Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11700 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. I, 13/05/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 13/05/2010), n.11700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso l’avvocato COZZI

ARIELLA, rappresentato e difeso dagli avvocati FORTE Bruno,

BALDASSINI ROCCO, giusta procura speciale per Notaio dott. LOTITO

LUIGI di SORA ” Rep. n. 535 del 19.12.08 e procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

05/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2010 dal Consigliere Dott. BERNABAI Renato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso il 5 marzo 2007 la Corte d’appello di Roma rigettava la domanda di equa riparazione, ex art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, svolta da P. C. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il danno non patrimoniale subito in conseguenza della violazione del termine ragionevole del processo da lui promosso dinanzi al Tar del Lazio nei confronti del comune di Arpino, avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di occupazione di urgenza di terreni di sua proprieta’.

Compensava tra le parti le spese di giudizio.

Motivava che, nonostante l’effettiva maturazione del ritardo rispetto al termine triennale ritenuto ragionevole in un processo di media difficolta’, l’attore non aveva subito alcun pregiudizio da patema d’animo ed ansia in dipendenza dell’eccessiva durata del giudizio, come dimostrato dalla cancellazione della causa dal ruolo, nel 2001, sintomatica della sua carenza di interesse alla definizione della controversia.

Avverso il provvedimento, non notificato, proponeva ricorso per Cassazione il P. con atto notificato il 21 aprile 2008.

Deduceva la violazione della L. n. 89 del 2001 e la carenza ed illogicita’ della motivazione nel mancato apprezzamento del ritardo, quale causa della stessa volonta’ di rinunziare al processo, promosso nel 1993 e dichiarato perento con sentenza depositata il 7 settembre 2004; e nella valorizzazione, invece, della predetta circostanza di fatto inidonea a dimostrare l’assenza del danno, che per giurisprudenza consolidata non poteva dipendere dall’esito della lite.

Censurava altresi’ la violazione dell’art. 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per effetto della condanna alla rifusione delle spese processuali.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri non svolgeva attivita’ difensiva.

All’udienza del 16 marzo 2010 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ fondato.

La corte territoriale, dopo aver accertato l’effettiva violazione del termine ragionevole del processo – in astratto stimato in tre anni come da giurisprudenza consolidata in ordine ad una controversia di media difficolta’ – ha poi erroneamente escluso la sussistenza del danno non patrimoniale, valorizzandone l’esito finale di perenzione, in conseguenza de disinteresse dimostrato dalla stessa parte, ritenuto incompatibile con il patema d’animo e la tensione presuntivamente connaturali alla prolungata pendenza processuale.

In questo modo, ha pero’ attribuito rilevanza preclusiva del danno ad una circostanza sopravvenuta quando gia’ era maturata la violazione del termine ragionevole: come tale, inidonea ad escludere retroattivamente la sussistenza del pregiudizio negli anni pregressi.

Oltre al rilievo che il comportamento postumo della parte ben poteva essere posto in rapporto di dipendenza causale proprio con il ritardo prolungato nella definizione del processo amministrativo; che, alterando la proporzione tra costi e benefici, aveva plausibilmente determinato la rinunzia a coltivarlo.

Il decreto va quindi cassato.

In carenza della necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto, si puo’ procedere alla decisione nel merito e condannare la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento dell’equo indennizzo per cinque anni di ritardo irragionevole fino alla cancellazione della causa dal ruolo, liquidato in complessivi Euro 4.250,00 con gli interessi legali dalla domanda.

La Corte Europea (con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 Novembre 2004) ha infatti individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione di tale indennizzo; ma il suddetto parametro ordinario puo’ subire, peraltro, una riduzione contenuta quando, come nella specie, la posta in giuoco sia modesta ed il ritardo non superiore al triennio.

Nel caso in esame, appare quindi giustificata, in forza dei criteri suesposti, la liquidazione di un minor indennizzo annuo di Euro 750,00 per il primo triennio e di Euro 1.000,00 per i successivi due anni di ritardo, tenuto conto del progressivo intensificarsi del patema d’animo, secondo l’id quod plerumque accidit, col trascorrere del tempo di pendenza del processo.

Resta assorbita l’ulteriore censura relativa alla condanna delle spese processuali (art. 336 c.p.c., comma 1), pur dovendosi rilevare come la stessa fosse inammissibile, data la compensazione integrale disposta nel decreto impugnato.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo sulla base del valore ritenuto in sentenza e del numero e complessita’ delle questioni trattate; con distrazione in favore del difensore antistatario.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in parte qua e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 4.250,00, con gli interessi legali dalla domanda; Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari, e delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 665,00, di cui Euro 565,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, da distrarre in favore dell’avv. Rocco Baldassini, antistatario.

Così deciso in Roma, il 16 Marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

 

 

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