Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11718 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. I, 13/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 13/05/2010), n.11718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.M., domiciliato in Roma, Via Confalonieri 5, presso

l’avv. MANZI L., che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. R.

Callegari, come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Taio, domiciliato in Roma, Viale Giulio Cesare 14, presso

l’avv. PAFUNDI G., che lo rappresenta e difende, unitamente all’avv.

R. De Pretis, come da mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 396/2004 della Corte d’appello di Trento,

depositata il 2 dicembre 2004;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

uditi i difensori, avv. Coglitore delegato per il ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso, e avv. Santarelli delegato per il

resistente, che ne ha chiesto l’accoglimento;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. SORRENTINO Federico, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.M. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Trento, che ha confermato la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulle domande da lui proposte nei confronti del Comune di Taio.

Risulta dalla sentenza impugnata che nel (OMISSIS) il Comune di Taio espropriò un fondo di proprietà di V.M., per destinarlo all’ampliamento di una strada comunale. In particolare furono assoggettati a espropriazione mq. 78 della particella catastale n. (OMISSIS) e l’intera superficie della particella n. (OMISSIS), appositamente creata con estensione di mq. 18 per distacco dall’originaria particella n. (OMISSIS).

Ricevuto il pagamento dell’indennità di L. 5.179.440, V. M. contestò al Comune di Taio che l’opera pubblica effettivamente realizzata risultava difforme da quella progettata, tanto che la particella n. (OMISSIS), appositamente creata, non era stata affatto utilizzata e la particella n. (OMISSIS) era stata utilizzata per una superficie diversa da quella prevista.

Così sollecitato, il comune dispose l’apposizione dei termini a confine tra la proprietà divenuta pubblica e quella rimasta privata.

Ma secondo V.M. ne risultò confermata la mancanza di corrispondenza tra l’opera progettata e quella realizzata.

Sicchè il 10 gennaio 2002 V.M. convenne in giudizio il Comune di Taio. E come risulta dallo stesso ricorso chiese:

a) l’accertamento dei confini e l’apposizione dei termini tra la sua proprietà e la strada pubblica realizzata dal comune;

b) l’accertamento della superficie effettivamente destinata alla realizzazione dell’opera pubblica;

c) la condanna del comune al pagamento dell’indennità eventualmente ancora dovuta per le superfici effettivamente destinate all’opera pubblica;

d) la condanna del comune alla restituzione delle superfici non destinate effettivamente all’opera pubblica.

Benchè l’attore avesse qualificato come subordinate queste ultime due domande, i giudici del merito, sia di primo sia di secondo grado, hanno ritenuto che fossero esse a definire la natura della controversia, essendo solo strumentali gli accertamenti richiesti con le prime due domande. E per questa ragione hanno dichiarato che la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Di tanto si duole V.M. e propone due motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso il Comune di Taio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando l’erronea interpretazione delle sue domande.

Sostiene di avere chiesto in via principale solo l’accertamento dei confini e l’apposizione dei termini; mentre erano del tutto subordinate le domande di condanna del comune al pagamento di un’eventuale integrazione dell’indennità di espropriazione e alla restituzione della porzione di fondo eventualmente non destinata all’opera pubblica.

Aggiunge che comunque anche per le domande subordinate la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce ancora violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando l’omessa pronuncia sulle sue domande.

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

Si dice subordinata una domanda che viene proposta per l’eventualità del mancato accoglimento delle domande proposte in via principale.

Nel caso in esame V.M. ha dedotto che il bene destinato a opera pubblica era diverso e di maggior estensione di quello espropriatogli; e ha chiesto che, tanto accertato, gli fosse pagato il di più e reso il diverso.

Contrariamente a quanto il ricorrente sostiene, dunque, le domande di condanna, che egli qualifica subordinate, non sono state proposte per l’eventualità di un esito negativo degli accertamenti richiesti in via principale, bensì come consequenziali all’esito positivo di tali accertamamenti. Si trattò dunque di domande proposte in via principale, che presupponevano come premessa imprescindibile l’esito positivo degli accertamenti cui il ricorrente pretende di attribuire un’autonomia che non hanno.

D’altro canto la deduzione che la controversa strada pubblica sarebbe stata realizzata su fondo diverso da quello espropriato, qualifica la prima domanda di condanna come pretesa a un risarcimento del danno da occupazione appropriativa, che rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Infatti, secondo un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza sìa costituzionale sia di legittimità, la tutela giurisdizionale risarcitoria contro l’agire illegittimo della P.A. spetta al giudice ordinario in casi del tutto marginali, perchè la dedotta illegittimità dei provvedimenti dannosi non esclude di per sè la giurisdizione amministrativa, cui sono sottratti solo i comportamenti tenuti in carenza di potere o in via di mero fatto (C. cost., n. 204/2004, C. cost., n. 191/2006, C. cost., n. 140/2007, Cass., sez. un., 13 giugno 2006, n. 13659, m. 589535, Cass., sez. un., 15 giugno 2006, n. 13911, m. 590679, Cass., sez. un., 28 novembre 2007, n. 24668, m. 600716).

Inoltre alla giurisdizione amministrativa appartiene anche la domanda di restituzione del fondo espropriato per la parte che il ricorrente sostiene non utilizzata per la realizzazione dell’opera pubblica.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “il diritto alla retrocessione del fondo espropriato, il quale sorge allorchè questo non venga utilizzato per gli scopi di pubblica utilità ai quali l’opera era destinata, non sussiste qualora detti scopi siano stati comunque raggiunti attraverso l’utilizzazione del fondo in base a diverse modalità… e, quindi, il provvedimento di espropriazione abbia comunque avuto esecuzione, essendo stata conseguita la pubblica utilità che ne costituisce la ragione. In tal caso, la posizione giuridica del privato nei confronti dell’espropriante non assurge al rango di diritto soggettivo, ma assume – già alla stregua delle disposizioni antecedenti all’entrata in vigore del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, come riformulato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 – natura e consistenza di interesse legittimo, tutelabile, come tale, solo innanzi al giudice amministrativo” (Cass,, sez. un., 11 novembre 2009, n. 23823, m. 610198, Cass., 8 sez. un., 24 giugno 2009, n. 14805, m. 608638, Cass., sez. un., 8 marzo 2006, n. 4894, m. 588879).

Si deve pertanto concludere con il rigetto della domanda e la condanna del ricorrente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

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