Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11682 del 07/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/06/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 07/06/2016), n.11682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

GRAZIOSO COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIARDINO PASQUALE

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4647/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO del 3/04/2014,

depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La CTR della Campania accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza del giudice di primo grado che aveva integralmente annullato l’avviso di accertamento notificato alla Grazioso Costruzioni s.r.l. relativo all’anno d’imposta 2007. La CTR, per quel che qui rileva, riteneva che la mancata indicazione dell’aliquota non inficiava la validità dell’atto sotto il profilo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, stante “… la sola indicazione dell’imponibile e dell’imposta liquidata – dati, nella specie, contenuti nell’atto impugnato –

considerata la semplicità con la quale, in presenza di quegli elementi, il contribuente può risalire all’aliquota applicata(nel caso, pari al 20%)”.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

La censura esposta dalla ricorrente, prospettata in relazione alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, è manifestamente infondata.

Questa Corte ha di recente ritenuto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’avviso di accertamento che non riporti l’aliquota applicata, ma solo l’indicazione delle aliquote minima e massima, viola il principio di precisione e chiarezza delle indicazioni che è alla base del precetto di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, il quale richiede che sia evidenziata l’aliquota applicata su ciascun importo imponibile, al fine di porre il contribuente in grado di comprendere le modalità di applicazione dell’imposta e la ragione del suo debito, senza dover ricorrere all’ausilio di un esperto. Ne consegue che l’omissione di tale indicazione determina la nullità dell’atto, ai sensi dell’art. 42 cit., comma 3 senza che sia consentita una valutazione di merito circa l’incidenza che essa abbia avuto, in concreto, sui diritti del contribuente – Cass. n. 7635/2014 -. Peraltro, tale indirizzo risulta affiancato da altro principio secondo il quale grava sul contribuente l’onere di dimostrare l’impossibilità o difficoltà di accertare le aliquote applicate sulla base dei dati contenuti nell’avviso (Cass. 17362 del 2009).

Orbene, con riferimento al caso qui all’esame di questa Corte va detto che ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23, comma 2, lett. a), la ritenuta sulla parte imponibile delle somme e dei valori di cui all’art. 51 del TUIR corrisposti in ciascun periodo di paga deve essere operata mediante l’applicazione delle aliquote IRPEF, ragguagliando al periodo di paga i corrispondenti scaglioni annui di reddito. Nel caso di specie, l’Ufficio per come risulta dall’avviso di accertamento riprodotto in stralcio nel ricorso per cassazione, si è limitato a indicare il numero di dipendenti e assimilati, il maggiore reddito imponibile accertato – Euro 5.072,00 – unitamente alla ritenuta IRPEF operata, corrispondente alla percentuale del 20% – Euro 1.104,00 -.

Ha dunque agito correttamente la CTR nel considerare che l’individuazione dell’aliquota applicata, pur non specificata, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, era agevolmente ed in modo inequivoco desumibile dalla percentuale del reddito imponibile ripresa a tassazione senza che il contribuente dovesse rivolgersi a persone qualificate per individuare l’aliquota ed eventualmente contestarne la correttezza sul piano giuridico e senza che la progressività dell’imposta potesse mettere in discussione l’importo della ritenuta d’acconto ripresa a tassazione sulla base dell’aliquota applicata. Ciò che rendeva del tutto ininfluente la natura progressiva delle aliquote IRPEF che, nel caso di specie, aveva trovato adeguata concretizzazione nell’individuazione della ritenuta in percentuale sul reddito di lavoro dipendente accertato.

Non persuasivi risultano, dunque, i richiami normativi esposti in ricorso per dimostrare un’aleatorietà circa l’individuazione delle aliquote applicabili, le stesse non riguardando la questione, qui controversa, della ripresa a tassazione di ritenute non versate dalla parte contribuente in qualità di sostituto d’imposta.

Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi indirizzati verso la relazione comunicata alla parte ricorrente, il ricorso va rigettato.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 2.000,00 per compensi in favore dell’Agenzia delle entrate, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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