Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11698 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 05/05/2021), n.11698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10301/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

A.M.S., (C.F. MNTMSM64A20H147C)

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 25/22/13, depositata il 25

febbraio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il contribuente A.M. ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta dell’anno 1996, con il quale venivano recuperate imposte dirette quale effetto del disconoscimento di costi sostenuti a seguito di operazioni ritenute inesistenti. L’accertamento traeva origine da un PVC, con il quale era stato accertato che il cedente delle forniture contestate al contribuente era soggetto imprenditoriale privo di organizzazione, il quale aveva dichiarato di non essere a conoscenza nè del contribuente oggetto di accertamento, nè delle relative prestazioni.

La CTP di Lecce ha accolto il ricorso e la CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce, con sentenza in data 25 febbraio 2013, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che il contribuente, oltre ad aver fornito prova della regolarità delle scritture contabili afferenti alle operazioni in contestazione, ha dato prova delle operazioni sottostanti, comprovando i pagamenti a mezzo assegni bancari; per l’effetto, la CTR ha ritenuto veritiere le dichiarazioni fiscali del contribuente e ha ritenuto inidonei a smentire tali elementi documentali gli accertamenti eseguiti a carico di terzi. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che il contribuente non avrebbe tratto alcun vantaggio dalle dedotte operazioni di acquisto inesistenti, posto che tale circostanza avrebbe comportato l’emersione di altrettanti ricavi cori conseguente pagamento di maggiori imposte.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; il contribuente intimato non si è costituito in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, n. 546, violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. c), nella parte in cui la sentenza impugnata non ha tenuto conto degli accertamenti eseguiti a carico di terzi quale fonte di indizi dotati di pregnanza indiziaria; ritiene, inoltre, l’Ufficio che i pagamenti con assegni (bancari) non costituiscano elementi tali da comportare il superamento degli elementi presuntivi addotti dall’Ufficio, in quanto modalità esecutiva tipica delle fatturazioni fittizie.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 21, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto l’assenza di alcun beneficio per il contribuente intimato per l’avere questi simulato costi inesistenti, al fine di conseguire ricavi inesistenti. Deduce il ricorrente che potrebbe esservi interesse per il contribuente a simulare come inesistenti anche i successivi ricavi, al fine di ottenere un finanziamento, nonchè al fine poter acquisire indebiti vantaggi dal mancato versamento dell’IVA a monte.

2 – il primo motivo è inammissibile in quanto non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata.

2.1 – Il giudice di appello non ha negato valore indiziario agli accertamenti eseguiti a carico di terzi, nonchè alle dichiarazioni rese da terzi, le quali possono legittimamente fungere da fonte di innesco di un accertamento in materia tributaria (Cass., Sez. V, 25 febbraio 2020, n. 4982; Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16711). Diversamente, il giudice di appello ha ritenuto assolto l’onere della prova contraria da parte del contribuente, osservando che gli elementi addotti dal contribuente e, in particolare, la prova del pagamento dei singoli acquisti (ottenuta a seguito della produzione di assegni bancari da parte del contribuente) è idonea a sostenere la prova della regolarità delle scritture contabili e, di conseguenza, dell’effettività delle prestazioni sottostanti, rispetto alla cui prova gli accertamenti compiuti dall’Ufficio devono ritenersi superati (“dalla documentazione in atti si rileva tuttavia che il contribuente appellato ha fornito prova adeguata a supporto della regolarità delle scritture contabili (..) Si configurano sufficientemente documentate tali scritture (…) essendo le stesse scritture appropriatamente corredate di validi atti relativi (pagamenti effettuati con assegni bancari) (…) nessuna specifica ed adeguata contraria prova, diretta a sconfessare la legittimità di tali annotazioni, scritturazioni e rendicontazioni, ha fornito accertatore, essendosi limitato a riportare fatti ed elementi addebitati a soggetti terzi, scaturenti da indagini di Polizia Giudiziaria, in assenza di qualsivoglia contestazione diretta”).

2.2 – Sotto questo profilo, il motivo si rivela ulteriormente inammissibile in quanto il ricorrente, pur denunciando formalmente le norme in tema di accertamento dei redditi e di distribuzione dell’onere della prova, mira a una rivalutazione del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito a ritenere assolto l’onere della prova contraria a carico del contribuente. Così facendo il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758) e non a una denuncia di una erronea applicazione delle regole di distribuzione dell’onere della prova. Nel qual caso, oggetto del giudizio è la concreta valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di merito, a questi riservata (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8315), il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 3 dicembre 2019, n. 31546; Cass., Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054).

3 – Il secondo motivo è inammissibile, in quanto – pur volendo individuarsi l’argomentazione adottata dal giudice di appello non quale argomento di rinforzo della motivazione dell’assolvimento della prova contraria, bensì come autonoma ratio decidendi (“non può non evidenziarsi l’inesistenza di alcun vantaggio per il contribuente a sopportare costi inesistenti addebitando a se stesso ricavi inesistenti al fine di conseguire utile su cui risulta problematico sottrarsi al pagamento delle relative imposte”), la sentenza appare sorretta dall’autonoma ratio decidendi dell’avvenuto assolvimento da parte del contribuente della prova contraria della esistenza delle operazioni economiche sottostanti l’emissione delle fatture, il che stabilizza la decisione impugnata e fa venir meno l’interesse del ricorrente all’esame del suddetto motivo.

4 – Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimato. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., Sez. III, 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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