Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11725 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/05/2017, (ud. 02/02/2017, dep.11/05/2017),  n. 11725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12827/2015 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G. BELLI 36,

presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI, rappresentata e difesa

dall’avvocato RENZO SERAFINO VECOLI;

– ricorrente –

contro

LAURA LA SPOSA CHIC SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1700/2014 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata

il 07/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– M.L. nel 2009 convenne dinanzi al Giudice di pace di Viareggio la società “Laura La Sposa Chic s.r.l.”, esponendo di avere acquistato da essa un abito da sposa per sè; che l’abito era stato realizzato in modo difettoso; che una volta indossato durante la cerimonia nuziale, rischiava di cadere se non sorretto con le mani; concluse pertanto chiedendo la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo; in subordine chiese il risarcimento del danno;

– il Giudice di pace con sentenza 22 maggio 2012 n. 364 accolse la domanda;

– il Tribunale di Lucca, adito quale giudice d’appello dalla “Laura La Sposa Chic s.r.l.”, con sentenza 7 novembre 2014 n. 1700 accolse il gravame, e rigettò la domanda attorea;

– il Tribunale ritenne che M.L. fosse decaduta dalla garanzia, ai sensi dell’art. 129, comma 3, cod. cons., sul presupposto che l’acquirente aveva provato l’abito tre volte prima dell’acquisto, e quindi il consumatore “conosceva il vizio o non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da M.L., con ricorso fondato su due motivi;

– col primo motivo la ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe violato il D.Lgs. 5 settembre 2005, n. 206, art. 129 (codice del consumo);

– nella illustrazione del motivo la ricorrente, dopo avere trascritto la norma che assume violata, deduce che nel caso di specie il Tribunale l’avrebbe violata sia perchè i difetti dell’abito erano stati accertati in corso di causa da una perizia, sia perchè il D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 129, comma 3, ove l’acquirente conosca i difetti, “esclude il difetto di conformità ma non garanzia”;

– il motivo è manifestamente inammissibile in quanto non formula nessuna concreta censura in punto di diritto alla decisione del Tribunale; questo, infatti, ha correttamente escluso che l’acquirente di una cosa difettosa possa dolersene, se conosceva il difetto, il che costituisce puntuale applicazione delle regole sui vizi della vendita: sia di quelle di cui all’art. 1490 c.c., sia di quelle di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 129;

– col secondo motivo la ricorrente lamenta il vizio di “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione”; con tale motivo censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che l’acquirente conoscesse o potesse avvedersi dell’esistenza del difetto;

– il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto per un verso censura un tipico accertamento di fatto, ed in ogni caso la possibilità di impugnare per cassazione la sentenza di merito che presenti una motivazione insufficiente od illogica non è più consentita dall’11 settembre 2012, ovvero dalla data di entrata in vigore della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

– le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per effetto della riforma “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultane processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza ” della motivazione” (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), tutte ipotesi non ricorrenti nel caso di specie;

– non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

– il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di M.L. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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