Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11708 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 27/05/2011), n.11708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10708-2006 proposto da:

ETR ESAZIONE TRIBUTI SPA in qualità di Commissario Governativo del

Servizio Riscossioni Tributi per la Provincia di Catanzaro, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE DELL’UNIVERSITA’ 11, presso lo studio 2011

dell’avvocato ERMETES AUGUSTO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ERMETES PAOLO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

Z.S., in qualità di unica erede della Sig.ra C.

R., elettivamente domiciliata in ROMA VIA G.G. PORRO 8, presso lo

studio legale ZIMATORE, rappresentata e difesa dagli avvocati

ALLEVATO MARCELLO, ZIMATORE VALERIO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI

CATANZARO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 59/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANZARO, depositata il 28/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato AUGUSTO ERMETES, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla C.T.P. di Catanzaro C.R. impugnava l’intimazione di pagamento notificatale il 3 settembre 2004 dalla E.TR. spa Concessionaria per la riscossione dei Tributi per quella provincia, con riferimento a cartella esattoriale che si assumeva notificata a mezzo posta con raccomandata spedita il 9 gennaio 2002, e relativa a Irpef e Ilor per gli anni 1982 e 1983. A sostegno dell’impugnazione deduceva la contribuente, oltre che vizi dell’intimazione e la intervenuta prescrizione del credito, il difetto di notifica della cartella esattoriale in quanto mai ricevuta.

Il giudice adito accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impugnato ritenendo sussistere la dedotta irregolarità della notifica della cartella, e la decisione, appellata dalla Concessionaria, veniva confermata dalla C.T.R. della Calabria con sentenza n. 59/09/01, depositata il 28.12.2005 e notificata il successivo 1 febbraio 2006.

Per la cassazione della sentenza di secondo grado proponeva quindi ricorso la concessionaria per la riscossione nei confronti di Z.S., in sede di appello costituitasi quale unica erede della C. nel frattempo deceduta, nonchè nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo, all’accoglimento del quale si opponeva la Z. con controricorso ritualmente notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo articolato deduce la ricorrente il vizio di violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, commi 1 e 2 nonchè violazione e mancata applicazione dell’art. 149 c.p.c., art. 2700 c.c. e L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 4 ed ancora del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 per aver il giudice di merito accolto il ricorso della contribuente ritenendo invalida la preliminare notifica della cartella esattoriale, a causa della non intelligibilità della firma della persona alla quale l’atto era stato consegnato dall’Ufficiale postale.

La doglianza è fondata e il ricorso deve pertanto trovare accoglimento.

In ordine alla notifica della cartella la C.T.R. a confutazione della tesi della Concessionaria che riteneva perfezionatasi il procedimento notificatorio con la spedizione della raccomandata e la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento, ha affermato in sentenza che: “Tale avviso di ricevimento deve attestare la persona cui la cartella è stata consegnata in maniera che via sia la presunzione che attraverso di essa l’atto sia stato portato a conoscenza del destinatario. Nel caso che ci occupa invece la contribuente afferma di non aver ricevuto detta cartella e invero la ricevuta dell’avviso reca una sigla inintelligibile da cui non è possibile individuare la persona cui sarebbe stata consegnata”.

Il giudice di merito, pertanto, effettivamente ha ritenuto l’invalidità della notifica per l’omessa identificazione sull’avviso di ricevimento della raccomandata delle generalità del soggetto al quale l’atto era stato consegnato, presso l’abitazione della destinataria, non risultando il suddetto identificabile neanche attraverso la sua firma perchè inintellegibile.

L’impugnata decisione non merita di essere condivisa.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 a proposito della notifica della cartella esattoriale, prevede che essa possa realizzarsi con varie modalità, e così tra l’altro anche senza ricorrere alla collaborazione di terzi (messi comunali, agenti della polizia municipale…), ma direttamente ad opera del Concessionario “mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”. Trattasi in quest’ultimo caso della ordinaria raccomandata postale, disciplinata dal D.M. 9 aprile 2001, che all’art. 32 dispone che: “Tutti gli invii di posta raccomandata sono consegnati al destinatario o ad altra persona individuata come di seguito specificato, dietro firma per ricevuta …”, mentre al successivo art. 39 prevede che: “Sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario, anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi e i collaboratori familiari e, se vi è servizio di portierato, il portiere”.

