Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11699 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 05/05/2021), n.11699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13439/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

D.R., (C.F.)

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del Lazio,

n. 107/35/13, depositata il 13 marzo 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il contribuente D.R., quale socio di Casamia Agenzia Immobiliare SNC, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta dell’anno 2001, con cui è stato accertato in capo al contribuente il maggior reddito da partecipazioni, quale effetto dell’accertamento del maggior reddito in capo alla società, accertamento con il quale – a seguito dell’omesso deposito delle dichiarazioni fiscali da parte della società per gli esercizi 1998 e 1999 – veniva accertata una eccedenza di versamenti eseguiti dai soci sui propri conti correnti rispetto a quanto fatturato dalla società, accertamento quest’ultimo autonomamente impugnato.

La CTP di Roma ha accolto il ricorso e la CTR del Lazio, con sentenza in data 13 marzo 2013, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo che non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci, così rigettando la richiesta di riunione dei giudizi. Sul piano procedimentale la CTR ha ritenuto che l’Ufficio non avrebbe rispettato il contraddittorio preventivo con il contribuente, non avendo l’Agenzia delle Entrate atteso che i soci procedessero a ricostruire la documentazione relativa alle operazioni sottostanti. Nel merito ha, infine, ritenuto il giudice di appello non provata la riferibilità dei conti correnti bancari dei soci alle operazioni societarie.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; il contribuente intimato non si è costituito in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, nella parte in cui la sentenza, adottando una prima ratio decidendi, ha ritenuto violato l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di espletamento del contraddittorio preventivo con il contribuente in caso di indagini sui conti correnti bancari in materia di imposte sui redditi. L’Ufficio ritiene insussistente, in questo caso, alcun obbligo di contraddittorio in sede amministrativa.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della medesima disposizione (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, nn. 2 e 7, nella parte in cui la sentenza impugnata, adottando una seconda ratio decidendi, ha ritenuto nel merito non provata la correlazione tra i conti correnti dei soci e le attività di impresa della società partecipata. Rileva il ricorrente come tale ratio decidendi contrasti con la presunzione posta dalla norma in esame, per come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la rettifica fiscale possa basarsi sulle movimentazioni bancarie compiute su conti formalmente intestati a terzi, qualora gli intestatari dei conti, in virtù di vincoli personali, siano legati alle attività di gestione societaria.

2 – Va preliminarmente rilevata la formazione del giudicato sulla questione del litisconsorzio necessario tra l’accertamento che coinvolge l’odierno intimato e quello che coinvolge la società di persone di cui l’intimato è socio, essendosi la CTR espressamente pronunciata su tale questione (“non sussistono le condizioni che il dettato normativo stesso prevede affinchè possa configurarsi l’ipotesi del litisconsorzio necessario”) e non essendo stata svolta dal ricorrente impugnazione alcuna di tale statuizione. Di tal chè, il vizio processuale derivante dall’omessa citazione di alcuni litisconsorti necessari non può essere rilevato in questa sede neanche di ufficio (Cass., Sez. Lav., 3 novembre 2008, n. 26388), al pari che per le altre questioni astrattamente rilevabili di ufficio per le quali si sia formato il giudicato interno espresso (Cass., Sez. V, 12 dicembre 2019, n. 32637), le quali sono conoscibili dal giudice dell’impugnazione solo ove, in caso di espressa pronuncia da parte del giudice la cui sentenza sia stata impugnata, tali questioni siano state riproposte in sede di impugnazione (Cass., Sez. VI, 22 settembre 2017, n. 22207).

3 – Il primo motivo è fondato. Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte, la legittimità della ricostruzione della base imponibile mediante l’utilizzo delle movimentazioni bancarie acquisite non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, anticipato alla fase amministrativa, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non anche un obbligo. Pertanto, dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2019, n. 34209; Cass., Sez. VI, 27 febbraio 2019, n. 5777; Cass., Sez. V, 26 aprile 2017, n. 10249; Cass., Sez. V, 4 marzo 2015, n. 4314; Cass., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 25770). Il principio discende dalla constatazione che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali non sussiste, in generale, per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti in materia di tributi non armonizzati, quale l’Irpef, di cui si discute nella specie (Cass., Sez. U., 09 dicembre 2015, n. 24823).

4 – Fondato è anche il secondo motivo.

4.1 – Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, ove si tratti di società di persone a ristretta base sociale, come nella specie, l’Ufficio finanziario può legittimamente utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla società le operazioni ivi riscontrate, essendo la ristrettezza della compagine sociale idonea a far presumere la sostanziale sovrapposizione tra interessi personali e societari, identificandosi gli interessi economici in concreto perseguiti dalla società con quelli propri dei soci (Cass., Sez. VI, 1 febbraio 2016, n. 1898; Cass., Sez. VI, 20 maggio 2011, n. 11145; Cass., Sez. V, 21 dicembre 2005, n. 28316; Cass., Sez. V, 14 novembre 2003, n. 17243).

4.2 – Si ritiene, difatti, che il D.P.R. n. 600 del 1973, menzionato art. 32, istituisca una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti, sia i versamenti operati su conti correnti bancari vadano imputati a ricavi, presunzione a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e in considerazione del principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici (Cass., Sez. VI, 5 maggio 2017, n. 11102; Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10480; Cass., Sez. V, 4 agosto 2010, n. 18083; Cass., Sez. V, 7 settembre 2007, n. 18868; Cass., Sez. V, 21 dicembre 2007, n. 27032).

4.3 – Ciò è stato affermato anche in relazione a soci non dotati di poteri gestori (come nel caso del socio accomandante), purchè in assenza di conti correnti intestati alla stessa o al socio accomandatario (e sempre salva prova contraria), atteso che la mera sussistenza del rapporto societario, pur in assenza di poteri gestori, fa presumere ai sensi del citato D.P.R., art. 32, che le operazioni siano state compiute nell’interesse della società e gestite economicamente dal socio accomandatario (Cass., Sez. V, 16 giugno 2017, n. 15006), ovvero in caso di conti intestati a soggetti che ricoprano poteri gestori per conto di più società, così ripartendosi i dati estratti dai conti correnti in proporzione al volume di affari di ciascun ente (Cass., Sez. VI, 1 febbraio 2016, n. 1898), ovvero in caso di conti intestati a terzi (come per i procuratori generali: Cass., Sez. V, 24 settembre 2010, n. 20199), per i quali risulti provata dall’Amministrazione finanziaria la natura fittizia dell’intestazione o la sostanziale riferibilità all’ente collettivo societario dei conti medesimi (Cass., Sez. V, 22 aprile 2016, n. 8112; Cass., Sez. VI, 2 luglio 2013, n. 16575).

4.4 – Nella specie, risulta accertato dalla sentenza impugnata che il contribuente intimato è socio di società di persone, per cui la presunzione di riferibilità dei conti correnti del socio alle operazioni societarie è perfettamente operante.

La sentenza impugnata non si è uniformata ai suddetti principi.

5 – Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla CTR a quo, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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