Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11715 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 05/05/2021), n.11715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

C.F., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

stesa in foglio allegato al controricorso, dal’Avv.to Nicola Lais,

ed elettivamente domi c.to presso lo studio dell’Avv.to Federico

Lais, alla via C. Monteverdi n. 20 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1857, pronunciata dalla Commissione tributaria

regionale di Palermo, sezione staccata di Catania, il 4.5.2016 e

pubblicata l’11.5.2016;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

 

Fatto

1. C.F. adiva la Commissione tributaria provinciale di Ragusa per contestare il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sua istanza, presentata il 27.12.2007, di restituzione delle somme trattenute, e versate in eccesso per suo conto dal sostituto d’imposta, a titolo di Irpef, in relazione agli anni 1990, 1991 e 1992. Chiariva il contribuente di essere titolare del diritto all’accesso ai benefici di cui all’O.M. n. 22316 del 1993 perchè residente, alla data del 13 dicembre 1990, nel Comune di (OMISSIS) (RG), individuato tra quelli colpiti dall’evento calamitoso del terremoto. La L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ha quindi previsto che i legittimati ad accedere ai benefici, i quali non avessero definito le proprie pendenze fiscali, avrebbero potuto farlo mediante pagamento del 10% dei propri debiti tributari. In applicazione del principio sotteso, il contribuente domandava il rimborso delle somme trattenute dalla sua retribuzione, e versate dal sostituto d’imposta nella misura di Euro 7.927,73, pari al 90% dell’imposta versata, in relazione agli anni 1990, 1991 e 1992. L’Agenzia delle Entrate si costituiva e resisteva nel giudizio. La Ctr di Ragusa accoglieva il ricorso del contribuente, e disponeva provvedersi al richiesto rimborso.

2. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione sfavorevole adottata dalla Ctr innanzi alla Commissione tributaria regionale di Palermo, sezione staccata di Catania, contestando che la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, trova applicazione in riferimento a contribuenti che abbiano pendenze fiscali, e non ai contribuenti che abbiano già assolto i propri obblighi. In ogni caso, il C. era anche decaduto dal potere di conseguire l’eventuale rimborso, avendo proposto tardivamente la propria domanda.

La Ctr riteneva doversi procedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione ricordata e, richiamandosi a pronunce della Corte costituzionale come della Cassazione, ritenuta la tempestività della proposizione dell’istanza di rimborso da parte del contribuente, confermava la decisione di primo grado.

3. Avverso la decisione assunta dalla Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un articolato motivo di ricorso. Resiste mediante controricorso il contribuente, che ha pure depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve rilevarsi che il controricorrente ha contestato l’improcedibilità del ricorso introdotto dall’Agenzia delle entrate, perchè quest’ultima non ha provveduto al “deposito, unitamente al ricorso, degli atti processuali su cui si fonda l’impugnazione (art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)… tale onere non può ritenersi adempiuto con la mera richiesta di acquisizione del fascicolo dei gradi di merito nè, eventualmente, col deposito di tale fascicolo e/o del fascicolo di parte se esso non interviene nei modi e secondo la tempistica prescritta dalla stessa norma” (controric., p. 2). Diversamente, il Collegio condivide l’orientamento già espresso da questa Corte, al quale intende pertanto assicurare continuità, secondo cui “in tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fondà è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi”, Cass. SS.UU., 3.11.2011, n. 22726 (conf. Cass. sez. L., 11.1.2016, n. 195).

2. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 19, comma 7 e dell’Ordinanza ministeriale 21 dicembre 1990, art. 1, in cui è incorsa l’impugnata Ctr, perchè soggetto titolare del diritto al rimborso è solo il sostituto d’imposta, e non anche il sostituito.

