Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11729 del 08/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 08/06/2016), n.11729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25790/2009 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, Sez. Staccata di Siracusa, n. 103/07/2008, depositata il

29/09/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

aprile 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Bruno Dettori;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con avviso di accertamento notificato il 28/4/1998, l’Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette di Siracusa determinava sinteticamente, a fini Irpef e Ilor, ai sensi del DP.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 5, il reddito di R.A. per l’anno 1989 in base ai coefficienti di cui al D.M. 10 settembre 1992, e D.M. 19 novembre 1992, in considerazione del possesso di un’auto Fiat Tipo a benzina di HP 13 del 1989 e della titolarità, da parte del contribuente, di una casa di abitazione destinata a residenza principale di 200 mq.

Il ricorso proposto dai contribuente – che riteneva tali beni sopravvalutati e non indicativi del maggior reddito accertato (l’auto perchè acquistata con un mutuo, la casa perchè non di lusso, periferica, costruita 24 anni prima) – era accolto dalla C.T.P. di Siracusa sul rilievo della inapplicabilità dei coefficienti di reddito ad annualità anteriori al 1992.

L’appello proposto dall’Agenzia era rigettato dalla C.T.R. Sicilia che, pur giudicando utilizzabili, per l’anno di riferimento, i DD.MM. citt., riteneva, però, che, nel caso di specie, lo strumento presuntivo, fondato su beni di primaria necessità, si rileva impreciso e inadeguato a determinare eventuali fonti di reddito sottratte alla tassazione, stante anche la documentazione presentata dal contribuente. Rilevava infatti che il contribuente “ha contratto un mutuo nell’anno 1989 sia per poter comperare l’unico mezzo, sia per gestire l’attività (iniziata il 2 marzo 1989 e cessata poi il 12/12/1992). La casa di abitazione era stata acquistata quando il contribuente svolgeva attività di lavoro autonomo (anni 1973 e seguenti)”.

2. Tale decisione era però cassata con rinvio, con sentenza n. 17986 del 09/08/2006, dalla S.C. che riteneva la suesposta motivazione inidonea a delineare il percorso logico seguito.

Pronunciando quindi in sede di rinvio, la C.T.R. Sicilia, Sez. Staccata di Siracusa, con sentenza depositata in data 29/09/2008, rigettava l’appello dell’ufficio confermando la sentenza di primo grado.

Rilevava in motivazione la C.T.R. che: “il contribuente ha prodotto estratto del libretto di lavoro, dal quale risulta che ha svolto attività di lavoratore dipendente… dal 19/10/1954… al 9/12/1974, per la quale ha ricevuto la relativa retribuzione mensile”; ai redditi di lavoro subordinato conseguiti dal contribuente in tali anni “vanno aggiunti i redditi d’impresa dichiarati dal contribuente per l’anno 1989 in Lire 10.985.000”; inoltre dall’estratto conto della Cassa Centrale di Risparmio V.E. per le province siciliane risulta che egli “ha ricevuto il 30/034/04/1989 dalla predetta Banca la somma di Euro 59.221.174 (costituente il netto ricavo di un mutuo di Euro 60.000.000 stipulato il 30/01/1989)”, somma ritenuta dalla C.T.R. congrua per la copertura dei costi per i beni e servizi (una autovettura ed una residenza principale realizzata dal contribuente nell’anno 1974) indicati dall’ufficio nell’avviso di accertamento impugnato.

I giudici del rinvio esprimevano pertanto, in conclusione, il convincimento che, “alla luce di tutte le superiori considerazioni”, il contribuente ha fornito la prova di avere avuto – nell’anno 1989 –

la disponibilità finanziaria per fare fronte alle spese, relative ai servizi e beni fruiti, di cui all’accertamento impugnato.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’Agenzia dell’entrate con unico mezzo.

Il contribuente non ha svolto difese nella presente sede.

All’udienza ex art. 380-bis c.p.c., del 13/10/2011 il procedimento è stato sospeso ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, conv. con modif. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, e rinviato a nuovo ruolo.

