Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11691 del 11/05/2017

Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2017, (ud. 13/04/2017, dep.11/05/2017),  n. 11691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24919/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE NAVIGLIO DI C.R. & C. SAS;

– intimato –

nonchè da:

IMMOBILIARE NAVIGLIO DI C.R. & C. SAS in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA SONIA

VULCANO giusta delega in calce;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 69/2011 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 21/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso

incidentale, accoglimento ricorso principale;

udito per il ricorrente l’Avvocato FERRANDO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto ricorso incidentale.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. L’agenzia delle Entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 69/05/11 del 21 settembre 2011 con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni notificato alla Immobiliare Naviglio sas di R.C. & c. in revoca delle agevolazioni (imposta di registro all’10/0 ed imposta ipotecaria e catastale in misura fissa) da quest’ultima fruite sull’acquisto, in data (OMISSIS), di un terreno edificabile (L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3).

La commissione tributaria regionale ha rilevato, in particolare, che: – il presupposto dell’agevolazione, costituito dall’utilizzazione edificatoria dell’area entro cinque anni dal suo acquisto, doveva ritenersi realizzato con il semplice avvio, nel quinquennio, della edificazione in conformità agli strumenti urbanistici ed ai permessi edilizi, non già con la completa ultimazione dell’opera; – dal certificato comunale rilasciato il (OMISSIS) risultava che i lavori in questione erano stati iniziati il (OMISSIS) (dunque nel quinquennio dall’acquisto) e che, alla data del certificato medesimo, erano in corso le opere strutturali con completo assorbimento della capacità edificatoria assegnata.

La Immobiliare Naviglio resiste con controricorso, opponendo preliminarmente eccezione di inammissibilità sia dell’appello sia del ricorso per cassazione, in quanto proposti dall’agenzia delle entrate oltre il termine “lungo” semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009.

Formula inoltre cinque motivi di ricorso incidentale, costituenti riproposizione in questa sede degli originari motivi di opposizione agli avvisi di liquidazione in oggetto.

p. 2.1 L’eccezione di inammissibilità per tardività dell’appello e del ricorso per cassazione è infondata.

Si osserva infatti che tali impugnazioni sono state dall’agenzia delle entrate entrambe correttamente proposte – avverso sentenze di merito non notificate – nel rispetto del termine decadenziale “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c.; individuabile in quello “annuale” vigente anteriormente alle modificazioni apportate alla norma in esame dalla L. n. 69 del 2009 (segnatamente, tenuto conto della sospensione feriale: – appello notificato il 4 ottobre 2010, a fronte di sentenza di primo grado depositata il 23 febbraio 2010; – ricorso per cassazione notificato il 5 novembre 2012 a fronte di sentenza di appello depositata il 21 settembre 2011).

Risulta, in particolare, che il ricorso introduttivo del presente giudizio sia stato dalla contribuente notificato a mezzo posta mediante consegna del plico raccomandato all’ufficio postale in data 3 luglio 2009 (così l’avviso di spedizione, in atti); dunque, prima dell’entrata in vigore (4 luglio 2009) della L. n. 69 del 2009e del “dimezzamento” del termine lungo di impugnazione da quest’ultima apportato (art. 58, comma 1. L. cit.).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla società controricorrente, non si ritiene che la data di instaurazione del processo (da considerarsi, ai fini del “nuovo” termine di gravame di cui alla L. n. 69 del 2009 cit., con riguardo al primo grado di giudizio, e non ai successivi gradi di impugnazione della cui tardiva proposizione si discuta: Cass. nn. 6784/12; 14267/15 ed altre) debba qui individuarsi in giorno successivo al 3 luglio 2009; non potendosi a tal fine attribuire rilievo nè alla data del deposito del ricorso notificato presso la segreteria della commissione tributaria provinciale D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 22 (nella specie intervenuto il 24 luglio 2009), nè a quella dell’effettiva ricezione del ricorso dalla controparte agenzia delle entrate (data non risultante dagli atti di causa, ma ragionevolmente successiva al 4 luglio 2009, considerati i necessari tempi tecnici di consegna del plico con servizio raccomandato).

Si osserva, in proposito, che il processo avanti alla commissione tributaria provinciale – avente tipica natura impugnatoria dell’atto amministrativo di imposizione – si propone mediante notifica del ricorso (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 1 e art. 16, commi 2 e 3).