Tanto premesso è evidente che le norme sul servizio postale prevedono che la raccomandata ordinaria si abbia a considerare come ricevuta, con ciò determinando il perfezionamento del procedimento notificatorio laddove la spedizione postale avvenga a fini di notifica, all’atto della consegna al domicilio del destinatario, senza che a tal fine sia prescritta nessuna particolare formalità da parte dell’Ufficiale postale se non quella di curare che, la persona che egli abbia individuato come legittimata a ricevere l’atto a norma dell’art. 39 citato, apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza nonchè sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente. Nessuna norma dispone in particolare che l’avviso di ricevimento debba contenere le generalità della persona alla quale l’atto sia stato consegnato, come viceversa sembrerebbe pretendere nel caso di specie il giudice di merito, e neanche la relazione esistente tra la predetta persona e il destinatario della raccomandata, che costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, eventualmente impugnabile nelle forme di legge.

In proposito del resto questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare, con riferimento addirittura ad un atto squisitamente giudiziario come l’atto di appello nel processo tributario, che l’adozione da parte dell’appellante della modalità della notificazione direttamente a mezzo posta D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, comma 2 comporta un avviso di ricevimento diverso da quello previsto per la notifica degli atti giudiziari, contenente unicamente: “… l’indicazione della data e dell’Ufficio di spedizione, l’indirizzo del destinatario, la data di ricevimento e la firma del soggetto ricevente, senza l’indicazione della sua qualità e la sottoscrizione dell’incaricato alla distribuzione” (v. Cass. 29.1.2008, n. 1906).

In contrario senso non vale dunque la giurisprudenza richiamata in controricorso dalla intimata, in quanto relativa a notifiche effettuate ai sensi dell’art. 149 c.p.c. e pertanto soggette alla più rigorosa disciplina contenuta nella L. 20 novembre 1982, n. 890.

Nè vale obiettare che la necessità della querela di falso nel caso di specie resterebbe esclusa “in quanto non è mai stata messa in discussione l’attività del postino e quanto da lui affermato, solo si è evidenziato che egli ha omesso di trascrivere il nome del ricevente la raccomandata non dando modo di risalire a chi avrebbe preso materialmente la cartella esattoriale”, perchè viceversa si è avuto innanzi modo di chiarire come e perchè quella indicazione non fosse prevista, restando l’attività complessivamente svolta dell’Ufficiale postale (sia quella espressamente consacrata nell’avviso di ricevimento che quella presupposta, come l’accertamento della qualità del consegnatario dell’atto in relazione alla previsione del D.M. 9 aprile 2001, art. 39) assistita dalla speciale efficacia probatoria prevista dall’art. 2700 c.c. attesa la natura di “atto pubblico” spettante all’avviso di ricevimento della raccomandata, con la conseguente imprescindibile necessità che la prova del contrario sia fornita mediante querela di falso.

Non vi è dubbio che in caso di notifica consentita dalla legge a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento la procedura è meno garantita per il destinatario di quanto accada ordinariamente per gli atti giudiziari; d’altra parte però, la cosa non può destare particolari perplessità se solo si considera che tutto il sistema delle notifiche nel nostro ordinamento appare ispirato, per ben comprensibili ragioni, al principio della mera “conoscibilità” dell’atto, e non a quello della “effettiva conoscenza” del suo contenuto, così che sempre l’efficacia della notificazione deriva non dalla prova della conoscenza bensì della semplice consegna della copia dell’atto in una delle forme previste dalla legge.

D’altra parte anche a voler ritenere applicabile alla fattispecie la disciplina prevista dalla L. n. 890 del 1982, con la conseguente necessità per l’Ufficiale postale ex art. 7 di indicare sull’avviso di ricevimento la qualità della persona alla quale la copia dell’atto sia stata consegnata, non essendo stata riscontrata dal giudice di merito una omissione al riguardo per aver la C.T.R. rilevato quale unica ragione di invalidità della notifica la non intelligibilità della firma per ricevuta, la relativa attestazione farebbe comunque fede fino a querela di falso, indipendentemente dalla volontà o meno dell’interessato di addebitare responsabilità alcuna all’ufficiale postale. In proposito inequivocabile è infatti la giurisprudenza di legittimità nel senso che: “In tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica, costituisce, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna stessa è stata eseguita, e che ha sottoscritto l’avviso;

