Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1169 del 18/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 1169 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 30078-2014 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017

contro

3816

DE SENA ANNA MARIA;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 18/01/2018

DE SENA ANNA MARIA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio
dell’avvocato STEFANO D’ACUNTI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PIER LUIGI LORENTI,
giusta delega in atti;

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4837/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/09/2014 R.G.N.
10439/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l’Avvocato FRANCESCA BONRATE per delega verbale
LUIGI FIORILLO;
udito l’Avvocato STEFANO D’ACUNTI.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

RG 30078/2014
FATTI DI CAUSA
Con sentenza 22 settembre 2014, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello
principale proposto da Poste Italiane s.p.a. e quello incidentale da Anna Maria De
Sena avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato la dequalificazione

pagamento, in suo favore, della somma di C 14.026,65 per danno biologico e di C
17.226,09 per spese mediche, rigettandone le altre domande.
A motivo della decisione, la Corte territoriale ribadiva il dimostrato
demansionamento della lavoratrice per il periodo accertato dal Tribunale (a causa
dello svolgimento nell’anno 2000 di mansioni deteriori rispetto a quelle di
direttrice o di coordinamento, coerenti con la sua qualifica di quadro di primo
livello; neppure risultando a quali compiti ella avesse assolto dal 2001, prima dei
prolungati periodi di assenza negli anni 2004 e 2005) e così pure il danno
biologico riconosciutole, causalmente dipendente, sulla base della C.t.u. medicolegale esperita, dalla illegittima condotta datoriale.
Infine, la Corte capitolina escludeva, come già il primo giudice, la specifica
allegazione di un danno non patrimoniale, pure rivendicato dalla lavoratrice.
Con atto notificato il 12 dicembre 2014, Poste Italiane s.p.a. ricorreva per
cassazione con quattro motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso
contenente ricorso incidentale con due motivi, cui replicava la società datrice con
controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per error in
procedendo

consistente nella violazione della corrispondenza tra chiesto e

pronunciato e mancata motivazione sui motivi di appello, per omessa pronuncia
su quelli riguardanti le ragioni del ravvisato demansionamento, in base a parziali
e discutibili risultanze istruttorie, in difetto di esercizio dei poteri previsti dall’art.
421 c.p.c., senza alcuna motivazione.

professionale della seconda dal maggio 2000 e condannato la prima al

RG 30078/2014
2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 2103, 2697 c.c., 112,
113, 115, 116, 136, 414, 416, 420, 421, 437 c.p.c., omesso esame di fatti
decisivi per il giudizio, per la genericità e inattendibilità delle dichiarazioni rese
dalla teste Mazzocchi, sulle quali era esclusivamente fondato l’accertato

deduzioni formulate e l’intimazione di testi non comparsi, senza ricorso ad alcun
mezzo di coazione per la loro audizione da parte del Tribunale, che anzi
dichiarava la decadenza della società datrice dalla prova.
3.

Con il terzo, la ricorrente deduce nullità della sentenza per

error in

procedendo, violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, mancata
motivazione sul secondo motivo di appello, per omessa pronuncia in ordine alla
censura di assenza di prova del danno biologico, riconosciuto alla lavoratrice in
base a C.t.u. medico-legale nel senso di una verosimile ricorrenza del nesso
causale tra condotta datoriale e danno.
4. Con il quarto, la ricorrente deduce violazione degli artt. 2043, 2087, 2697 c.c.,
113, 115, 116 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per
adesione acritica della Corte alle conclusioni della C.t.u. medico-legale in termini
di verosimiglianza, senza giustificazione nonostante la censura formulata.
5. Con il primo motivo, la lavoratrice a propria volta deduce, in via di ricorso
incidentale, come error in procedendo, violazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c., 118
disp. att. c.p.c., 112 c.p.c. per omessa pronuncia ed omesso esame del fatto
decisivo di individuazione del momento di intervenuto demansionamento, da
collocare in epoca ben anteriore al maggio 2000, come risultante dalle scrutinate
risultanze istruttorie, oggetto di specifica censura in appello non esaminata dalla
Corte territoriale.
6. Con il secondo, ella deduce, ancora come error in procedendo, violazione degli
artt. 132 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 112 c.p.c. per omessa pronuncia e
mancato esame del fatto decisivo di ritenuta insussistenza di danni ulteriori
rispetto al biologico.

