Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1173 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 19/01/2011), n.1173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

D.N. residente a (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 91/06/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di Bari, Sezione n. 06, in data 16.06.2006, depositata il

07 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 novembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 2225/2008 R.G. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 91/06/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Bari, Sezione n. 06, il 16.06.2006 e DEPOSITATA il 07 dicembre 2006.

La Commissione Regionale, ha respinto l’appello dell’Agenzia Entrate, considerando illegittimo il D.P.C.M. 29 gennaio 1996, per mancanza del previo parere del Consiglio di Stato, e, comunque, ritenendo illegittima l’applicazione dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, dopo avere rilevato che il dato parametrico utilizzato era a ritenersi inidoneo, in assenza di altri elementi, a sostanziare la prova del fondamento della pretesa fiscale.

2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di accertamento IRPEP, IVA e CSSN per l’anno 1996, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, della L. n. 400 del 1988, art. 17, della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, e segg., deducendosi la legittimità del D.P.C.M. 29 gennaio 1996 – ancor quando non assistito dal parere del Consiglio di Stato – e che i parametri sono di per sè sufficienti a fondare la pretesa fiscale, senza necessità di riscontro o di elementi ulteriori di prova.

3 – L’intimato non ha svolto difese in questa sede.

4 – Il primo profilo di censura va esaminato, richiamando il condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui la mancata acquisizione del parere del Consiglio di Stato non comporta l’illegittimità del D.M. 29 gennaio 1996, adottato in base al disposto della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 184 e 186, atteso che nessuna norma costituzionale o di legge stabilisce che in materia tributaria i regolamenti debbano essere adottati nella forma del regolamento governativo, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, il quale, a sua volta, non contiene alcun riferimento a detta materia (Cass. n. 9129/2006, Corte Costituzionale n. 297/2004).

4 bis – Al quesito posto con l’altra doglianza, si ritiene possa rispondersi, richiamando, anzitutto, quanto affermato dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 105/2003), la quale, dando una lettura costituzionalmente orientata del quadro normativo in tema di parametri, ha avuto modo di chiarire sia che a differenza dei coefficienti presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzioni semplici, la cui idoneità probatoria è rimessa alla valutazione del giudice di merito, in assenza di previsioni procedimentalizzate, sia pure che – dovendo i parametri essere elaborati in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta (così l’art. 184 citato), è necessario un fattore di adeguamento personalizzato in modo da tenere conto della probabilità di errore nella stima, considerando le diverse situazioni gestionali e l’influenza della localizzazione per la parte non colta dalla stima. Il quesito trova, altresì, risposta nelle pronunce, rese da questa Corte in assonanza con la Consulta, nelle quali, in tema di accertamento effettuato sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 184 e 186, è stato affermato che il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un fatto noto, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei – non configura gli estremi di una prova per presunzioni, ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore – tra cui, ad esempio, l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore – incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti, e senza peraltro che il richiamo a tale regola di esperienza comporti un’inversione dell’onere della prova, addossando al contribuente l’onere di dimostrare le ragioni specifiche della divergenza dei propri dati da quelli medi (Cass. n. 19556/2007, n. 10960/2007, n. 14252/2007, n. 26388/2005, n. 18038/2005). Alla stregua di tale orientamento giurisprudenziale, che ha trovato riscontro in Cass. n. 23602, 26459 e 27648 del 2008 e n. 4148/2009, nonchè in SS.UU. n. 26635/2009, sembra doversi ritenersi viziato da illegittimità l’avviso di accertamento il quale tragga origine dal mero scostamento dei dati reali dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi alla media del settore senza che l’Amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere, suffraghi la pretesa fiscale con ulteriori elementi ed indizi tali da suggerire l’inattendibilità dei dati riscontrati rispetto all’ausilio statistico.

5 – Data la delineata realtà processuale, sulla base dei richiamati principi, si propone, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., di trattare la causa in Camera di consiglio e di rigettare il ricorso, per manifesta infondatezza, con diversa motivazione.

Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

Vista la relazione, il ricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che, sulla base dell’orientamento giurisprudenziale richiamato in relazione (Cass. n. 9129/2006 Corte Cost. n. 297/2004) il primo motivo del ricorso è a ritenersi fondato e che, quindi, per tale via, il procedimento parametrico è stato utilizzato legittimamente;

Considerato, quanto al secondo mezzo, che secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo ivi descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;

Considerato, nel caso, che il quesito formulato non risulta conferente, non tenendo conto della specificità del caso, avuto riguardo al fatto che, non solo non è preceduto da una sia pur succinta argomentazione in fatto, ma pure, per la relativa genericità, la risposta alla domanda con lo stesso posta non consentirebbe di definire il giudizio (Cass. SS.UU. n. 20603/2007, n. 20360/2007, n. 23732/2007);

Considerato, quindi, che il mezzo, in base ai principi affermati dalle citate pronunce, va dichiarato inammissibile, stante l’inconferenza del quesito e la genericità del motivo;

Considerato, altresì, che detto secondo mezzo, deve ritenersi, pure, infondato, in base al principio richiamato in relazione, da ultimo affermato dalle SS.UU. (Sent. N. 26635/2009) di questa Corte;

Considerato, infine, che nulla va disposto per le spese, in assenza dei relativi presupposti;

Considerato, conclusivamente, che il ricorso, sulla base dei motivi che precedono va rigettato e, per l’effetto, va confermata l’impugnata decisione, integrata nella motivazione nei sensi che precedono;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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