esso riveste natura di atto pubblico, e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi della L. n. 890 cit., art. 1 gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 cod. civ. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza; pertanto, il destinatario che intenda contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto l’atto ed in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso, ha l’onere di impugnarlo a mezzo della querela di falso, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza, o negligenza dell’agente postale” (v. Cass. 22.11.2006, n. 24852; cfr. Cass. 23.7.2003 n. 11452; 1.3.2003, n. 3065).

Il ricorso in esame deve pertanto trovare accoglimento senza che a risultato diverso possano indurre neanche le ulteriori difese svolte dalla intimata, che ha invocato in suo favore un preteso giudicato formatosi sulla sentenza di primo grado sia per l’omessa impugnazione dell’autonoma ratio decidendi in essa contenuta con riferimento alla questione della prescrizione del credito tributario, sia in ogni caso per l’omessa impugnazione della sentenza anche da parte dell’Agenzia.

In proposito, infatti, per quanto relativo alla doppia ratio decidendi della sentenza di primo grado, sono gli stessi giudici di appello a smentire l’assunto della controricorrente laddove, in piena sintonia con i contenuti reali della decisione della C.T.P., da questa Corte direttamente verificati, con riferimento ai tempi prescritti per gli adempimenti necessari per l’iscrizione a ruolo e la riscossione dell’imposta, affermano in sentenza che: “… la inosservanza di tali adempimenti, e dell’amministrazione finanziaria e della concessionaria, non possono trovare considerazione perchè ignorati dal primo giudice e non appellati”.

Quanto poi alle conseguenze della mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte dell’Agenzia, una volta definitivamente chiarito che la decisione della C.T.P. ebbe a pronunciarsi unicamente su un vizio di notifica della cartella, eventualmente imputabile alla sola Concessionaria per la riscossione, inevitabilmente ne consegue la carenza d’interesse dell’ufficio ad impugnare la sentenza, e soprattutto la riferibilità dell’accertamento contenuto nella pronuncia, anche per gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. al solo rapporto tra contribuente e Concessionaria per la riscossione (In proposito, circa il più generale problema della carenza di legittimazione passiva dell’A.F. in relazione ad una impugnazione di un atto della procedura di riscossione, volta a far valere errori imputabili esclusivamente al Concessionario v. Cass. 14.2.2007 n. 3248 secondo la quale: “Nel processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il concessionario del servizio di riscossione è parte (art. 10) quando oggetto della controversia è l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, e cioè solo nel caso di vizi propri della cartella di pagamento e dell’avviso di mora, come quando quest’ultimo non sia stato preceduto da rituale notifica della cartella esattoriale. Il concessionario per la riscossione dei tributi, infatti, prima di emettere l’avviso di mora deve accertarsi dell’esistenza e della ritualità della notifica della cartella, in mancanza delle quali l’avviso stesso è illegittimo, almeno con riguardo alla richiesta di interessi e accessori secondo le norme del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e va impugnato dinanzi al giudice tributario nel termine di decadenza previsto, chiamando in causa esclusivamente il concessionario, cui è direttamente ascrivibile il vizio dell’atto.

In tali casi non è, perciò, configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto esclusivamente nei confronti dell’amministrazione, dovendosi escludere la possibilità di disporre successivamente l’integrazione del contraddittorio nei confronti del concessionario”).

All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione dell’impugnata sentenza, senza necessità di rinvio non risultando riproposte in appello le altre questioni poste dalla contribuente con l’originario ricorso, e potendosi pertanto senz’altro decidere nel merito la controversia, ex art. 384 c.p.c., comma 2 con il rigetto del ricorso introduttivo.

La natura controversa della questione dibattuta, confermata dalle pronunce favorevoli ottenute dalla contribuente sia in primo che in secondo grado, induce alla compensazione delle spese del giudizio di merito, restando in tal modo onerata l’intimata, per il principio della soccombenza, del solo rimborso in favore della Concessionaria delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Condanna quest’ultima al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.700,00 oltre accessori come per legge. Compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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