Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1172 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 19/01/2011), n.1172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

R.A., residente a (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 25/08/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di Ancona, Sezione n. 08, in data 28.09.2006, depositata il

23 novembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 novembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 788/2008 R.G. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 25/08/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Ancona, Sezione n. 08, il 28.09.2006 e DEPOSITATA il 23 novembre 2006.

La Commissione Regionale, ha respinto l’appello dell’Agenzia Entrate, considerando illegittimo il D.P.C.M. 29 gennaio 1996, per mancanza del previo parere del Consiglio di Stato, e, comunque, ritenendo illegittima l’applicazione dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, dopo avere rilevato che il dato parametrico utilizzato era a ritenersi inidoneo, in assenza di altri elementi, a sostanziare la prova del fondamento della pretesa fiscale.

2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di accertamento IRPEF, IVA e CSSN per l’anno 1996, si articola in tre motivi, con i quali si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181 e del 29 gennaio 1996 e D.P.C.M. 27 marzo 1997, art. 2697 c.c., e segg., nonchè insufficiente motivazione della decisione impugnata, deducendosi che i parametri sono di per sè sufficienti a fondare la pretesa fiscale, senza necessità di riscontro o di elementi ulteriori di prova e, sotto altro profilo, che la decisione non ha motivato in ordine alla negata rilevanza probatoria del dato parametrico.

3 – L’intimata non ha svolto difese in questa sede.

4 – I primi due mezzi vanno esaminati, richiamando, anzitutto, quanto affermato dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 105/2003), la quale, dando una lettura costituzionalmente orientata del quadro normativo in tema di parametri, ha avuto modo di chiarire sia che a differenza dei coefficienti presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzioni semplici, la cui idoneità probatoria è rimessa alla valutazione del giudice di merito, in assenza di previsioni procedimentalizzate, sia pure che – dovendo i parametri essere elaborati in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta (così l’art. 184 citato), è necessario un fattore di adeguamento personalizzato in modo da tenere conto della probabilità di errore nella stima, considerando le diverse situazioni gestionali e l’influenza della localizzazione per la parte non colta dalla stima. Il quesito trova, altresì, risposta nelle pronunce, rese da questa Corte in assonanza con la Consulta, nelle quali, in tema di accertamento effettuato sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 184 e 186, è stato affermato che il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un fatto noto, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei – non configura gli estremi di una prova per presunzioni, ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore – tra cui, ad esempio, l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore – incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti, e senza peraltro che il richiamo a tale regola di esperienza comporti un’inversione dell’onere della prova, addossando al contribuente l’onere di dimostrare le ragioni specifiche della divergenza dei propri dati da quelli medi (Cass. n. 19556/2007, n. 10960/2007, n. 14252/2007, n. 26388/2005, n. 18038/2005). Alla stregua di tale orientamento giurisprudenziale, che ha trovato riscontro in Cass. n. 23602, 26459 e 27648 del 2008 e n. 4148/2009, nonchè in SS.UU. n. 26635/2009, sembra doversi ritenersi viziato da illegittimità l’avviso di accertamento il quale tragga origine dal mero scostamento dei dati reali dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi alla media del settore senza che l’Amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere, suffraghi la pretesa fiscale con ulteriori elementi ed indizi tali da suggerire l’inattendibilità dei dati riscontrati rispetto all’ausilio statistico.

4 bis – Il terzo mezzo, tenuto conto della correttezza, sul piano logico-formale, della motivazione della decisione impugnata, sembra, poi, formulato in spregio al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, n. 9558/1997).

D’altronde, costituisce pacifico principio quello secondo cui per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 9368/2006, n. 1014/2006, n. 22979/2004).

5 – Data la delineata realtà processuale, sulla base dei richiamati principi, si propone, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., di trattare la causa in Camera di consiglio e di rigettare il ricorso, per manifesta infondatezza. Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

Vista la relazione, il ricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va rigettato;

Considerato, altresì, che non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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