Scaduti i termini di legge per la sospensione, il procedimento è stato fissato per l’udienza ex art. 377 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Preliminarmente va rilevato che la causa è pervenuta in decisione alla odierna udienza non risultando depositata presso la cancelleria della Corte alcuna attestazione dell’Agenzia delle entrate in ordine all’eventuale perfezionamento del procedimento di condono.

5. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia Deduce “violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 (come modificato dalla L. n. 413 del 1991, art. 1) e art. 5, commi 2 e 3, D.M. 10 settembre 1992 e D.M. 19 novembre 1992; violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 2727 c.c. e segg.; omessa o comunque insufficiente motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.

Rileva che la presunzione posta a fondamento dell’avviso impugnato non poteva ritenersi superata dalla prova della contrazione di un mutuo per l’acquisto dell’auto, nè da quella dell’appartenenza ad anni precedenti dell’acquisto della casa, dal momento che la stessa si riferiva, come già rimarcato nel precedente ricorso per cassazione, alla capacità reddituale espressa non dall’acquisto del bene, ma dal suo mantenimento e attribuiva pertanto rilievo non al puntuale sostenimento di una spesa, quanto piuttosto all’onere continuativo che da essa derivava.

In altre parole – osserva la ricorrente – ciò che si contestava con l’avviso di accertamento impugnato non era la fonte di finanziamento utilizzata per effettuare la spesa (su cui la C.T.R. ha erroneamente focalizzato l’attenzione), bensì l’incongruità del reddito dichiarato rispetto alle obbligazioni pecuniarie scaturite dalla contrazione del mutuo, avendo invero il contribuente documentato il pagamento di una rata annuale di mutuo di Lire 7.760.000 a fronte di un reddito dichiarato nell’anno di Lire 10.985.000, palesemente insufficiente.

Il mutuo, quindi – rimarca ancora l’amministrazione – costituiva non un reddito esente o già tassato o inesistente, cioè una giustificazione della capacità reddituale, ma un’ulteriore spesa, e quindi un indice reddituale aggiuntivo; unito poi agli esborsi necessari per il mantenimento dell’autovettura e della casa, esso rendeva ancor più inverosimile la possibilità che la parte avesse fatto fronte a tutti i relativi impegni con l’esiguo reddito annuo dichiarato.

Sostiene pertanto che il ragionamento del Giudice di rinvio è, da un lato, del tutto illogico, poichè non spiega perchè il fatto costituito dall’accensione di un mutuo per Lire 60 milioni sia ritenuto giustificare la spesa così sostenuta col reddito dichiarato di Lire 10,9 milioni, quando il mutuo rappresentava in realtà a sua volta una spesa; dall’altro, incorre altresì in violazione di legge, in quanto ha in sostanza accolto affermazioni del contribuente del tutto generiche e non sostenute da prova, che a questo incombeva a fronte della pacifica presenza di elementi presuntivi considerati dalla legge indici di reddito.

Forma in conclusione il seguente quesito: “dica la S.C. se la C.T.R., considerando superata la presunzione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, dall’allegazione (non del possesso di un reddito esente o soggetto a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, nè di altro fatto idoneo a provare l’inesistenza o la minore entità del maggior reddito, bensì) della disponibilità di somme prese a mutuo, da ritenersi invece ulteriore indice di reddito (quello necessario a pagarne le rate), abbia in sostanza accolto senza prova le ragioni della parte su cui l’onere probatorio era ribaltato dalla presunzione, così violando i principi che governano quest’ultima e più generalmente quelli sull’onere probatorio”.

6. Occorre preliminarmente rilevare che, con l’unico motivo sopra illustrato, l’Agenzia ricorrente propone due distinte censure – la prima di violazione di legge, la seconda di vizio di motivazione –

espressamente del resto ricondotte da essa stessa, nell’intestazione, alle previsioni di cui ai numeri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., ex art. 38.

A conclusione del motivo è, però, formulato un unico quesito, nei termini sopra testualmente riportati, riferibile solo alla prima delle predette censure e non anche alla seconda (vizio di motivazione), la quale pertanto deve ritenersi inammissibile, per la mancata formulazione del c.d. momento di sintesi richiesto, a pena d’inammissibilità, dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile nel caso in esame ratione temporis.

