Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11718 del 17/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 17/06/2020), n.11718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9033/2016 proposto da:

D.A., titolare della ditta individuale “Osteria di San Cesario

di A.D.” nonchè della Società A.P. S.R.L. IN

LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA SAVOIA 33, presso lo

studio dell’avvocato ANNA SCIFONI, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI SETTE

METRI 11/E, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO GALEANI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO CHIERICHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3213/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/10/2015 R.G.N. 10024/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Roma ha parzialmente accolto il gravame di P.G. e, accertata l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato dal 13.9.2005, ha condannato D.A. e la A.P. s.r.l. in solido al pagamento della somma di Euro 56.823,92 a titolo di differenze retributive maturate fino al 31.12.2004 e quindi, per il periodo 1.1-13.9.2005, la sola società a corrispondere alla P. Euro 24.439,06 sempre a titolo di differenze retributive.

2. La Corte di appello ha ritenuto che dall’istruttoria svolta era risultata provata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra la P. e l’Osteria di S. Cesario di A.D. nel periodo dal 1 agosto 2000 al 31 dicembre 2004 mentre per il periodo successivo, dal 1 gennaio 2005 al 13 settembre 2005, il rapporto era intercorso con la società A.P. s.r.l. alla quale era affidata, in quel periodo, la gestione del medesimo ristorante. Ha ritenuto poi provato lo svolgimento di mansioni riferibili al profilo di cuoca, da inquadrare nel 4 livello del c.c.n.l. dei pubblici esercizi, ed ha condannato le resistenti al pagamento delle somme per l’effetto dovute.

4. Per la cassazione della sentenza propongono ricorso sia D.A. che la società A.P. s.r.l. con sei motivi ai quali resiste con controricorso P.G..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Il primo motivo di ricorso con il quale è denunciata la nullità della sentenza ex art. 161 c.p.c., comma 1 ed art. 156 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte di merito contraddittoriamente individuato tre distinte date di inizio del rapporto di lavoro (13.9.2005 in dispositivo ed in motivazione, 1.8.2000 in motivazione e 15.12.2000 nei conteggi) generando un’ insanabile incertezza della decisione, è infondato.

5.1. In generale perchè sia ravvisabile un contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza è necessario che questo incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. In sostanza il provvedimento deve risultare inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale, non essendo possibile ricostruire la statuizione del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo (cfr. Cass. 02/07/2007 n. 14966, 09/05/2007n. 10637).

L’insanabilità deve escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, e si possa escludere che si tratti dell’esito di un ripensamento sopravvenuto, essendo la motivazione saldamente ancorata ad elementi acquisiti al processo (cfr. Cass. 03/08/2004 n. 14845). Tanto premesso nel caso in esame non è ravvisabile la denunciata nullità atteso che la data di inizio del rapporto indicata in dispositivo è frutto evidente di un refuso ove confrontata con il contenuto della motivazione. Ed infatti in tale data (il 13 settembre 2005) il rapporto si è definitivamente concluso.

Quanto alle altre due date riportate nel dispositivo esse risultano chiaramente riferibili, la prima (31.12.2004) alla data di cessazione del rapporto con la società e la signora P.A. tenute in solido al pagamento di differenze retributive per il primo periodo; le altre due date indicate nel dispositivo (1.1.2005-13.9.2005) sono del pari chiaramente riferite alle differenze maturate nel periodo indicato in cui tenuta al pagamento è la sola società.

6. Il secondo motivo di ricorso, con il quale le ricorrenti deducono la violazione degli artt. 414,164 c.p.c. e art. 2697 c.c., in relazione alla denunciata nullità dell’atto introduttivo del giudizio con riguardo alle allegazioni formulate circa le mansioni svolte, è inammissibile.

6.1. Premesso che la sentenza non si fa carico di esaminare l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio era onere delle odierne ricorrenti precisare come dove e quando tale questione era stata sollevata davanti al giudice di primo grado, se e come era stata risolta ed in che termini era stata riproposta alla Corte di appello. In mancanza di tali specifiche allegazioni la censura deve essere perciò considerata inammissibile perchè nuova. Ed infatti Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione. (cfr. Cass. 13/06/2018 n. 15430, 09/08/2018 n. 20694, 18/10/2013n. 23675).

7. Il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono invece fondati.

7.1. La Corte di merito ha effettivamente trascurato di chiarire sulla base di quali elementi di fatto, parametrati alle declaratorie contrattuali applicabili al caso in esame, è pervenuta al convincimento che la signora P. era in possesso delle necessarie conoscenze specialistiche e svolgesse i compiti a lei affidati con un grado di autonomia esecutiva tale da giustificare il suo inquadramento nel IV livello del contratto collettivo.

7.2. Tale accertamento specifico risulta tanto più necessario ove si consideri che il personale di brigata può essere inquadrato in livelli che vanno dal II al VI in relazione proprio alla specificità ed autonomia delle mansioni in concreto svolte.

7.3. Nell’interpretazione delle clausole di un contratto collettivo in tema di classificazione del personale, il giudice deve indagare su tutti gli elementi contrattuali e procedere, ove necessario, ad un esame complessivo della “griglia” classificatoria costituita dalle declaratorie e dai profili rilevanti per la decisione, in applicazione del principio ermeneutico di cui all’art. 1363 c.c., individuando la volontà collettiva circa la qualifica pretesa dal lavoratore anche in base alla collocazione contrattuale delle altre professionalità similari (Cass. 01/06/2000 n. 7280). Il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa infatti in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda, ed è sindacabile in sede di legittimità a condizione che la sentenza, come nel caso in esame, abbia trascurato di dare esplicitamente conto delle predette fasi e sia stata censurata dal ricorrente in ordine alla ritenuta mancanza di prova dell’attività dedotta a fondamento del richiesto accertamento.

8. All’accoglimento delle due censure sopra ricordate consegue l’assorbimento del quinto e del sesto motivo di ricorso che investono la gestione della prova sulle mansioni.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, la sentenza deve essere cassata con riguardo al terzo ed al quarto motivo e rinviata la decisione alla Corte di appello di Roma in diversa composizione che procederà ad un nuovo esame verificando in concreto, e sulla base dei principi esposti, in quale dei livelli contrattuali la lavoratrice doveva essere inquadrata. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo ed il quarto, assorbiti il quinto ed il sesto.

Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020

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