Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11686 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 05/05/2021), n.11686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10806/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Credit Securitization L.L.C. rappresentata e difesa dall’avv. Eugenio

Della Valle e dall’avv. Giuseppe Marini con domicilio eletto presso

lo studio del primo in Roma, via Lima, 7, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 5721/13/17, depositata il 4.10.2017;

Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 12.11.2020 dal

Consigliere Rosaria Maria Castorina.

Udito il PG in persona del sostituto Tommaso Basile il quale ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avvocato dello Stato Carlo Maria Pisani per la ricorrente.

Udito l’Avvocato Eugenio Della Valle per la controricorrente.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 5721/13/2017, depositata in data 4.10.2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 11948/2015 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da Immobiliare Credit Securitization s.r.l. (di seguito:(CS) nei confronti dell’avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo all’anno di imposta 2007.

L’avviso di accertamento traeva origine da un processo verbale emesso dalla Guardia di finanza con riferimento ad alcuni contratti di leasing inseriti in operazioni più complesse, coinvolgenti numerose società e volte a frodare il fisco.

L’Agenzia delle Entrate constatava operazioni immobiliari riconducibili allo schema di frode attuata attraverso la Sopravvalutazione di Leasing Immobiliare (cd. modello SL.IM).

L’operazione veniva posta in essere attraverso l’interposizione di 4 società fittizie (la Immobiliare Baldo degli Ubaldi s.r.l., la Immobiliare Jovinelli s.r.l., la Immobiliare Italian Hospital Group s.r.l. e la Sviluppo Aree urbane s.r.l., tutte successivamente fallite) a vantaggio di due società beneficiarie (la odierna resistente e la Credec s.p.a.) entrambe riconducibili all’amministratore di fatto L.S..

La resistente avrebbe rappresentato contabilmente la spesa fittizia per canoni di leasing, ogni arino deducendoli come costo e portando in detrazione l’Iva esposta nelle fatture spiccate dalla società di leasing.

Lo schema dell’operazione come individuato dall’ufficio era sostanzialmente il seguente: la società Alfa cede un immobile alla società Beta per un prezzo corrispondente al suo effettivo valore.

La società Beta, che è un soggetto che non adempie ai propri obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte, a breve distanza di tempo vende l’immobile ad una società di leasing ad un prezzo molto più elevato di quello del precedente acquisto. In tal modo si carica di oneri fiscali per plusvalenze ed Iva derivanti dalla vendita a prezzo maggiorato che poi non assolve. L’acquirente concede in leasing l’immobile alla società Gamma riconducibile, insieme a Beta, agli stessi soggetti la quale a sua volta loca il cespite a terzi. La società di leasing assoggetta ad IVA (con conseguente detraibilità dell’imposta, peraltro non versata dalla società Beta) un negozio di finanziamento che sarebbe esente. La società Gamma, utilizzatrice dl bene, imputa a conto economico l’importo del finanziamento inoltre registra le fatture di acquisto relativa ai maxi canoni di leasing, vantando crediti milionari nei confronti del fisco.

Nella specie le società di leasing stipulavano, alla data dell’acquisto degli immobili, un contratto di locazione finanziaria che vedeva beneficiaria la ICS s.r.l..

L’ufficio ha recuperato a tassazione i costi, in tesi indebitamente dedotti a titolo di canoni leasing, corrisposti dalla società contribuente e l’Iva esposta nelle relative fatture.

La CTR rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) l’ufficio non aveva fornito prova del reale valore da attribuire ai complessi immobiliari, mentre la società aveva fornito perizie sul prezzo di mercato; b) quanto al ruolo svolto dall’amministratore di fatto L.S. che era verosimile che i rapporti intercorsi tra le diverse società rientrassero nell’ambito dei normali rapporti commerciali; c) non era stata fornita la prova della simulazione negoziale perchè le operazioni erano provate da atti notarili e dalle distinte di pagamento con assegni circolari.

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza, affidando il suo mezzo a tre motivi, illustrati con memoria.

La società contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione di tardività del ricorso per cassazione in quanto notificato oltre le ore 21 dell’ultimo giorno. La Corte Costituzionale con sentenza n. 75 del 19 marzo 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-septies (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45-bis, comma 2, lett. b), (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anzichè al momento di generazione della predetta ricevuta.

Nel caso di specie, alla stregua della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui si è detto, deve, pertanto, ritenersi tempestiva la notifica dell’appello eseguita telematicamente dopo le ore 21, come da avviso di accettazione generato dal sistema, dell’ultimo giorno utile per la proposizione del gravame (Cass. 12224/2020).

2.Osserva il Collegio che la controricorrente ha prodotto con memoria ex art. 380 bis c.p.c., alcune sentenze definitive della CTR e in particolare le sentenze n.ri 2274/8/17 e 2275/8/17 emesse dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in giudizi promossi da Unicredit Leasing s.p.a. su avvisi basati sugli stessi presupposti di quelli oggetto di causa, invocando il definitivo accertamento giudiziale della non censurabilità dei contratti di leasing e dell’assenza di frode.

