Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11692 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2017, (ud. 13/04/2017, dep.11/05/2017),  n. 11692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13724/2011 R.G. proposto da:

FINCOS Alassio s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo

Scaparone, Cinzia Picco e Ugo Petronio, elettivamente domiciliata

presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla via Ruggero Fauro n.

43, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Alassio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Mario Contaldi

e Gianluca Contaldi, elettivamente domiciliato presso il loro studio

in Roma alla via Pierluigi da Palestrina n. 63, per procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 35/9/10 depositata il 31 marzo 2010;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2017

dal Consigliere Enrico Carbone;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Renzis Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del

terzo motivo di ricorso, infondati gli altri;

Uditi gli Avv.ti Paolo Migliaccio su delega per la ricorrente e

Gianluca Contaldi per il controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In accoglimento dell’appello del Comune di Alassio, la Commissione tributaria regionale della Liguria dichiarava legittimo l’avviso di accertamento e liquidazione emesso nei confronti di FINCOS Costruzioni Finanziaria s.p.a. per l’imposta comunale sugli immobili relativa al Grand Hotel Alassio, annualità 2002.

A differenza del giudice di prime cure, il giudice del gravame riteneva che il diritto di superficie e il pertinente carico tributario decorressero fin dalla stipula della convenzione del 26 marzo 2001 con la quale il Comune aveva affidato a CONICOS s.p.a. (poi rilevata da FINCOS Costruzioni Finanziaria) la riqualificazione della struttura alberghiera, concedendole di realizzarvi e gestirvi un parcheggio interrato e un centro talassoterapico.

Subentrata a FINCOS Costruzioni Finanziaria, FINCOS Alassio s.r.l. ricorre per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria.

Il Comune resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., per aver il giudice d’appello interpretato gli artt. 2, 20 e 25 della convenzione 26 marzo 2001 nel senso che il diritto di superficie si sia costituito già alla stipula del negozio, anzichè solo al collaudo dell’opera.

1.1. Il motivo è infondato.

Il diritto di superficie è il “diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà” (art. 952 c.c.); analogo, per natura e regime, il “diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui” (art. 955 c.c.).

Per come è trascritta in ricorso, la convenzione 26 marzo 2001, all’art. 2, istituisce tale “diritto di fare e mantenere” con effetto immediato, ciò che emerge dall’uso del verbo al modo indicativo (“concede e costituisce”); il collaudo dell’opera è indicato a fini differenti, quale dies a quo del termine di ottantacinque anni fissato per la gestione dell’opera.

L’interpretazione letterale non è punto incompatibile con le altre clausole negoziali: non con l’art. 20, che, riferendosi al “diritto di mantenere l’opera… per la durata di ottantacinque anni”, si limita a ribadire l’esistenza di un termine finale ex art. 953 c.c., senza nulla dire sul termine iniziale, quest’ultimo da riferire viceversa alla fattispecie complessiva (“fare”, prima di “mantenere”); nemmeno è incompatibile con l’art. 25, che, ponendo a carico della società un corrispettivo “per tutta la durata della concessione”, si limita ad aggiungere al sinallagma una controprestazione personale, ulteriore a quella reale.

Posto al centro della decisione il canone testuale, quindi, il giudice d’appello non ha violato alcun altro criterio ermeneutico.

Si rammenta che il sindacato di legittimità sull’interpretazione del contratto non può investire il risultato interpretativo in sè, appartenente all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma può riguardare solo l’osservanza dei canoni ermeneutici legali e la coerenza della motivazione (Cass. 13 febbraio 2002, n. 2074, Rv. 552238; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465, Rv. 634161).

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia omessa pronuncia, per aver il giudice d’appello pretermesso l’eccezione di esonero dall’ICI, eccezione fondata sugli artt. 5 e 11 della convenzione 26 marzo 2001.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Le clausole da ultimo richiamate non contengono affatto l’esonero dal debito ICI, imposta che esse neppure menzionano, riguardando tutt’altri oneri.

Resta pertanto senza deroga la soggettività passiva a fini ICI del titolare del diritto di superficie (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 1), ove mai fosse ammissibile una deroga convenzionale in materia tributaria (contra, Cass. 30 maggio 2002, n. 7945, Rv. 554773; Cass. 9 novembre 2004, n. 21311, Rv. 578242).

L’omissione di pronuncia del giudice d’appello non risulta quindi decisiva, come invece dovrebbe essere per giustificare la cassazione (Cass. 2 agosto 2016, n. 16102, Rv. 641581).

3. Il terzo motivo di ricorso denuncia omessa pronuncia, per aver il giudice d’appello pretermesso l’eccezione di non corretta determinazione della base imponibile, eccezione fondata sull’incidenza degli oneri di adattamento del terreno e sui prezzi medi delle aree analoghe.

3.1. Il motivo è inammissibile.

In aperta violazione del principio di autosufficienza, il ricorso non riproduce l’avviso di accertamento e liquidazione, sicchè resta impedito alla Corte di verificare lo sviluppo del calcolo d’imposta in rapporto ai parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5.

L’omissione di pronuncia del giudice d’appello non risulta quindi decisiva, come invece dovrebbe essere per giustificare la cassazione (Cass. 2 agosto 2016, n. 16102, Rv. 641581).

4. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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