Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11691 del 17/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/06/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 17/06/2020), n.11691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35937-2018 proposto da:

T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 5192/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Milano, pubblicata il 26 novembre 2018, con cui è stato respinto il gravame proposto da T.D. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale del capoluogo lombardo. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su un motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. a), e artt. 7 e 14. Il motivo di censura riguarda il denegato riconoscimento della protezione sussidiaria con riferimento alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Assume l’istante che la vicenda da lui narrata era risultata credibile e che la mancata produzione di documenti atti a corroborare quanto dedotto non poteva giustificare l’impugnata statuizione di rigetto.

2. – Il motivo è inammissibile.

Ha osservato la Corte di Milano che non era stato in alcun modo allegato che il rientro nel paese di origine potesse esporre il ricorrente al rischio di condanna a morte, alla tortura o ad altro trattamento inumano o degradante. Il ricorrente non si misura con tale argomentazione, che non è stata punto censurata: di contro, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 10 agosto 2017, n. 19989).

E’ appena il caso di aggiungere che il ricorso per cassazione contiene una “istanza ex art. 700 c.p.c.” diretta a ottenere dalla Corte di un provvedimento che disponga il rilascio di “un permesso di soggiorno temporaneo”: istanza che è palesemente inammissibile.

3. – Nulla deve statuirsi in punto di spese processuali.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^ Sezione Civile, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020

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