Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1169 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 21/01/2021), n.1169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26336/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

BERG S.R.L. in liquidazione in persona del suo legale rappresentante

pro tempore e G.M. in proprio, rappresentai e difesi

giusta delega in atti dall’Avv. Prof. Giuseppe Marini (PEC

qiuseppemarini.ordineavvocatiroma.orq) con domicilio eletto presso

il ridetto difensore in Roma, Via di Villa Sacchetti n. 1;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Veneto, sez. staccata di Mestre, n. 517/30/14 depositata il

25/03/2014 non notificata,

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha rigettato sia l’appello principale dell’Ufficio, sia l’appello incidentale della società contribuente e quindi confermato la sentenza della CTP che aveva ritenuto in parte legittimo l’atto impugnato, cartella di pagamento per iva 2008 confermando la sola pretesa per sanzioni ed annullandolo quanto al recupero della maggiore IVA;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a tre motivi; resiste con controricorso la società contribuente, che propone anche ricorso incidentale articolato in due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso principale si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente confuso il diritto al rimborso del credito formatosi nell’anno 2007 (per il quale la contribuente non aveva presentato la dichiarazione) con la legittimità del riporto in dichiarazione, con ciò ritenendo illegittimo il recupero del credito stesso per mezzo della cartella di pagamento in quanto sarebbe stato necessario procedere ad esso con avviso di accertamento;

– il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR ritenuto sussistente il credito Iva anche in difetto della presentazione della dichiarazione (che ne sarebbe fonte) iva per l’anno 2007;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 per avere la CTR erroneamente ritenuto necessario l’accertamento della reale sussistenza del credito;

– tutti i motivi possono trattarsi congiuntamente, in quanto strettamente connessi sia logicamente sia giuridicamente; nel complesso si rivelano tutti privi di fondamento;

– sul punto infatti, questa Corte ha stabilito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17757 del 08/09/2016) che la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili;

– nel caso che ci occupa, la CTR ha fondato la propria decisione secondo la circostanza per la quale è stata ritenuta provata la sussistenza del credito contestato, stante l’effettività dell’eccedenza di iva a credito come risultante dalle scritture contabili; e tale accertamento di fatto, non più censurabile, si impone sulle considerazioni in diritto relative alla corretta modalità con la quale è stata azionata la maggior pretesa tributaria;

– pertanto, i motivi secondo e terzo sono infondati; dal rigetto di tali motivi deriva l’inammissibilità del primo motivo per difetto di interesse del ricorrente;

– infatti, (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 8755 del 10/04/2018) risulta inammissibile, in sede di giudizlio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente una ratio decidendi della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse;

– pertanto, il ricorso principale va rigettato;

– venendo all’esame dei motivi di ricorso incidentale, risulta fondato il secondo mezzo, con il quale la contribuente deduce violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 5 e 13; del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per avere il giudice dell’appello confermato – sia pure annullando la cartella impugnata – la debenza delle sanzioni, rideterminate nella misura del 12% del credito Iva oggetto del recupero, oltre agli interessi;

– infatti, è stato più volte affermato da questa Corte che i poteri del giudice tributario sono necessariamente limitati al riscontro della consistenza della pretesa fatta valere dall’amministrazione finanziaria con l’atto impositivo, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso enunciati;

– il che vuoi dire che l’Erario aziona una specifica pretesa impositiva, e cioè accerta un determinato debito tributario in capo al contribuente e ne richiede il pagamento; a partire dà tal momento il processo che nasce dall’impugnativa dell’atto autoritativo è delimitato nei suoi confini, da un lato, dalla pretesa tributaria, nel senso che il fondamento e l’entità di questa non possono avere latitudine diversa da quanto dedotto nell’atto impositivo eidall’altro, dai motivi specifici dedotti nel ricorso introduttivo dal contribuente (Cass., Sez. un., n. 30055 del 2008, cit., nonchè, tra le altre, Cass. nn. 4334 del 2002, 20516 del 2006, 17119 del 2007, 6620 del 2009);

– ne deriva che di fronte alla pretesa azionata con la cartella di pagamento, consistente nel recupero del credito Iva in forza della omessa presentazione della dichiarazione per l’anno 2007, l’Erario ha richiesto l’imposta così rideterminata in quanto dovuta, unitamente alle sanzioni conseguenti: questo pertanto il dedotto (maggior imposta e sanzioni) nell’atto impugnato: a fronte di tal pretesa il contribuente ha a sua volta dedotto i motivi di ricorso;

– dall’accoglimento dei motivi in ordine alla pretesa di maggior imposta (ritenuti in questo caso fondati poichè questi ha fornito prova della sussistenza del credito) deve derivare necessariamente l’annullamento dell’atto impugnato non solo quanto alla pretesa – che si è rivelata infondata – ma anche quanto alle conseguenti sanzioni;

– diversamente, come è evidente, il contribuente risulterebbe paradossalmente sottoposto a sanzione a fronte di una violazione sostanziale insussistente; resta ovviamente salvo il potere dell’ufficio, ove ancora in termini, per sanzionare con ulteriore autonomo provvedimento l’omissione formale eventualmente ritenuta in essere;

– alla luce della decisione sul motivo ut supra illustrata, il primo motivo di ricorso incidentale è assorbito;

– conclusivamente, va rigettato integralmente il ricorso principale; il secondo motivo del ricorso incidentale è accolto; è assorbito il primo motivo del ricorso incidentale; la sentenza impugnata è quindi cassata limitatamente al motivo accolto;

– non sussistendo necessità di accertamenti in fatto, la controversia può definirsi con decisione nel merito nel senso dell’accoglimento del ricorso originario del contribuente;

– poichè il ricorso è anteriore alla sentenza di cui si è detto in motivazione che ha risolto in via definitiva la questione dibattuta nel giudizio (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17757 del 08/09/2016), sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso incidentale; dichiara assorbito il primo motivo di ricorso incidentale; rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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