Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11683 del 07/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/06/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 07/06/2016), n.11683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4291-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore

Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 410/2/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di POTENZA del 24/03/2014, depositata il 25/06/2014;

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza indicata in epigrafe che ha accolto l’appello proposto da D.P.L., quale socio accomandatario della D.P.L. e C. s.a.s., contro la decisione resa dalla CTP dr Potenza relativa all’avviso di accertamento per IVA e altri tributi non corrisposti nell’anno 2005.

La CTR rilevava che risultando pacifica la cancellazione della società in epoca anteriore alla notifica dell’accertamento operato sia alla società che al liquidatore l’amministrazione non poteva azionare alcuna pretesa nei confronti dei soci, dovendo peraltro dimostrare che nel bilancio di liquidazione il socio aveva riscosso delle somme, spettando tale onere a carico dell’Ufficio. Peraltro, la pretesa azionata non poteva ancora dirsi definitiva e doveva ritenersi che il creditore ne ignorava l’esistenza risultando la stessa azionata a distanza di quattro anni dalla detta cancellazione.

Nessuna difesa scritta ha depositato la parte intimata.

L’Agenzia delle entrate deduce il vizio di extrapetizione nel quale sarebbe incorsa la CM, posto che il socio accomandatario non aveva eccepito di non essere responsabile per i debiti sociali sorti prima dell’estinzione della società per non avere riscosso somme in sede di approvazione del bilancio finale. La CTR aveva quindi fondato la decisione su una ragione in fatto e in diritto non dedotta dal contribuente e non rilevabile d’ufficio.

Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto la violazione degli artt. 2312, 2313, 2324 e 2495 c.c. e art. 110 c.p.c.. La CTR aveva ritenuto erroneamente applicabile al socio accomandatario di società di persone il regime previsto dall’art. 2495 c.c., comma 2, rilevante esclusivamente per le società di capitali, nemmeno risultando decisiva la definitività del credito, potendo l’ufficio agire nei confronti del soggetto succeduto per l’accertamento del credito del soggetto estinto. Erronea risultava parimenti l’affermazione della CTR secondo la quale il credito azionato dall’Ufficio non era certamente conosciuto, nascendo la responsabilità direttamente dalla qualità di socio.

Il primo motivo di ricorso, che va esaminato autonomamente rispetto alla seconda censura (Cass. n. 2146/2006 e Cass. n. 1940/1998) è inammissibile, posto che la questione relativa all’estensione del regime di esenzione di responsabilità del socio di società di capitali a quello del socio di persone attiene al merito della pretesa fiscale ed alla corretta applicazione del regime giuridico pertinente al quale è tenuto il giudice della controversia nella quale sia oggetto di contestazione la responsabilità del contribuente.

Il secondo motivo è manifestamente fondato.

Giova ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite, a seguito dell’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente societate” – cfr. Cass. S. U. 4060/10; Cass.n.24955/2013).

Orbene, nel caso di specie la CTR ha escluso la responsabilità del socio accomandatario di società di persone estinta in epoca anteriore alla notifica degli avvisi di accertamento nei confronti del sodalizio e del socio accomandatario applicando estensivamente la disciplina di cui all’art. 2495 c.c. prevista in tema di società di capitali e in tal modo non uniformandosi ai principi sopra esposti che, per l’appunto, hanno ricondotto il regime della responsabilità del socio succeduto a quello dei debiti sociali ai quali erano soggetti in pendenza della società. E non può revocarsi in dubbio che, per l’un verso, alle società s.a.s. non si applichi la speciale disposizione del citato art. 2495, comma 2 – così.. testualmente, Cass. S.U. n. 6070/2013 e, per altro verso, che il socio accomandatario è illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali alla stregua di quanto previsto dall’art. 2313 c.c., comma 1.

Conseguentemente erronea è l’affermazione della CTR che ha richiesto la prova da parte dell’ufficio della riscossione di somme in base al bilancio di liquidazione. Parimenti erronea risulta l’affermazione della CTR correlata alla definitività della pretesa che costituirebbe elemento essenziale per il subentro del socio nella posizione della società cessata, apparendo evidente che il successore non può che subentrare nelle ragioni creditorie anche in itinere prospettate dal preteso creditore, potendo egli per l’appunto adeguatamente contrastarle nelle sedi opportune, ma subendo, in caso di inerzia, le conseguenze proprie del soggetto chiamato a succedere ex lege, sia pure in modo sui generis, per come affermato dalle S.U. di questa Corte, all’ente cessato. Il che conferma, ancorpiù, l’ulteriore errore nel quale è incorsa la CTR affermando che la responsabilità del socio non poteva derivare in conseguenza della notifica dell’accertamento compiuta a distanza di quattro anni dalla cessazione della società.

Sulla base di tali considerazioni va accolto il secondo motivo, rigettato il primo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Basilicata anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettando il primo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Basilicata anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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