Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1171 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 21/01/2021), n.1171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14128-2014 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI VALERI

1, presso lo studio dell’avvocato MAURO GERMANI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA, 294, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FRONTICELLI

BALDELLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 98/2013 della COMM.TRIB.REG. del Lazio,

depositata il 15/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. MARIA CASTORINA ROSARIA;

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 98/29/13, depositata il 15.4.2013, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da R.F. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avverso la decisione di prime cure con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente; il R. aveva impugnato una intimazione di pagamento emessa dalla Gerit s.p.a. per omesso pagamento di una cartella esattoriale non opposta, di cui aveva eccepito l’omessa notifica.

La Commissione Tributaria Regionale – condividendo le argomentazioni della sentenza di primo grado – riteneva regolare la notifica della cartella di pagamento, avvenuta, a mani della moglie, in data 28.7.2003, ovvero due giorni dopo che il destinatario della notifica aveva trasferito la sua residenza in altro comune

Il contribuente ricorre per la cassazione della sentenza affidando il suo mezzo a due motivi.

Equitalia Sud s.p.a. resiste con controricorso. L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di legge per incostituzionalità della norma posta a fondamento della decisione ed in particolare del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 3, per avere la CTR ritenuto valida la notifica della cartella di pagamento sottesa all’intimazione avvenuta il 28.7.03 sebbene dal 26.7.2003 avesse trasferito la propria residenza dal Comune di Santa Marinella al Comune di Roma.

2.Con il secondo motivo il ricorrente deduce “l’omessa e/o insufficiente motivazione in ordine a fatti imprescindibili al decidere” in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. lamentando che la CTR aveva erroneamente ritenuto notificato l’atto impositivo in quanto la moglie non aveva mai avuto la propria residenza nell’indirizzo in cui si assumeva notificato l’atto e sin dal primo grado del giudizio aveva eccepito che la firma sulla relazione di notifica non corrispondeva a quella della consorte.

3.Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse sono inammissibili, per quanto di ragione.

Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 3 (nel testo temporalmente applicabile alla fattispecie concreta), “le variazioni e modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica”. Sicchè, nel caso di specie, il cambio di residenza, verificatosi in data 26.7.03, a nulla rileverebbe ai fini della validità della notifica della cartella avvenuta due giorni dopo, non essendo a tale ultima data ancora decorso il termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla norma suindicata.

Tuttavia va rilevato che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 3 nella parte in cui prevede che “le variazioni e modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica”, è stato espunto dall’ordinamento a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 360/03 la quale ha dichiarato l’illegittimità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, u.c. “nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi, abbiano effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica”, e, in ogni caso “nella parte in cui non prevede che abbiano immediatamente effetto, ai medesimi fini, anche le variazioni e le modificazioni comunque conosciute dall’amministrazione finanziaria”.

La Consulta ha statuito che quando il legislatore detta norme disciplinanti le notificazioni dell’amministrazione statale al cittadino, come, ad esempio, quelle dell’amministrazione finanziaria in materia d’accertamento delle imposte sui redditi, deve sempre garantire a quest’ultimo l’effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza dell’atto.

La Corte costituzionale ha affermato che: “Il legislatore ben può nell’esercizio della sua discrezionalità, prevedere che le variazioni d’indirizzo, ai fini delle notificazioni da effettuarsi da parte dell’amministrazione finanziaria, non abbiano un effetto immediato, agevolando, in tal modo, l’attività dei relativi uffici ed assicurando una migliore tutela degli interessi di carattere generale”, tuttavia, “tale differimento d’efficacia, pur legittimo in linea di principio, va, contenuto entro limiti tali da non pregiudicare, sacrificando l’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, l’esercizio del suo diritto di difesa”.

Per il che, ha ritrovato applicazione, in materia, la regola generale, secondo la quale l’effetto delle variazioni anagrafiche, ai fini delle notifiche, è immediato.

Ne discende, con riferimento al caso di specie, che il cambio di residenza effettuato dal contribuente in data 26.7.2003 è divenuto immediatamente operativo, non potendo applicarsi alla fattispecie neppure il nuovo termine dilatorio di trenta giorni, introdotto dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 27 (convertito in L. n. 248 del 2006). Tale previsione, infatti, non si applica retroattivamente e riguarda, pertanto, le sole notifiche eseguite dopo l’entrata in vigore della norma (Cass. 8684/2011).

Tanto premesso osserva il Collegio che la notifica è stata effettuata a mani di un soggetto qualificatosi come moglie del contribuente. Il R. aveva contestato che la notifica era avvenuta presso un indirizzo errato e a persona a lui sconosciuta.

La sentenza si fonda, tuttavia, su una ratio decidendi diversa da quella fatta oggetto di censura, cioè che il contribuente per contestare l’autenticità della firma apposta sull’avviso di ricevimento della cartella avrebbe dovuto proporre querela di falso.

Tale ratio decidendi non è stata oggetto di impugnazione.

Va al riguardo richiamato quanto in più pronunzie affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, enunciando il principio secondo il quale, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (v., ex multis, Cass. Sez.U. 8 agosto 2005, n. 16602 e numerose successive conformi).

Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio devono essere compensate in considerazione del fatto che la sentenza della Corte Costituzionale è successiva alla notifica della cartella esattoriale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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