Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11689 del 08/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 08/06/2016), n.11689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10761/2015 proposto da:

COMUNE di MESSINA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI N. 93, presso lo studio

dell’avvocato DAMIANO COMITO, rappresentato e difeso dall’avvocato

GABRIELLA CALANDRA MANCUSO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ZERONOVANTA SRL, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO ALESSI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIANMARCO ABBADESSA, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2812/27/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, sezione distaccata di MESSINA, depositata il

29/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Comune di Messina emise avviso di accertamento avente ad oggetto tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani per gli anni 2005, 2006 e 2007, scaturito dall’accertamento dell’omessa dichiarazione dell’unità immobiliare di proprietà del controricorrente, adibita a commercio al dettaglio ed ubicata all’interno del ” (OMISSIS)”.

Il ricorso proposto avverso l’atto impositivo venne accolto dall’adita Commissione Tributaria Provinciale la quale riteneva che, a norma dell’art. 10 del Regolamento emanato dal Comune di Messina del 17.5.2002, i rifiuti speciali derivanti da “strutture commerciali costituite da ipermercato e annesso centro commerciale integrato” non sono assimilati ai rifiuti urbani, e pertanto devono essere smaltiti a cura e spese dei produttori tramite la stipula di appositi contratti con ditte specializzate, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3.

La decisione, appellata dal Comune di Messina, è stata confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – sezione distaccata di Messina, con la sentenza indicata in epigrafe.

Il Giudice di appello – ritenuto pregiudiziale il giudicato esterno, costituito da sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Messina e formatosi, in senso favorevole ad altro soggetto consorziato operante nel medesimo centro commerciale, sulle medesime questioni in fatto ed in diritto oggetto di esame – ha rilevato che la sentenza, intervenuta per prima, lo legittimava a fondare il proprio convincimento su elementi di prova e di verità a favore del contribuente, contenuti in una sentenza che ha statuito la infondatezza e la illegittimità della pretesa fiscale. La Commissione Regionale, quindi, condivisa la sentenza con autorità di cosa giudicata, rilevava la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del Regolamento n. 19/C del 17.5.2002, del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 184, 188 e 190 e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 ed atteso che il contribuente si era attenuto alla convenzione stipulata con la società che gestisce per conto del Comune di Messina il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, dichiarava illegittima la richiesta impositiva ai fini TARSU poichè il Consorzio aveva provveduto a propria cura e spese allo smaltimento dei rifiuti prodotti dai consorziati tramite conferimento a soggetti abilitati per lo smaltimento dei rifiuti speciali.

Avverso la sentenza il Comune di Messina ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

La contribuente resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. e della fissazione dell’adunanza della Corte in Camera di consiglio, la controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 324 e 346 c.p.c., laddove la Commissione Tributaria Regionale, aveva erroneamente riconosciuto efficacia di giudicato esterno, rilevante nel processo, ad una sentenza resa in diverso procedimento con parti diverse ed avente ad oggetto un distinto rapporto tributario.

1.1. La censura è fondata. Costituisce, invero, orientamento pacifico di questo Giudice di legittimità il principio per cui “in tema di giudicato, qualora due giudizi facciano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due si sia concluso con sentenza definitiva, il principio, secondo il quale l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorchè tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 c.c., ai soggetti posti in condizione di intervenire nel processo (cfr. Cass. n. 2786 del 2006;

id n. 23658 del 2008 e, di recente, Cass. n. 3187 del 18/02/2015).

E’ pur vero che, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, (e premesso che dal principio stabilito dall’art. 2909 c.c. –

secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa – si evince, a contrario, che l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti, e non è vincolante, rispetto ai terzi), il giudicato può, quale affermazione obiettiva di verità, spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale; ma tali effetti riflessi del giudicato, oltre gli ordinari limiti soggettivi, sono impediti quando il terzo sia titolare di un rapporto autonomo e indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile nè che egli ne possa ricevere un pregiudizio giuridico, nè che se ne possa avvalere a fondamento della sua pretesa, salvo che tale facoltà sia espressamente prevista dalla legge, come nel caso delle obbligazioni solidali, ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 2 (cfr., ex plurimis, Cass. nn.ri 250 del 1996, 5320 del 2003, 5381 e 11677 del 2005, 7523 del 2007).

2. Nella specie, la controricorrente è parte di un distinto ed indipendente rapporto obbligatorio con il Comune, rispetto a quello intercorrente tra questo e la parte del giudizio, conclusosi con sentenza passata in giudicato, indicato nella sentenza impugnata, con la conseguenza che il giudicato intervenuto nella controversia tra questi ultimi non ha, differentemente da quanto erroneamente ritenuto dalla C.T.R. siciliana, alcuna efficacia vincolante nel presente giudizio (cfr. Cass. n. 691 del 13/01/2011; id. n. 24558 del 02/12/2015).

3. L’accoglimento del primo motivo, con la conseguente negazione dell’autorità di giudicato vincolante sulla quale è, invece, integralmente fondata la sentenza impugnata, comporta l’assorbimento di tutti i restanti motivi.

4. Ne consegue, in accoglimento del solo primo motivo di ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio per il riesame ed il regolamento delle spese processuali di questo giudizio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione.

PQM

La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle pese, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016

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