’art. 112 c.p.c., un “error in procedendo”, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, non essendo tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere – dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali – non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli” (Cass., sez. 3^, 17 gennaio 2007, n. 978, m. 596924, Cass., sez. 2^, 19 marzo 2007, n. 6361, m. 596820, Cass., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781, m. 583090).

Tale necessaria indicazione è stata del tutto omessa, e quindi i motivi vanno dichiarati inammissibili.

3.1 – Il quinto il sesto e il settimo motivo attengono tutti alla denuncia dell’erroneo riconoscimento di un’autonoma, indennizzabilità delle opere abusive realizzate su fondo già oggetto di decreto di espropriazione.

Con il quinto motivo il ricorrente deduco violazione della L. n. 219 del 1981, artt. 80 e ss. e della L. n. 2892 del 1885, artt. 12 e 13.

Lamenta che l’indennità di occupazione legittima sia stata determinata con riferimento a valor venale del bene controverso, benchè si tratti di opera abusiva non ancora condonata; mentre la giurisprudenza considera insufficiente a tal fine la sola presentazione della domanda di condono edilizio.

Con il sesto motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 219 del 1981, artt. 80 e ss. e dell’art. 934 c.c..

Lamenta che i giudici del merito abbiano erroneamente dichiarato inammissibile la domanda di pagamento dell’indennità di espropriazione del le costruzioni abusive, anzichè rigettarla, escludendo che i beni abusivamente realizzati siano autonomamente indennizzabili.

Con il settimo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 219 del 1981, artt. 80 e ss. e della L. n. 2892 del 1885, artt. 12 e 13.

Sostiene che l’indennità di espropriazione già ricevuta dagli attori per il suolo è riferibile anche alle opere abusive su di esso realizzate.

3.2- I motivi sono tutti fondati e il loro accoglimento risulta assorbente dei rimanenti due motivi del ricorso, con i quali è stata eccepita a prescrizione del diritto fatte valere dagli attori.

Secondo la giurisprudenza di questa corte in tema di espropriazione per pubblica utilità, infatti, “gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell’evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria,- per cui non si applica nella liquidazione il criterio del valere venale complessivo dell’edificio e del suolo su cui il medesimo insiste, ma si valuta la sola area, si da evitare che l’abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad accrescere il valore del fondo” (Cass., sez. 1^, 14 dicembre 2007, n. 26260, m. 600949). Per questa ragione si è precisato che, “nel quadro della disciplina delle espropriazioni per la realizzazione del programma straordinario per le zone terremotate, la subordinazione dell’indennizzo per i manufatti sorgenti sui terreni espropriati, alla prova della legittimità della costruzione, stabilita dall’ordinanza del Commissario straordinario di governo per le zone terremotate, non contravviene alla legge, dalla quale, viceversa, è desumibile il principio per cui è necessario che l’immobile per il quale si reclama l’indennizzo in caso di esproprio, deve esser stato legittimamente realizzato, onde impedire che il proprietario possa trarre beneficio dalla sua illecita attività” (Cass., sez. 1^, 9 aprile 2002, n. 5046, m. 553602, Cass., sez. 1^, 30 novembre 2006, n. 25523, m. 593304).

Sicchè, considerato che la L. n. 219 del 1981, art. 80, comma 6, recante la normativa per la realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale nella città di Napoli, fissa un criterio particolare di determinazione dell’indennità di esproprio, che funge usualmente da parametro per la liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, e che è quello stabilito dalla L. n. 2892 del 1885, art. 13″, ne “consegue che, ove si tratti di immobile costruito abusivamente, ed in relazione al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della determinazione della condizione urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato, e, quindi, determinare la indennità di occupazione legittima, si richiede l’accertamento della circostanza dell’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria, non essendo sufficiente la sola considerazione della presentazione della predetta istanza” (Cass., sez., un., 22 luglio 1999, n. 499, m. 528864).

Ai proprietari attori non compete pertanto alcuna indennità, nè di espropriazione nè di occupazione legittima, per le opere abusivamente realizzate, in quanto all’epoca in cui fu decretata la espropriatorie dei fondi sui quali insistono, non erano state ancora condonate.

L’accoglimento dei motivi del ricorso in esame comporta dunque non solo la cassazione della decisione impugnata, ma anche il rigetto delle domande proposte dagli attori, perchè, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa corte può decidere nel merito.

Si giustifica tuttavia la compensazione integrale delle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i primi quattro motivi del ricorso, accoglie il quinto, il sesto e il settimo motivo, dichiara assorbiti l’ottavo e il nono motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte da F.A. e F.A., eredi di F. G., e da B.A..

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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