3. Mediante il suo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate critica la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Ctr perchè il rimborso dell’imposta versata in eccesso, in conseguenza della normativa sui terremoti registrati in Sicilia nel 1990, pur dovendosi ammettere che sia stato normativamente riconosciuto, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, può essere corrisposto soltanto al “destinatario dei provvedimenti agevolativi”, cioè a colui che l’ha concretamente versato. Nel caso di specie, quindi, essendo il contribuente un lavoratore dipendente, sarebbe legittimato a richiedere il rimborso il (solo) datore di lavoro che ha effettivamente corrisposto il tributo, pertanto il sostituto d’imposta, e non il lavoratore odierno ricorrente, che è invece il sostituito. Inoltre, “è onere del debitore fornire la dimostrazione dell’avvenuto pagamento e non spetta al creditore dare la prova negativa” (ric., p. 6). Del resto, ove si dovesse ritenere consentito al soggetto in sostituzione del quale l’imposta è stata versata di agire per il suo rimborso, la sua legittimazione risulterebbe concorrente con quella del sostituto d’imposta, e si “finirebbe per duplicare i benefici previsti dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17” (ric., p. 7).

4. Preso atto che l’Ente impositore non ripropone le proprie contestazioni in materia di tempestività di proposizione dell’istanza di rimborso da parte del contribuente, e che ammette ora la possibilità di domandare la restituzione di quanto già versato in eccesso a titolo d’imposta, occorre innanzitutto valutare a chi competa percepire il rimborso, se al datore di lavoro sostituto d’imposta, che l’ha versata, oppure al lavoratore, per conto del quale il tributo è stato corrisposto. In materia questa Corte di legittimità ha avuto recentemente occasione di confermare, riproponendo un indirizzo interpretativo meritevole di condivisione, che “la domanda di rimborso ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, – riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa – può essere proposta soltanto dal soggetto passivo in senso sostanziale, unico legittimato, e non anche dal sostituto d’imposta, come avallato dal legislatore con L. n. 123 del 2017, trattandosi di sanatoria volta a indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi”, Cass. sez. V, 28.2.2020, n. 5498, confermando pertanto un principio ormai consolidato e già illustrato spiegando che “in tema di condono fiscale, la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, che consente al contribuente delle province siciliane coinvolte nel sisma del 1990 di recuperare il 90 per cento di quanto dovuto e versato a titolo d’imposte, in deroga al principio per cui la sanatoria non consente di ottenere rimborsi dallo Stato, risponde ad una logica particolare e diversa dagli altri provvedimenti di sanatoria, in quanto tesa ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi, sicchè la legittimazione spetta al solo soggetto passivo d’imposta in senso sostanziale e non anche al sostituto d’imposta”, Cass. sez. VI-V, 26.9.2016, n. 18905. A tanto deve aggiungersi, come segnalato nella sua memoria dal ricorrente, che la formula la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dalla L. n. 123 del 2017, art. 16 octies, la quale ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 91 del 2017, prevede espressamente che il rimborso dell’imposta versata in eccesso dai soggetti colpiti dal sisma possa essere richiesto dai “titolari di redditi da lavoro dipendente”. Si tratta, del resto, di normativa richiamata anche nella decisione della Cassazione n. 5498 del 2020 innanzi ricordata. La tesi sostenuta dall’Agenzia delle entrate risulta quindi infondata, ed anche il paventato rischio di una “duplicazione” dei rimborsi non sussiste.

4.1. Quanto alla proposta questione della prova del credito di rimborso, che l’Ente impositore sostiene debba essere assicurata dal contribuente, il quale peraltro replica in memoria di averla fornita mediante produzione dei modelli 101, non può non rilevarsi che l’Amministrazione finanziaria propone l’argomento in sede di ricorso per cassazione, e neppure allega di averlo in precedenza introdotto, mentre la domanda di rimborso relativo ad una imposta determinata nell’ammontare, introdotta dal contribuente sin dalla proposizione dell’istanza di restituzione, era stata formulata con chiarezza, ed avrebbe dovuto essere contestata tempestivamente, come correttamente rilevato dal controricorrente.

5. Il ricorso proposto dall’Ente impositore deve pertanto essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

La Corte.

P.Q.M.

rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre spese generali nella misura del 15%, esborsi per Euro 200,00, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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