Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11710 del 27/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 27/05/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 27/05/2011), n.11710
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PIVETTI Marco – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14858-2006 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
IMMOBILIARE CAPO SANTO SPIRITO SRL (Società in liquidazione), in
persona dell’ex Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA MARIO FANI 37, presso lo studio dell’avvocato CAUDULLO
RAFFAELE, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 70/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,
depositata il 09/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO, che ha chiesto
l’accoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato CAUDULLO, che ha chiesto il
rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.r.l. immobiliare Capo di Santo Spirito, in liquidazione, (d’ora in poi semplicemente “società”) impugnò una cartella esattoriale per Ilor e accessori, relativa all’anno d’imposta 1993. Ne eccepì la decadenza, essendo stata la cartella notificata il 13.7.2001, e la nullità, per omessa indicazione della data di esecutorietà del ruolo, della motivazione in ordine alla pretesa impositiva e del previo invito al contraddittorio.
L’amministrazione finanziaria resistette e la commissione tributaria provinciale di Milano accolse l’impugnazione, ritenendo violati il D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 8 e art. 6 dello statuto del contribuente.
La sentenza, gravata dall’agenzia delle entrate, fu confermata dalla commissione regionale della Lombardia, la quale osservò che, sulla questione della mancata indicazione, nella cartella esattoriale, dei motivi della liquidazione e de dati su cui questa si fonda, era andata consolidandosi, nel tempo, una linea interpretativa favorevole al contribuente, stando alla quale la carenza di ogni riferimento ad altro atto precedente, in quanto comporta l’impossibilità di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione, implica nullità della cartella medesima e conseguente illegittimità dell’iscrizione a ruolo. Per la cassazione di questa sentenza, resa pubblica il 9.5.2005 e non notificata, l’agenzia delle entrate propone ricorso sorretto da un motivo, al quale l’intimata resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo, l’amministrazione ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” e “insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Lamenta che il giudice di secondo grado non ha specificato le ragioni tali da far ritenere la cartella impugnata in contrasto con i principi affermati nelle decisioni richiamate, non contenendo la sentenza alcun riferimento al testo della cartella. Dal quale invece emergerebbe – a dire della ricorrente – non solo la natura del tributo, ma anche (nella parte relativa al dettaglio degli addebiti) la causale della pretesa.
Il motivo è fondato con riguardo alla censura di mancanza di motivazione, che devesi cogliere in seno alla deduzione attinente alla avvenuta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.
Benchè infatti con erroneo riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, la censura appare intesa a denunciare la violazione della norma (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36) che (al pari di quella generale dettata dall’art. 132 c.p.c.) regola la sentenza (tributaria) come atto.
Appare dunque intesa a far valere un motivo di nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4) in ragione dell’omesso riferimento ai fatti rilevanti ai fini, della decisione adottata.
In questi termini va affermato che non adempie il dovere di motivazione il giudice che si limiti a richiamare principi giurisprudenziali asseritamente acquisiti, senza tuttavia formulare alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa, e dunque senza ricostruire la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta. In casi simili il sillogismo, che distingue il giudizio, finisce per esser monco della premessa minore, e dunque necessariamente privo della conclusione razionale.
Nella specie, la decisione risulta composta da tre periodi motivanti, ciascuno caratterizzato da un richiamo giurisprudenziale (a Cass. 1985/1703, a Cass. 1999/14306 e a Cass. 2003/16875). Non risulta peraltro eseguita la valutazione di merito, posto che la motivazione non contiene riferimenti al testo della cartella che in effetti rileva, e conseguentemente non specifica perchè, finanche al lume dei riferimenti giurisprudenziali operati, la cartella medesima andrebbe ritenuta in contrasto coi principi detti.
In tal modo la motivazione non supera i confini della situazione apparente, giacchè manca, in definitiva, della descrizione del dato percepito, e quindi della descrizione di ciò che avrebbe dovuto essere sottoposto a comparazione con la fattispecie legale, quasi che il compito del giudice di merito potesse dirsi esaurito per mezzo delle sole proposizioni astratte.
L’impugnata sentenza va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale, la quale provvederà a effettuare la valutazione che in concreto è richiesta e a regolare la sorte delle spese processuali, ivi comprese quelle del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla commissione tributaria della Lombardia, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 9 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011