Ed è proprio con tale notifica (solo con questa) che si manifesta la volontà di impugnazione della parte contribuente; e che, al contempo, si pone in essere l’unico atto idoneo ad impedire la decadenza – se siano rispettati i 60 giorni dalla notificazione dell’atto impositivo – e, con essa, la definitività di quest’ultimo.

Non varrebbe obiettare che, in materia tributaria, la notificazione del ricorso connotato dalla editio actionis, non anche dalla vocatio in jus – non implica ancora alcun “contatto” tra la parte ed il giudice, il quale viene investito del processo unicamente con il deposito, presso la segreteria della commissione tributaria provinciale, del ricorso notificato; deposito al quale si correla la costituzione del ricorrente mediante iscrizione a ruolo del giudizio. Come già stabilito da questa corte (Cass. 27508/14, richiesta di accertare la pendenza della lite ai fini del “condono” L. n. 289 del 2002, ex art. 16, ma affermativa di principi di valenza generale in materia di introduzione del giudizio tributario), la costituzione in giudizio del ricorrente, pur integrando incombente necessario da osservarsi a pena di inammissibilità ex art. 22 cit. (diversamente da quanto accade nel giudizio civile ordinario ex art. 168 c.p.c., nel quale l’iscrizione a ruolo della causa può essere eseguita anche dal convenuto, nella contumacia dell’attore), presuppone la pregressa pendenza della lite; appunto procurata con la notificazione del ricorso. In maniera tale che il mancato deposito del ricorso nel termine di legge, con la relativa costituzione del ricorrente, preclude la prosecuzione di un giudizio già proposto; venendo, con ciò, a rappresentate una condizione – non già di venuta ad esistenza dello stesso – ma di sua idoneità al conseguimento di una pronuncia di merito.

Del resto – a differenza di quanto accade in altre tipologie di contenziosi attivati con ricorso, nei quali la presa di contatto con l’ufficio giudiziario, mediante la richiesta di fissazione di udienza, è antecedente alla notificazione del ricorso stesso alla controparte – in ambito tributario tale incombenza preventiva non è prevista; sicchè gli elementi necessari e sufficienti a dare impulso al processo ed a costituire il contraddittorio si ritrovano tutti nel contenuto essenziale del ricorso notificato all’ente impositore, così come descritto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18.

p. 2.2 Appurato – con soluzione necessariamente unitaria, perchè valevole per ogni effetto sostanziale o processuale della litispendenza, compreso quello di individuazione della legge applicabile al rito – che il giudizio in materia tributaria si introduce con la notificazione del ricorso, e non con il deposito del medesimo nella segreteria della commissione tributaria adita, resta da valutare se assuma a tal fine rilevanza il momento di perfezionamento della notificazione mediante consegna del ricorso al destinatario, ovvero il momento di avvio della notificazione mediante consegna del plico all’agente notificatore.

L’orientamento generale di legittimità è nel senso che si debba avere riguardo al completamento del procedimento di notificazione dell’atto introduttivo della causa e, pertanto, al momento di consegna dell’atto al destinatario (SSUU 9535/13 sul rapporto tra litispendenza e riparto di giurisdizione). Ciò anche in considerazione del fatto che il noto principio di “scissione” degli effetti soggettivi della notificazione tra notificante e destinatario (sebbene di portata generale, e quindi estensibile ad ogni forma di notificazione) non ha ragione di operare in materia di determinazione della pendenza della lite, imponendosi invece “ogniqualvolta dall’individuazione della data di notificazione possano discendere decadenze, o altri impedimenti, distintamente a carico dell’una o dell’altra parte” (SSUU cit.). Analogamente si è espressa (in sede di accertamento della data di introduzione dell’impugnazione al fine dell’applicabilità dell’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater) Cass. SSUU 3774/14; secondo la quale si deve avere riguardo “al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario, e non a quello in cui la notifica è stata richiesta all’ufficiale giudiziario o l’atto è stato spedito a mezzo del servizio postale secondo la procedura di cui alla L. 21 gennaio 1994, n. 53”.

Va però considerato che – nella peculiarità della presente fattispecie, nella quale si discute della decadenza dall’impugnazione in cui sarebbe incorsa la parte destinataria dell’atto – l’eventuale applicazione del principio di scissione degli effetti soggettivi della notificazione non risponderebbe allo scopo suo proprio; che non è quello di ingenerare preclusioni a carico del destinatario, ma quello di tutelare il notificante da decadenze o impedimenti nei quali egli stesso sia incorso a causa di un differimento temporale del processo notificatorio a lui non imputabile.

