Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11684 del 26/05/2011

Cassazione civile sez. III, 26/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 26/05/2011), n.11684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.G. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato CIROTTI

VITTORIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MERLO

VITTORIO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

EDILIZIA IVALDI SAS DI IVALDI ELENA E C. (OMISSIS) in persona del

socio accomandatario legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA 5, presso lo studio

dell’avvocato RANUZZI LIVIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato COPPO STEFANO, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1633/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

16.9.08, depositata il 17/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la ricorrente l’Avvocato Vittorio Cirotti che si riporta

agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARESTIA

ANTONIETTA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 4 gennaio 2010 M.G. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 17 novembre 2008 dalla Corte d’Appello di Torino che, in riforma della sentenza del Tribunale di Asti, aveva dichiarato la risoluzione del contratto preliminare all’origine della controversia per inadempimento della M. stessa e, dato atto di quanto da essa versato, aveva dichiarato la Edilizia Ivaldi di Ivaldi Elena & C. S.a.s. tenuta a restituirle Euro 4.000,00.

La società intimata ha resistito con controricorso.

2 – Contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, il ricorso è tempestivo. In virtù della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett f che ha aggiunto all’art. 155 c.p.c. i commi 5 e 6 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 3, – secondo cui detti commi si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006 – i termini processuali che scadono di sabato (oltre quelli che scadono in giorno festivo, già previsti dal comma quattro del medesimo art. 155) sono prorogati di diritto al primo giorno seguente non festivo. La sentenza impugnata è stata depositata il 17 novembre 2008, per cui il termine lungo utile per ricorrere, prorogato dei 46 giorni di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, è scaduto sabato 2 gennaio 2010, per cui è stato prorogato ex lege al successivo 4 giorno in cui il ricorso risulta notificato.

3. – Tuttavia il ricorso è inammissibile perchè la formulazione dei due motivi su cui poggia non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

4. – Il primo motivo denuncia omessa/insufficiente motivazione sul rigetto della domanda di annullamento del contratto preliminare tra le parti per errore essenziale e riconoscibile, ai sensi degli artt. 1427, 1428, 1429 c.c.; violazione e falsa applicazione delle norme circa l’interpretazione del contratto ai sensi degli artt. 1362,1363, 1366 c.c. Innanzi tutto è palese la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 con riferimento alle consulenze indicate nel motivo. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Inoltre le argomentazioni addotte implicano esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto. Giova ribadire al riguardo che l’interpretazione delle clausole contrattuali si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e segg., nel qual caso il ricorrente ha l’onere di indicare, in modo specifico, quali in concreto non siano stati osservati dal giudice di merito e, soprattutto, il modo in cui questi si sia da essi discostato, non essendo, all’uopo, sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa e più favorevole.

Infine, il momento di sintesi finale presuppone una penetrante indagine di merito mentre il quesito postula non già l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate, al tempo stesso, decisivo per il giudizio e di applicabilità generalizzata, ma piuttosto una verifica della negata correttezza della sentenza impugnata.

Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112, 180, 183, 342. 345 c.p.c., degli artt. 1223, 1453 c.c. Il motivo in esame accomuna questioni di carattere sostanziale e questioni di natura processuale e tale disomogeneità, che si riflette sulle argomentazioni a sostegno, contrasta con il principio di specificità di ciascun motivo ricavabile dall’art. 366 c.p.c., n. 4.

Le argomentazioni implicano interpretazione del contenuto e dei limiti delle istanze sottoposte dalle parti ai giudici di merito. Il quesito finale si risolve in una richiesta di decisione favorevole del caso concreto e prescinde totalmente dalle numerose norme di legge indicate nella rubrica, non postulando l’enunciazione di un principio di diritto basato su di esse.

5.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte con la memoria non inducono a diversa statuizione restando confermati i rilievi contenuti nella relazione;

6.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2011

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