Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11722 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. III, 05/05/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 05/05/2021), n.11722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 36817/2018 proposto da:

M.A., F.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CICERONE, 44, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

CORBYONS, rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO SANTAMARIA;

– ricorrenti –

contro

EFFERRE COSTRUZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 63, (FAX 0364535069), presso lo studio dell’avvocato

LUCIANO GARATTI, rappresentato e difeso dall’avvocato ARONNE BONA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 819/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 11/05/2018.

 

Fatto

RILEVATO

che:

F.A. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Bergamo, la S.p.A. Efferre Costruzioni esponendo di avere sottoscritto, in data 7 ottobre 2005, un contratto preliminare avente ad oggetto il trasferimento di un appartamento, sito in (OMISSIS), per il prezzo di Euro 262.000, di cui Euro 52.000 erano stati versati a titolo di caparra confirmatoria al momento della sottoscrizione del preliminare. Il contratto prevedeva l’obbligo della controparte di consegnare l’immobile entro 24 mesi dall’inizio dei lavori, fissato per la primavera dell’anno 2006. L’attrice lamentava l’inadempimento della società contraente, sia perchè i lavori nel mese di luglio 2007 non avevano ancora avuto inizio, sia perchè non era stato ottenuto il permesso a costruire. Chiedeva pertanto la risoluzione del contratto, con versamento del doppio della caparra e gli interessi e, in via alternativa o subordinata, la restituzione della somma a titolo di arricchimento senza causa, ed il diritto all’escussione della fideiussione assicurativa a suo tempo consegnata dalla S.p.A. Efferre. Quest’ultima si costituiva contestando i fatti, insistendo per il rigetto della domanda e spiegando domanda riconvenzionale;

con sentenza del 18 febbraio 2015 il Tribunale di Bergamo accoglieva la domanda proposta da F.A., condannando la convenuta al pagamento dell’importo di Euro 104.000, oltre interessi e spese;

avverso tale sentenza proponeva appello la S.p.A. Efferre deducendo che nulla era dovuto all’attrice atteso il valido recesso intervenuto. In via subordinata, insisteva per la declaratoria di risoluzione del contratto per grave inadempimento della F., con diritto a trattenere la caparra. Si costituiva F.A. chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale condizionato;

la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza dell’11 maggio 2018, accoglieva l’appello principale e rigettava quello incidentale; in riforma della sentenza impugnata, dichiarava illegittimo il recesso dal contratto preliminare esercitato da F.A. e affermava il diritto della società appellante a trattenere, in via definitiva, la caparra confirmatoria di Euro 52.000, provvedendo sulle spese di lite;

avverso tale decisione M.A., nella qualità di amministratore di sostegno di F.A., propone ricorso per cassazione affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la S.r.l. Efferre (già S.p.A. Efferre Costruzioni). Entrambe le parti depositano memorie e la ricorrente anche nota spese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta, ai sensi l’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1455 c.c., poichè la Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare la tollerabilità del ritardo da parte dell’appaltatore S.r.l. Efferre, con conseguente esclusione della gravità dell’inadempimento. Il giudice di appello non avrebbe tenuto conto di due profili decisivi: l’età (76 anni) e lo stato di salute (sindrome depressiva, disturbo della personalità, emotivamente instabile) dell’appellata. Sebbene la valutazione della gravità dell’inadempimento rappresenti una questione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, tale situazione si riferisce all’ipotesi di motivazione congrua, mentre nel caso di specie le argomentazioni della Corte d’Appello di Brescia sarebbero carenti, perchè il giudice di appello si sarebbe limitato a considerare il semplice lasso temporale e la destinazione dell’immobile (per le vacanze), senza tener conto dell’intero contesto fattuale e dei due elementi sopra evidenziati. Inoltre, sarebbero errate una serie circostanze prese in esame dalla Corte d’Appello e riguardanti la correttezza del comportamento del costruttore che, al contrario, non avrebbe mai fornito comunicazioni riguardo ai tempi di esecuzione dei lavori. Nonostante la natura non essenziale del termine di consegna, sarebbe stato possibile risolvere il contratto, nell’ipotesi di inadempimento di non scarsa importanza e cioè nel caso in cui il ritardo “superi ogni ragionevole limite di tolleranza”. Nel caso di specie la promissaria acquirente non avrebbe potuto continuare ad attendere la consegna, in difetto di giustificazioni riguardo ai motivi del ritardo;