Giova in proposito rammentare che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa S.C., “in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la ratio dell’art. 366-bis c.p.c., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione” (v. Sez. U, n. 5624 del 09/03/2009, Rv.

607216; conf. Sez. 5, n. 16345 del 28/06/2013, Rv. 627064).

7. Ma anche la censura di violazione di legge, nei termini sopra illustrati e corredati dal predetto quesito, deve ritenersi inammissibile per difetto di specificità, in quanto non conferente rispetto alla effettiva ratio decidendi.

Come invero già condivisibilmente osservato nella relazione predisposta per la precedente udienza ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il quesito di diritto assume a presupposto che la Commissione abbia considerato superata la presunzione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, in base all’allegazione, non del possesso di un reddito esente o soggetto a ritenuta alla fonte, nè di altro fatto idoneo, bensì della disponibilità di somme prese a mutuo. Ma così non è, posto che la commissione ha mentovato la disponibilità di dette somme soltanto in aggiunta alle considerazioni svolte a proposito del dimostrato conseguimento di redditi da lavoro subordinato in anni pregressi al 1989, cui aggiungere altresì il reddito d’impresa dichiarato nel detto anno, al fine di inferirne il possesso di disponibilità finanziarie comunque idonee a far fronte, anche negli anni successivi, alle obbligazioni contratte.

L’obiezione opposta dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., secondo cui la C.T.R. ha inteso invece far riferimento, per giustificare il proprio convincimento, solo alle somme acquisite a mutuo, corrisponde a una lettura soggettiva e non condivisibile della sentenza impugnata, chiara invece nel richiamare a fondamento della propria decisione anche i redditi da lavoro subordinato e quelli da lavoro autonomo percepiti negli anni predetti: univocamente indicativo in tal senso si appalesa in particolare il periodo conclusivo secondo cui “alla luce di tutte le superiori considerazioni” (non solo dunque quella relativa alle somme acquisite a mutuo) “ritiene il Collegio che l’appellato, R.A., ha fornito la prova di avere avuto – nell’anno 1989 – la disponibilità finanziaria per fare fronte alle spese, relative ai servizi e beni fruiti, di cui all’accertamento impugnato”.

Non è dunque dato ricavare dalla sentenza impugnata un’affermazione in diritto quale quella postulata dalla ricorrente, nè comunque una regula iuris concretamente applicata in contrasto con le norme che si pretendono violate.

La C.T.R. ha invero fatto corretta applicazione di queste ultime dal momento che la sua decisione sortisce non già da una aprioristica negazione della presunzione di maggior reddito ricavabile dal sostenimento delle spese indicate, nè da una inversione dell’onere probatorio che l’art. 38 D.P.R. cit., pone a carico del contribuente per superare detta presunzione, ma piuttosto dal giudizio –

prettamente di fatto – di idoneità dei documenti prodotti (tutti e nel loro insieme valutati) dal contribuente ad assolvere l’onere predetto.

8. Le altre considerazioni critiche, svolte nella predetta memoria, secondo cui i detti ulteriori elementi (redditi da lavoro dipendente e da lavoro autonomo) non avrebbero potuto assumere al detto fine alcun rilievo – poichè il primo risalente a 15 anni prima, il secondo di troppo esiguo ammontare – oltre ad essere in parte nuove rispetto a quelle dedotte in ricorso, afferiscono con ogni evidenza alla giustificazione offerta del diverso convincimento espresso in sentenza e segnatamente alla valutazione dei detti elementi. Esse muovono pertanto non già sul piano della interpretazione della norma e della corretta ricognizione della fattispecie astratta da essa prevista, quanto piuttosto su quello della ricognizione della fattispecie concreta quale emersa dalle risultanze di causa e, dunque, impingono il diverso tema della coerenza e adeguatezza della motivazione, che però per le ragioni dette non è attinto dalle censure ammissibilmente proposte con il ricorso.

9. Il ricorso va pertanto rigettato.

Non avendo il contribuente svolto difese nel presente giudizio, nessun provvedimento è da adottarsi per il regolamento delle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016

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