Nel caso qui in esame – avente ad oggetto l’introduzione, in primo grado, del giudizio tributario mediante spedizione a mezzo del servizio postale – soccorre piuttosto un dato normativo specifico e decisivo, costituito del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 2. In base al quale il ricorso tributario può essere proposto anche a mezzo del servizio postale mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento; nel qual caso, “il ricorso si intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate”.

In coerenza con questa previsione, si richiede (art. 22, comma 1) che, al momento della costituzione in giudizio del ricorrente, venga depositato nella segreteria della commissione tributaria adita – in caso di spedizione del ricorso per posta – la fotocopia della ricevuta di “spedizione” del plico per raccomandata; risultando necessaria l’allegazione della prova del regolare “ricevimento” del plico solo “se” e “quando” si imponga di verificare l’effettiva regolarità dell’integrazione del contraddittorio.

Ne deriva che, in ambito tributario, la rilevanza dirimente del momento di spedizione del ricorso quale momento introduttivo del giudizio discende direttamente dalla legge; con conseguente applicazione, nel caso di specie, della legge processuale (ancora) vigente alla data del 3 luglio 2009 (termine di impugnazione “annuale”).

p. 3.1 Con l’unico motivo di ricorso principale l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33 e art. 2645 bis c.c., comma 6. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto sufficiente, ai fini dell’agevolazione sugli acquisti di immobili siti in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, l’avvio dei lavori di edificazione nel quinquennio; là dove era invece necessario che, nel quinquennio, si verificasse la piena utilizzazione edificatoria dell’area, quantomeno fino al limite indicato dell’art. 2645 bis c.c., u.c., applicabile in via analogica (costruzione al rustico con mura perimetrali e copertura).

p. 3.2 Il motivo è fondato.

In base alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, applicabile ratione temporis: “I trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento”.

L’agevolazione intende promuovere – attenuando l’incidenza fiscale sul primo costo operativo individuabile nel prezzo di acquisto dell’area edificabile – l’edificazione delle aree secondo i piani particolareggiati e gli altri strumenti urbanistici a questi ultimi equiparabili. A tal fine si è affermato che non occorre che la convenzione edilizia sussista già al momento dell’acquisto, ben potendo intervenire anche in un momento successivo; a condizione che l’edificazione avvenga comunque nel quinquennio dall’acquisto dell’area.

La ratio dell’agevolazione presuppone che, entro il termine di cinque anni discrezionalmente individuato dal legislatore in quanto da questi ritenuto congruo in rapporto ai tempi medi di edificazione, quest’ultima sia portata a compimento. In maniera tale che l’agevolazione fiscale trovi riscontro nella effettiva edificazione dell’area entro un termine non troppo lungo nè indefinito, appunto fissato nel quinquennio. In altri termini, il beneficio viene accordato sul presupposto che lo sviluppo pianificato del territorio che esso vuol favorire, non solo si verifichi, ma si verifichi entro un ben determinato e ragionevole arco temporale.

Sul piano logico e sistematico, d’altra parte, che nel termine assegnato l’acquirente sia richiesto, non già di semplicemente programmare ovvero avviare i lavori, bensì di portarli a sostanziale compimento mediante completa “utilizzazione edificatoria” dell’area, si evince sia dalle analoghe disposizioni che hanno storicamente preceduto l’agevolazione ex L. n. 388 del 2000, sia da quelle successive.

La L. n. 408 del 1949, art. 14 (L. Tupini), stabiliva infatti che: “Sono concessi il beneficio dell’imposta fissa di registro e quello della riduzione al quarto dell’imposta ipotecaria per gli acquisti di aree edificabili e per i contratti di appalto, quando abbiano per oggetto la costruzione delle case di cui al precedente art. 13, purchè la costruzione sia iniziata, ed ultimata entro i termini stabiliti nello stesso art. 13”.

La L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1 (legge finanziaria 2008), commi da 25 a 28, nel riordinare la disciplina applicabile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali ai trasferimenti di immobili siti in aree individuate dai piani urbanistici particolareggiati, ha trasfuso la norma agevolativa nell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2014, per effetto del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 10), che prevedeva che “Se il trasferimento ha per oggetto immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto: 1 per cento”.

