Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11716 del 17/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 17/06/2020), n.11716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 923/2016 proposto da:

SER.COM. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. VICO 1, presso lo studio

dell’avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCO GROSSI;

– ricorrente –

contro

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 61,

presso lo studio dell’avvocato TIZIANA SGOBBO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RICCARDO ERNESTO DI VIZIO;

– controricorrente –

e contro

F.F., F.P., M.E.,

G.M. (nella qualità di genitore esercente la potestà sul minore

F.M.P.);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3992/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/07/2015 R.G.N. 10683/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Roma – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cassino che aveva condannato la società SERCOM s.r.l. al pagamento della somma di Euro 44.445,03 in favore di L.F. a titolo di compensi spettanti per effetto del contratto di procacciamento di affari intercorso tra le parti – ha condannato la società convenuta al pagamento in suo favore della somma maggiore di Euro 116.630,28 avendo accertato che per il periodo successivo all’illegittima risoluzione del rapporto gli spettava, a titolo risarcitorio ai sensi degli artt. 1223 e 1225 c.c., il compenso nella misura del 30% degli introiti derivanti dall’esercizio dei contratti di autovelox da lui procacciati.

2. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Sercom s.r.l. affidato a due motivi al quale resiste con controricorso L.F.. La Sercom ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

3.1. Nel denunciare la violazione dell’art. 409 c.p.c., per essere incompetente funzionalmente il giudice del lavoro adito, la ricorrente trascura di chiarire se dove e quando tale questione, di cui non vi è traccia nella sentenza di appello, sia stata sollevata davanti alla Corte di merito ed ancor prima innanzi al giudice di primo grado.

4. Il secondo motivo di ricorso – con il quale la ricorrente deduce che la Corte di merito ha erroneamente interpretato, in assenza di un accordo scritto, la volontà delle parti e sia incorsa nella denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – è anch’esso inammissibile sotto un duplice profilo. Da un canto, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, il ricorrente non riporta, neppure per estratti rilevanti, il contenuto dei documenti che assume essere stati erronea. mente valutati. Inoltre il ricorrente non si confronta con il diverso contenuto ed il più limitato ambito nel quale può essere denunciato il vizio di motivazione dopo le modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4.2. Per effetto della ricordata riformulazione della norma il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza di appello è stato ridotto al “minimo costituzionale” ed è denunciabile in cassazione solo quell’anomalia che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. per tutte Cass. sez. U. 07/04/2014 n. 8053).

4.3. La censura invece esorbita da detti limiti e ripercorre la complessiva ricostruzione del materiale probatorio effettuata dal giudice di merito proponendo una lettura diversa e ad essa alternativa senza denunciare una carenza motivazionale così grave da viziare la motivazione nè tanto meno evidenziare il mancato esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (cfr. Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014 cit.).

5. Del pari è inammissibile la domanda di correzione dell’errore di calcolo formulata dal resistente nel controricorso che asserisce essere stato compiuto dalla Corte di appello nel sottrarre dalla somma spettante (Euro 146.041,56) quella già riscossa (di Euro 23.411,18). Come è stato condivisibilmente e ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, l’istanza di correzione dell’errore materiale deve essere proposta al giudice di merito che ha emesso la sentenza viziata e non alla Corte di legittimità, anche nel caso in cui avverso quella sentenza sia stato già proposto ricorso per cassazione. L’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, esattamente determinati, con esatta individuazione ed ordine delle operazioni da compiere, è emendabile infatti con l’apposita procedura di correzione regolata dagli artt. 287 c.p.c. e segg. (cfr. Cass. 23/02/2018 n. 4416, 23/03/2015 n. 5727 ma già Cass. 05/08/2002 n. 11712, 10/03/2005 n. 5330 e 15/01/2013n. 793).

6. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6.1. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate in dispositivo, sono distratte in favore degli avvocati che se ne sono dichiarati antistatari. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 6.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge, spese da distrarsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020

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