demansionamento, in assenza dell’integrazione istruttoria richiesta con le

RG 30078/2014
7. Il primo motivo principale, relativo a nullità della sentenza per la violazione del
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, mancata motivazione sui
motivi di appello ed omessa pronuncia sulle ragioni del ravvisato
demansionamento della lavoratrice, è infondato.

disposta dall’art. 54 d.l. 83/2012, convertito in I. 134/2012, l’omessa pronuncia
continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e
dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi
completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo
implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del
caso concreto; al contrario, il vizio motivazionale presuppone che un esame della
questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di
merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto
storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto
l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, con irrilevanza invece del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass. 20
novembre 2015, n. 23828).
7.2. Sicché, nel caso di specie, al di là dell’evidente contraddittorietà dei due vizi
denunciati, non sussiste vizio né di omessa pronuncia, in quanto essa è stata
resa sul mezzo di impugnazione, né di omesso esame di un fatto, consistente
nell’esistenza o meno del demansionamento nel periodo in oggetto e non già in
dati ridondanti effetti sulla valutazione probatoria delle risultanze istruttorie,
evidentemente insindacabile (tanto più nel regime del novellato art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c., che preclude nel giudizio di cassazione l’accertamento dei
fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori: Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053;
Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21
ottobre 2015, n. 21439).

7.1. Anche dopo la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c.,

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Il demansionamento in questione è stato, infatti, oggetto di valutazione dalla
Corte territoriale, sia pure con una motivazione succinta (ai primi due capoversi
di pg. 2 della sentenza), ma non apparente né perplessa o obiettivamente
incomprensibile.

115, 116, 136, 414, 416, 420, 421, 437 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi per
il giudizio, per la genericità e inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla teste
Mazzocchi di esclusivo fondamento del demansionamento accertato, è infondato.
8.1. Non sussistono, ad avviso di questa Corte, le violazioni di legge denunciate,
in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie
concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante
specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata
che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della
fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di
legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28
febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).
8.2. In particolare riferimento alla denunciata inversione dell’onere probatorio per
il ravvisato demansionamento della lavoratrice per il periodo successivo all’anno
2000, la Corte territoriale ha esattamente applicato il principio di diritto secondo
cui, quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto
adempimento dell’obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2103
c.c., incombe su quest’ultimo l’onere di provare l’esatto adempimento del proprio
obbligo: o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento,
ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri
imprenditoriali o disciplinari oppure, in base all’art. 1218 c.c., a causa di
un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. 3
marzo 2016, n. 4211; Cass. 6 marzo 2006, n. 4766).
Nel rispetto dell’illustrato principio di diritto, essa ha quindi operato una
valutazione probatoria in ordine alla mancata dimostrazione dei compiti in
concreto assegnati alla lavoratrice presso gli uffici cui assegnata (così al secondo

8. Il secondo motivo, relativo a violazione degli artt. 2103, 2697 c.c., 112, 113,

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capoverso di pg. 2 della sentenza), evidentemente insindacabile per le ragioni
dette.
9. Il terzo motivo, relativo a nullità della sentenza per violazione del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, mancata motivazione sul secondo

del danno biologico riconosciuto alla lavoratrice, è infondato.
9.1. E lo è per le stesse ragioni indicate nello scrutinio del primo motivo, alla luce
della pronuncia in merito resa e dell’esame del fatto obiettivo condotto dalla
Corte territoriale (al sesto capoverso di pg. 2 della sentenza).
10. Il quarto motivo, relativo a violazione degli artt. 2043, 2087, 2697 c.c., 113,
115, 116 c.p.c., omesso esame del fatto decisivo dell’adesione acritica del giudice
alle conclusioni della C.t.u. medico-legale in termini di verosimiglianza, è
parimenti infondato.
10.1. Appare infatti sufficiente l’adesione della Corte territoriale alla C.t.u. medico
– legale (così al sesto capoverso di pg. 2 della sentenza),

per relationem agli

accertamenti e alle conclusioni cui essa (come da integrale trascrizione della
relazione a pgg. da 51 a 56 del ricorso) è pervenuta sulla base dei certificati e
della documentazione clinica consultata: nel senso dell’esistenza (sia pure
prudentemente attenuata da una valutazione di verosimiglianza, non
interpretabile come conclusione falsificabile in senso contrario) di un