il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni. In primo luogo perchè il nucleo centrale della censura costituisce un profilo nuovo, del quale la Corte d’Appello non si occupa (l’età avanzata della F. e le precarie condizioni salute) senza allegare, trascrivere o specificare in quale fase del giudizio tale questione sarebbe stata sottoposta al giudice di merito;

in secondo luogo, parte ricorrente richiede a questa Corte di rivalutare il profilo della “non gravità” dell’inadempimento, con riferimento specifico alla tollerabilità del ritardato inizio dei lavori. Come evidenziato dalla stessa ricorrente costituisce principio consolidato quello secondo cui, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettivi, ai sensi l’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, riservata al prudente apprezzamento del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, qualora sia sorretta da una motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici (orientamento costante, da ultimo Cass. 6 luglio 2018, n. 17736). Nel caso di specie la motivazione della Corte territoriale è congrua e completa: ha precisato che il termine in oggetto, pacificamente, non era essenziale ed ha valutato la possibilità di richiedere la risoluzione del contratto ai sensi l’art. 1453 c.c., per l’ipotesi di ritardo intollerabile. Nel valutare tale profilo ha correttamente preso in esame il comportamento delle parti sulla base del contenuto del contratto preliminare, evidenziando che l’immobile in oggetto non assecondava esigenze primarie di natura abitativa, trattandosi di una casa per le vacanze e che il contratto prevedeva una regolamentazione dei tempi di consegna, ampia e indeterminata, dando atto che il permesso a costruire non era stato ancora rilasciato;

ciò consentiva di presumere che il completamento della pratica avrebbe potuto comportare ritardi, per fatti non dipendenti dalla volontà delle parti. Sulla base di tali elementi ha escluso che lo slittamento di un anno e mezzo nella conclusione delle opere costituisse un ritardo intollerabile e tale da legittimare il recesso della promissaria acquirente. Sotto tale aspetto la Corte territoriale non ha violato le norme richiamate dalla ricorrente, in quanto il profilo della scarsa importanza o della gravità dell’inadempimento va parametrato all’interesse del creditore e, nel caso di ritardo, occorre verificare se il tempo trascorso abbia reso intollerabile e, conseguentemente, non utile a soddisfare l’interesse, il tardivo adempimento. Il giudice di appello ha espletato tale accertamento proprio in relazione all’interesse della creditrice (che aveva interesse a disporre di una casa per esigenze non primarie, ma per vacanza) ed in relazione alla scarsa importanza oggettiva (in quanto il contratto preliminare dava conto che non era stato ancora acquisito il permesso di costruire, ma l’istanza risultava presentata ed il termine di inizio dei lavori non era stato pattuito come essenziale);

con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato dalla età e dalle condizioni di salute della ricorrente, tale da rendere legittimo il recesso della stessa e, conseguentemente, errata l’applicazione della norma. La Corte territoriale non avrebbe considerato che la scelta della ricorrente di acquistare la casa era maturata in un determinato momento storico della vita, decorso il quale, la stessa non avrebbe avuto più il medesimo interesse all’acquisto, a causa dell’aggravamento della malattia;

il secondo motivo è inammissibile per le medesime ragioni riferite al primo motivo perchè, a prescindere dalla mancata individuazione della norma violata, lo stesso è dedotto in violazione l’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, con specifico riferimento alla questione centrale, relativa alla rilevanza dell’età rispetto alla quale andrebbe parametrato il dato temporale del ritardo che, in astratto, potrebbe anche essere valutato come non grave e tollerabile, ma in concreto, riferito ad una persona anziana e malata, assumerebbe – secondo la difesa della ricorrente – un altro significato;

sotto tale profilo parte ricorrente avrebbe dovuto precisare in quale momento processuale tali elementi di fatto asseritamente decisivi sarebbero stati allegati e documentati nei gradi di merito. Al contrario, la lettura delle conclusioni formulate davanti alla Corte d’Appello di Brescia conferma la novità della questione;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 4500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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