Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11716 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 27/05/2011), n.11716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17291-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

ANAS S.P.A già ENTE NAZ. STRADE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA S.

MARIA MEDIATRICE 1 presso lo studio dell’avvocato BUCCI FEDERICO, che

lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 65/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il ricorrente l’Avvocato SPINA MARIA LUISA, che si riporta

al ricorso e chiede l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ente nazionale strade – ora Anas s.p.a. – propose impugnazione, avanti la commissione tributaria provinciale di Roma, contro un avviso di accertamento per omesso assoggettamento a ritenuta a titolo d’imposta, della L. n. 413 del 1991, ex art. 11, comma 7, di somme erogate per indennità di occupazione e conseguente risarcimento dei danni in esito a una sentenza del Tribunale civile di Bari.

il ricorso venne accolto e la statuizione confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio con sentenza resa pubblica il 21.4.2005, la quale, per quanto in effetti rileva, motivò ritenendo che l’indennità in questione maturata prima del 21.12.1988, e più precisamente nel 1982, allorchè aveva avuto inizio il procedimento espropriativo – non poteva, per tale ragione, andar soggetta a ritenuta d’acconto. Aggiunse che i terreni oggetto di esproprio erano annoverabili, al momento dell’occupazione, tra i terreni agricoli, ai fini della relativa qualificazione dovendosi aver riguardo, ai sensi del D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis, n. 3, conv. in L. n. 359 del 1992, al momento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio; talchè l’imposta comunque non. era dovuta, trattandosi di plusvalenza per la vendita di terreni agricoli.

Avverso questa sentenza, non notificata, propongono ricorso per cassazione il Ministero dell’economia e finanze e l’agenzia delle entrate, sulla base di tre motivi ai quali l’Anas resiste con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione della citata L. n. 413 del 1991, art. 11, commi da 5 a 9, censurando la decisione impugnata nel riferimento all’ambito cronologico di applicazione della fattispecie. Sostengono i ricorrenti, all’uopo richiamando anteriori pronunciamenti di questa Corte, sintonici con l’interpretazione ministeriale resa in apposita circolare, che la disposizione ha inequivocamente fatto riferimento all’elemento fattuale della mera “percezione-corresponsione” di somme erogate a titolo indennitario o risarcitorio, prescindendo del tutto dalla collocazione temporale dei provvedimenti (o dei comportamenti) ablatori. Il secondo e il terzo motivo denunziano vizio di motivazione, sotto i profili di contraddittorietà e/o illogicità, in ordine alle conclusioni del giudice tributario, assunte sulla scorta di mera e indimostrata asserzione di parte, in merito al punto decisivo costituito dalla natura dei terreni assoggettati a procedimento di esproprio; e violazione e falsa applicazione di norme di legge (del D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis e art. 2697 c.c.), stante che in tal modo vi sarebbe stata un’inconferente considerazione della potenzialità edificatoria del suolo. Mentre, ai fini fiscali, si imponeva di verificare se il fondo ricadesse in una delle zone omogenee delineate dal D.M. 2 aprile 1968, con onere della prova della sussistenza del presupposto dell’invocata esimente dall’obbligo di versamento della ritenuta a carico dell’ente erogante l’indennità.

2. – La Corte deve innanzi tutto disattendere, siccome destituita di ogni fondamento, l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata, per asserita sua tardività, dalla resistente società Anas. Il ricorso, inviato nel domicilio eletto per il giudizio d’appello, oltre che presso la sede della società, risulta debitamente ricevuto in tal ultimo luogo, come ammesso nel controricorso.

Venendo in esame, stante l’eccezione, codesta forma di notifica, ne deriva al più una nullità (non certo una inesistenza), non essendo il luogo di notifica ovviamente privo di collegamento col destinatario; nullità suscettibile di sanatoria, con effetto ex tunc, in esito alla costituzione del destinatario medesimo in giudizio (cfr. in luogo di molte Cass. 2005/3245).

3. – Va dichiarata, invece, l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e finanze, per la ragione che questi non fu parte degli anteriori gradi di merito ed è soggetto distinto dall’agenzia fiscale, ente a sua volta dotato di autonomia soggettiva di diritto pubblico ex D.Lgs. n. 300 del 1999.

Risulta dalla sentenza esservi stata, negli anteriori gradi di inerito, assunzione in via esclusiva, da parte dell’agenzia delle entrate, della gestione del contenzioso, con conseguente spettanza a essa soltanto dell’esercizio dei correlati poteri processuali in ordine all’impugnazione in sede di legittimità (per tutte, sez. un. 2006/3116).

4. – In ordine ai motivi di ricorso, si osserva che il primo ripropone l’interrogativo se, ai fini della applicabilità delle ritenute, la previsione della citata L. n. 413 del 1991, ex art. 11 debba dirsi applicabile, o meno, alle indennità Liquidate avuto riguardo alla sola data della effettiva percezione delle somme.

In proposito, rispetto alla tesi in passato sostenuta da una parte della, giurisprudenza (soprattutto da Cass. 14673/1999, alla cui massima ancora sembra riferirsi Cass. 6956/2006), è da rilevare che l’orientamento di gran lunga maggioritario conclude per l’affermativa.