“nesso

causale tra le patologie lamentate dalla ricorrente e la condotta datoriale
dall’anno 2000 al 2007″e di una condizione della lavoratrice, che “con i molteplici
cambi di incarico ha maturato una diminuzione della propria autostima che la
portarono a dover ricorrere all’ausilio di terapie di sostegno farmacologiche e
psicologiche” (così a pg. 5 della relazione: senza alcuna affermazione dubitativa
nell’individuazione del rapporto causa – effetto).
Il tenore delle censure della società datrice neppure rendeva necessaria una
particolare illustrazione argomentativa dalla Corte capitolina delle ragioni di tale
scelta, in assenza di critiche puntuali e dettagliate, tanto meno di un consulente
di parte (Cass. 21 novembre 2016,n. 23637; Cass. 24 aprile 2008, n. 10688),

motivo di appello, per omessa pronuncia in ordine alla censura di mancata prova

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alla relazione di C.t.u.: posto che l’unico oggetto di contestazione è stato la
ricorrenza del nesso causale ed essenzialmente per la citata espressione
prudenzialmente adottata.
11. Il primo motivo incidentale, relativo a violazione, come error in procedendo,

ed omesso esame esame del fatto decisivo di anteriorità del momento di
demansionamento, è infondato.
11.1. Il vizio denunciato di mancata motivazione non sussiste, occorrendo, agli
effetti di cui all’art. 132, n. 4 c.p.c., che essa manchi del tutto (nel senso che alla
premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo
segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione) ovvero che
essa esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni
siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla,
cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 18 settembre 2009,
n. 20112): il che evidentemente non si verifica nel caso di specie.
11.2. E parimenti non ricorre omissione di pronuncia, per le ragioni già esposte in
riferimento al primo motivo principale, difettando un’obliterata considerazione
della domanda né dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale
ometta del tutto perfino un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito,
di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso
concreto. Né sussiste, al contrario, vizio motivazionale a norma dell’art. 360,
primo comma, n. 5 c.p.c., il quale presuppone che un esame della questione
oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito; ma
che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico,
oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra
affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile”; nell’irrilevanza invece del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass. 20 novembre 2015, n.
23828).

degli artt. 132 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 112 c.p.c. per omessa pronuncia

RG 30078/2014
11.3. Sicchè, il mezzo verte piuttosto nella critica dell’esercizio di apprezzamento
delle prove non legali da parte del giudice di merito.
Ma esso non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione,
non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.

secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali,
abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo
per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, che, per il tramite dell’art. 132,
n. 4, c.p.c., dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in
violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 10 giugno 2016, n.
11892): ciò che non ricorre nel caso di specie, per le ragioni illustrate, sia pure
succintamente (al primo periodo di pg. 2 della sentenza) come, d’altro canto, per
tutti gli altri profili.
12. Il secondo motivo, relativo a violazione, come error in procedendo, degli artt.
132 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 112 c.p.c. per omessa pronuncia e mancato
esame della ritenuta insussistenza di danni ulteriori rispetto al biologico, è
inammissibile.
12.1. Esso difetta di specificità, prescritta a pena di inammissibilità dall’art. 366,
primo comma, n. 4 c.p.c., sotto il profilo di violazione del principio di
autosufficienza, per la mancata trascrizione del ricorso introduttivo (Cass. 24
maggio 2006, n. 12362; Cass. 27 febbraio 2009, n. 4849; Cass. 15 luglio 2015,
n. 14784), rispetto al quale la Corte territoriale ha accertato la carenza in esso di
deduzione di

“circostanze idonee ad evidenziare la sussistenza … di un

pregiudizio alla carriera oppure l’impoverimento di bagaglio professionale e
ripercussioni del demansionamento sulla vita privata della lavoratrice”

(così

all’ottavo capoverso di pg. 2 della sentenza).
12.2. Ed ulteriore profilo di inammissibilità è integrato dalle ragioni esposte in
riferimento al precedente mezzo scrutinato.

(che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o

RG 30078/2014
13. Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto di entrambi i
ricorsi con la compensazione delle spese del giudizio tra le parti, reciprocamente
soccombenti.

La Corte
rigetta entrambi i ricorsi, principale e incidentale; dichiara interamente
compensate le spese del giudizio tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13 comma lquater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale
e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma
del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2017

Il consigli

est.

Il Presidente

P.Q.M.

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