Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11680 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 16/06/2020), n.11680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2011/2019 proposto da:

H.M.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Conca

D’oro 184/190 presso lo studio dell’avvocato Discepolo Maurizio che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/02/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto depositato in data 11.12.2018, ha rigettato la domanda di H.M.M., cittadino della Bangladesh, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo stato il suo racconto ritenuto credibile (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dal Bangladesh per le minacce subite da un uomo potente che si era appropriato dei terreni della sua famiglia e che, nell’aggredire la madre dello stesso richiedente, aveva colpito inavvertitamente la propria moglie causandole la perdita dello stesso).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione H.M.M. affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONE DELLA DECISIONE

1. Con il primo secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), artt. 5 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Si duole il ricorrente che il Tribunale ha valutato erroneamente la pericolosità e la violenza generalizzata esistente in Bangladesh, male interpretando il rapporto EASO 2017.

Espone, inoltre, il ricorrente che in caso di rientro in Bangladesh, era esposto al rischio di essere ucciso dai potenti del villaggio che si erano appropriati dei terreni della sua famiglia.

2. Il motivo è inammissibile.

Va osservato, quanto alla protezione sussidiaria richiesta D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), che questa Corte, anche recentemente, ha statuito che la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790).

Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato, alla luce di una fonte internazionale qualificata, come il rapporto EASO del dicembre 2017, l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato in Bangladesh ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064).

Ne consegue che le censure del ricorrente sul punto si configurano come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo Finalizzate a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

Con riferimento al pericolo di grave danno ex art. 14, lett. b) legge cit dedotto in relazione alle minacce che il richiedente avrebbe subito dai potenti del suo villaggio, di tale questione non vi è traccia nel decreto impugnato e il ricorso difetto del requisito dell’autosufficienza, non avendo il ricorrente neppure dedotto di aver prospettato tali censure al giudice di merito.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, lett. d), art. 19, comma 2 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Lamenta il ricorrente che, in caso di rientro in patria, sarebbe violato il suo diritto alla salute, essendo affetto da Epatite B e da otite media cronica riacutizzata, non potendosi curare in Bangladesh per queste patologie, e all’uopo sono stati prodotti con il ricorso nuovi documenti relativi alle patologie medesime (oltre a documenti relative alla posizione lavorativa del richiedente).

Inoltre, il ricorrente allega che, in caso di ritorno in Bangladesh, si troverebbe in una situazione di estrema povertà senza neppure una casa, spazzata via da una calamità naturale.

Infine, si duole che il Tribunale non ha tenuto conto del percorso di integrazione intrapreso in Italia.

6. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che delle questioni prospettate dal ricorrente, relative alla tutela del suo diritto alla salute ed allo stato di povertà, non vi è traccia nel decreto impugnato e, sul punto, il ricorso è parimenti privo del necessario requisito dell’autosufficienza, non avendo neppure il richiedente dedotto di aver sottoposto tali questioni al giudice di merito.

Peraltro, sono stati prodotti in giudizio, in violazione dell’art. 372 c.p.c., documenti non dimessi nella fase di merito.

Infine, il richiedente si duole che non si è tenuto conto del suo percorso di integrazione, non considerando che tale elemento, secondo il costante insegnamento di questa Corte, può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi sempre Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

La declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in considerazione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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