Questo orientamento, invero, nell’ultimo quindicennio contraddetto giustappunto dalla sola Cass. 6956/2006, è attestato sul principio per cui: “In tema di imposte sui redditi, ai fini del prelievo fiscale di cui alla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, comma 5, è sufficiente che la percezione della somma, che realizzi una plusvalenza, in dipendenza di procedimenti espropriativi, sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge anzidetta, a nulla rilevando che il trasferimento del bene sia intervenuto precedentemente, e in particolare prima dell’1 gennaio 1989, atteso che la disciplina transitoria, di cui alla citata L., art. 11, comma 9, concerne soltanto le plusvalenze percepite prima dell’entrata in vigore della L. n. 413 del 1991, assoggettandole a tassazione a condizione che nel triennio successivo al 31 dicembre 1988 siano intervenuti sia il titolo, fonte della plusvalenza, sia la percezione della somma; nè tale disciplina pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto il Legislatore è libero di sottoporre ad imposizione fiscale manifestazioni di capacità contributiva, come la plusvalenza in esame” (Cass. n. 2593/2008, n. 2490/2005, n. b477/2004, n. 7449/2003, n. 8719/2003, n. 8719/2002,- infine anche Cass. n. 10811/2010).

Nel caso di specie è certo che l’indennità venne percepita dopo l’entrata in vigore della legge detta, stante il riferimento della sentenza di merito al fatto di esser conseguita a una condanna in sede civile pronunciata dal Tribunale di Bari nel gennaio 1993.

5. – Tuttavia, l’astratta meritevolezza della censura appena esposta non giova ai fini dell’accoglimento del ricorso, per la sostanziale ragione che infondati appaiono il secondo e il terzo motivo,- per cui la statuizione di rigetto della pretesa tributaria, in ordine alla tassazione della riferita plusvalenza, rimane infine ancorata alla mancanza del presupposto d’imposta con riferimento alla tipologia dei fondi della cui occupazione ebbe a trattarsi.

A questo riguardo va innanzi tutto osservato che non è corretto il rilievo di parte ricorrente circa il fatto di essersi la sentenza basata su una solo asserita vocazione agricola dei fondi, essendo invece per quanto infra evidente che la sentenza ha tratto le proprie conclusioni dal fatto di ricadere i fondi in aree a destinazione (urbanistica) agricola. Ora è utile rammentare che è acquisito, in esito a C. cost. 395/2002 (ord.), che non sussiste omogeneità, quanto ai presupposti impositivi, tra l’evento espropriativo (o di abusiva occupazione) di aree edificabili e l’ evento invece concernente le aree agricole, per le quali la destinazione urbanistica non edificatoria esclude che si determini quella lievitazione di valore indipendente da ogni apporto personale che rende non irragionevole la tassazione della plusvalenza. E’ vero che questa Corte – come l’amministrazione rammenta – in più occasioni ha affermato che la tassazione è stabilita nella L. n. 413 del 1991 (art. 11) in relazione alla collocazione dei suoli nelle zone omogenee indicate (zone di tipo A-B-C-D), senza distinzione tra aree aventi vocazione edificatoria e terreni agricoli; sicchè – si dice – occorre verificare se l’area in relazione alla quale si verifica il presupposto impositivo sia inserita in una di queste zone, o per espressa previsione dello strumento urbanistico generale di primo livello, ovvero per il suo inserimento in linea di fatto, in forza di piano attuativo di secondo o terzo livello (Cass. n. 16231/2004;

Cass. n. 4617/2005).

E tuttavia devesi parimenti affermare che la collocazione del suolo nelle zone omogenee suddette, proprio in considerazione della ratio della tassazione della plusvalenza, integra il presupposto dell’imposizione. Di modo che il relativo onere probatorio, contrariamente a quanto sostenuto nel terzo motivo del presente ricorso, viene a gravare sull’amministrazione finanziaria.

E’ quindi vano sostenere che il convincimento giudiziale in ordine alla natura agricola dei terreni in questione sia stato nella specie fondato su mere indimostrate asserzioni dell’ente impugnante, quasi che si trattasse di prova di una esimente (o di una eccezione).

In verità la sentenza impugnata assume, con apprezzamento di fatto immune da pertinente censura, da un lato che l’ente appellante affermò essere i fondi de quibus agricoli nel preciso senso di ricadere “in zona E ed F”; e dall’altro che una simile deduzione non risultò contestata “a tempo debito”, con implicita, ma non meno chiara, allusione al buon Fondamento di quanto ancora dall’appellante sostenuto circa il fatto che il contrario, rispetto alla ridetta collocazione dei fondi (in zone E ed F) , non era stato evidenziato nell’avviso di accertamento. In proposito osserva d’altronde la Corte che neppure in questa sede la ricorrente agenzia ha sostenuto di avere invece in effetti addotto, nell’avviso, che i fondi fossero collocati in una delle zone omogenee di tipo a,b,C,d dello strumento urbanistico, così da rendere legittima l’imposizione. Il che appare viepiù indicativo dell’inconsistenza della domanda di cassazione.

Tanto comporta il rigetto del ricorso.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia; rigetta il ricorso dell’Agenzia delle entrate;

compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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