Su questa linea si è affermato da Cass. ord. 29158/11, in motiv., che: “(…) altro infatti è il requisito della vocazione edificatoria di un’area (che si ravvisa tutte le volte in cui l’immobile si trovi in un’area soggetta ad uno strumento urbanistico che consenta ai fini della edificabilità gli stessi risultati del piano particolareggiato: Corte Cass. 5, sez. 20.6.2008 n. 16835); altro è la effettiva trasformazione dell’area mediante esercizio della attività edilizia, dovendo intendersi per “avvenuta utilizzazione edificatoria una innovazione che comporti un intervento edilizio definibile in relazione agli elementi strutturali minimi indispensabili a riconoscerlo come tale, in relazione alla specifica tipologia di costruzione assentita dal provvedimento amministrativo; pertanto, con riferimento alle opere di tipo residenziale, tali elementi possono ritenersi integrati dalla realizzazione del cd. “rustico” e dal completamento della copertura, mentre per le opere edilizie diverse occorrerà riferirsi al completamento delle caratteristiche funzionali delle stesse (arg. L. n. 47 del 1985, ex art. 31, comma 2 e art. 2945 bis c.c., u.c.)”.

Ferma restando l’esigenza di effettiva utilizzazione edificatoria nel quinquennio, non essendo sufficiente il semplice avvio dei lavori di costruzione con ottenimento delle relative autorizzazioni amministrative, il requisito di agevolazione può pertanto individuarsi, in analogia con quanto disposto dell’art. 2645 bis c.c., u.c., anche quando l’edificio, ancorchè non del tutto completato, sia stato pur tuttavia eseguito al rustico, con mura perimetrali e copertura. Così da assumere nitide caratteristiche funzionali e di reale trasformazione edificatoria del suolo, in verificabile conformità alle prescrizioni urbanistiche che hanno consentito l’intervento e giustificato l’agevolazione.

Nel caso di specie, il giudice di rinvio – che si è erroneamente attenuto al criterio dell’inizio dei lavori di edificazione – dovrà dunque riverificare la situazione di fatto in maniera tale da stabilire qual era il concreto stato di completamento della costruzione allo scadere del quinquennio.

Questo nuovo accertamento di fatto a fortiori si impone – alla luce del suddetto principio di diritto – stante la non univocità di quanto certificato dal Comune; secondo cui, nell’aprile 2009, alla mancata ultimazione delle opere strutturali di copertura (definite “ancora in corso”) si associava l’avvenuto assorbimento dell’intera volumetria e dell’intera superficie utile assentita.

p. 4.1 Con il ricorso incidentale, la Immobiliare Naviglio ripropone gli ulteriori motivi di opposizione all’avviso di liquidazione già ritenuti assorbiti dal primo giudice, e non più esaminati dal secondo, quali: – sottoscrizione dell’avviso da parte di un soggetto diverso dal direttore dell’ufficio, ed in difetto di valida delega da quest’ultimo rilasciata; – difetto di motivazione dell’atto impositivo in punto liquidazione delle maggiori imposte e stato di edificazione dell’area; – mancata allegazione all’avviso dell’atto di trasferimento; – inesistenza dei presupposti di applicazione delle sanzioni, stante l’insussistenza di un obbligo di denuncia di mancata utilizzazione edificatoria nonchè, in ogni caso, l’incertezza interpretativa della norma tributaria.

p. 4.2 Si tratta di motivi di ricorso incidentalmente proposti dalla parte vittoriosa in appello, e relativi ad aspetti che il giudice di merito ha ritenuto assorbiti.

Ne deriva la loro inammissibilità, in forza del costante orientamento di legittimità secondo cui: “è inammissibile il ricorso incidentale, sia pure condizionato, con il quale la parte vittoriosa in sede di merito riproponga questioni su cui i giudici di appello non si sono pronunciati, avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata; in quanto tali questioni, nel caso di cassazione della sentenza, rimangono impregiudicate e possono essere dedotte davanti al giudice di rinvio” (Sez. 5, Sentenza n. 574 del 15/01/2016, Rv. 638333)”; e, ancora: “il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza (non ricorrendo altrimenti l’interesse processuale a proporre ricorso per cassazione), cosicchè è inammissibile il ricorso incidentale con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito, perchè non esaminate o ritenute assorbite, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza” (Sez. 5, Ordinanza n. 23548 del 20/12/2012, Rv. 625035), ed altre.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso principale;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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