2.1L’eccezione di giudicato esterno deve essere disattesa. Invero, il giudicato esterno intervenuto in un giudizio determina efficacia vincolante in altro giudizio solo se entrambi i giudizi si siano svolti tra le stesse parti. Nel caso di specie è pacifico che l’accertamento compiuto nelle sentenze è intervenuto tra parti differenti rispetto a quelle del presente giudizio, sicchè in quest’ultimo procedimento nessun valore di giudicato esterno possono assumere le pronunce richiamate.

Nè rilevano a questi fini le transazioni intercorse tra ICS e le curatele dei fallimenti di Immobiliare Italian Hospital Group s.r.l. e di Immobiliare Jovinelli s.r.l..

2.2 Nemmeno può ritenersi l’effetto vincolante dei menzionati giudicati in via riflessa.

invero, con riferimento ai crediti tributari tale effetto è stato riconosciuto in giurisprudenza solo in casi eccezionali, nei quali un accertamento spiega effetti nei confronti di titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in esso definita (come accade nelle società di capitali a ristretta base sociale, con riferimento all’accertamento effettuato nei confronti della società, che esplica efficacia riflessa nei confronti dei soci: cfr. Cass. n. 13989 del 23/05/2019; Cass. n. 24793 del 04/12/2015; Cass. n. 23899 del 24/11/2015) ovvero nelle ipotesi espressamente previste dall’art. 1306 c.c., comma 2, (cfr. da ultimo, Cass. n. 33095 del 16/12/2019).

2.3 Nel caso di specie, peraltro, non sussiste alcuna relazione di dipendenza o di subordinazione tra i diritti per cui è controversia e quelli oggetto di giudicato.

Deve essere, altresì, disattesa l’eccezione di passaggio in giudicato della ripresa Ires per l’anno 2015 contenuta nella sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 4911/06/14. La sentenza è stata appellata dall’ufficio e cassata da questa Corte con la pronuncia 13138/2020.

2.4 Da ultimo deve essere disattesa l’eccezione di passaggio in giudicato della statuizione relativa a “gli avvisi di perdite”, ravvisando la contribuente una autonoma ratio decidendi nel riferimento a atti di accertamento ritenuti legittimi in precedente e separato giudizio.

Il giudicato interno può formarsi solo su capi di sentenza autonomi, che cioè risolvano una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; sono privi del carattere dell’autonomia i meri passaggi motivazionali, ossia le premesse logico-giuridiche della statuizione adottata, come pure le valutazioni di meri presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrono a formare un capo unico della decisione (Cass. 24358/2018).

3.Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta che la CTR ha ritenuto non assolto l’onere della prova su una circostanza che non aveva nesso linferenziale con il fatto oggetto di prova e cioè il valore di mercato diverso da quello indicato negli atti di cessione da parte della società Beta alla società di Leasing.

La censura è fondata.

Osserva il Collegio che, in materia di prova presuntiva, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo che i principi contenuti nell’art. 2729 c.c. siano applicati alla fattispecie concreta al fine della ascrivibilità di questa a quella astratta. Se è vero che è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tuttavia, tale giudizio non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne l’effettiva rilevanza in una valutazione di sintesi (così Cass. 5/5/2017 n. 10973).

E’ stato poi precisato con riferimento alle modalità di svolgimento del procedimento di inferenza logica, come nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorrere che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità; occorre, al riguardo, che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza (vedi Cass. 31/10/2011 n. 22656).

Alla luce delle suesposte premesse, deve ritenersi che la pronuncia impugnata non sia conforme a diritto giacchè, dopo aver esaminato atomisticamente alcuni degli indizi raccolti in sede istruttoria, non li ha valutati complessivamente al fine di ponderarne la valenza probatoria.

Ed invero, come questa Corte insegna, in tema di prova ex art. 2729 c.c., è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova. Non è, invece, consentita l’operazione contraria, vale a dire un apprezzamento atomistico, parcellizzato, di un indizio per volta. In altre parole, costituisce violazione di legge il negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche – in ipotesi – singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non siano in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, ben potendo ognuno rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di reciproco completamento (vedi ex plurimis, Cass. 8/1/2015 n. 63, Cass. 6/6/12 n. 9108; Cass. S.U. 11/1/08 n. 584; Cass. 2/3/2017 n. 5374; Cass. 18822/2018).

La CTR ha escluso la natura fittizia dell’operazione sull’assunto che l’Ufficio non avesse fornito prova del valore di mercato diverso da quello indicato negli atti di cessione da parte della società Beta alla società di leasing, senza nemmeno considerare che l’ufficio aveva invece posto a base della sua ricostruzione la sproporzione tra i corrispettivi di acquisto da parte della società Beta e i corrispettivi della vendita, talvolta avvenuta lo stesso giorno, alle società di leasing. Inoltre ha escluso che L.S.G. svolgesse il ruolo di amministratore “di fatto” sulla base della circostanza che le società “Beta” avevano un proprio amministratore e una propria contabilità.

4. Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per carenza di motivazione e violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e art. 36, comma 3, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Lamenta che la CTR si era limitata ad affermare come fosse verosimile che i rapporti intrattenuti tra le diverse società rientrassero nell’ambito di normali rapporti commerciali ed accordi finanziari dai quali, con particolare riferimento alla circostanza che l’avv. S. svolgesse il ruolo di amministratore di fatto delle società cd “Beta”, non poteva desumersi in modo univoco alcun potere di coordinamento e di gestione di società amministrate da altri soggetti.

La censura è fondata.

Il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre non solo allorquando il giudice di merito abbia omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ma anche quando li abbia indicati senza una loro approfondita disamina logica o giuridica (cfr. Cass., ord. n. 9105/2017), o, ancora, quando la stessa disamina verta su principi generali e fattispecie astratte, senza però ricondurre il ragionamento all’esame della fattispecie concreta oggetto di controversia. Si è anzi riconosciuta l’apparenza della motivazione quando, benchè graficamente esistente, non sia chiaro il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, così che sia lasciato all’interprete il compito di integrazione con varie e ipotetiche congetture (Sez. U, sent. n. 22232/2016). Ciò accade anche in quelle ipotesi in cui le questioni prospettate siano anche pertinenti ed idonee quale materiale di base per altre e successive argomentazioni. Nello sviluppo della motivazione tuttavia tali successive argomentazioni devono seguire, poichè nella tessitura logica della ricostruzione della fattispecie e nella sua valutazione giuridica sono esse a sorreggere infine la decisione del caso concreto. Se mancanti, è l’intero processo motivazionale che viene meno, emergendo un vizio processuale.

D’altronde si reputa mancante del requisito previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e pertanto nulla, Ila sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, senza indicare le ragioni giuridiche o fattuali che il giudice abbia condiviso nel caso concreto (Cass., sent. n. 7402/2017).

In conclusione è necessario che siano percepibili le ragioni della decisione in rapporto al caso concreto, cioè che siano percepibili le argomentazioni obiettivamente idonee a far conoscere l’iter logico seguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, al fine di un effettivo controllo sull’esattezza e pertinenza del ragionamento, in assenza del quale – a prescindere dal confronto con le risultanze processuali- l’anomalia motivazionale implica una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integrando un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione.

Ebbene, nel caso di specie il giudice regionale si è limitato ad osservare che fosse verosimile ritenere che i rapporti intrattenuti tra le diverse società rientrassero nell’ambito di normali rapporti commerciali ed accordi finanziari dai quali, con particolare riferimento alla circostanza che l’avv. S. svolgesse il ruolo di amministratore di fatto della società cd “Beta”, non poteva desumersi in modo univoco alcun potere di coordinamento e di gestione di società amministrate da altri soggetti senza esplicitare, se non in modo apparente, l’iter logico seguito, tanto più alla luce della complessa operazione oggetto della ripresa.

3. Con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 603 del 1972, art. 19, comma 1, e L. n. 633, art. 54, comma 2, e art. 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che la CTR aveva ritenuto che la ricostruzione della frode carosello operata dall’Ufficio fosse inficiata dalla mera esistenza di documenti che ne provavano l’esistenza sul piano formale quali atti notarili e distinte di pagamento di assegni circolari.

La pronuncia della CTR non risulta in linea con la giurisprudenza della Corte formatasi in materia di detrazione dell’IVA correlata ad operazioni inesistenti, (Cass. S.U. n. 21105/17- n. 13148/17 – n. 9851/18-n. 8146/19 n. 23214/19); perchè, pur premesso che la Corte di giustizia ha precisato che “le disposizioni della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme – come modificata dalla direttiva 2002/38/Ce del Consiglio, del 7 maggio 2002, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale…, che neghi a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta del valore aggiunto dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente, e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni, tranne nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare” (Corte giustizia 22/102015, C-277/14), non può revocarsi in dubbio che l’Amministrazione possa fornire tale prova anche mediante presunzioni, come espressamente prevede, per l’IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, analoga previsione è contenuta, per le imposte dirette, nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 39, comma 1, lett. d)), valorizzando nel quadro indiziario elementi quali: la circostanza che la prestazione non sia stata effettivamente resa dal fatturante, perchè sfornito della, sia pur minima, dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione; l’immediatezza dei rapporti (cedente/prestanome fatturante interposto e cessionario/committente) a fronte di una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e ad una non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione; l’instaurazione di rapporti diretti tra il cedente/prestatore effettivo interponente ed il cessionario/committente.

La sentenza impugnata da un lato sostanzialmente pretende che l’Amministrazione debba offrire una prova certa ed incontrovertibile della frode, senza analizzare gli elementi indiziari; dall’altro, non valuta in alcun modo analiticamente gli elementi della fattispecie per verificare se ricorressero nella fattispecie gli indizi che avrebbero dovuto rendere edotta la contribuente, con la diligenza media richiesta ad un imprenditore onesto che opera sul mercato, della frode fiscale.

A tanto provvederà il giudice di rinvio.

La sentenza deve essere, conseguentemente cassata con rinvio alla CTR del Lazio anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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