Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11680 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. II, 13/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 13/05/2010), n.11680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento di competenza proposto da:

P.T.A., in persona del tutore M.S.,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso,

dall’Avvocato DE IACO Giovanni, elettivamente domiciliato in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

P.P.A.;

– intimato –

e nei confronti di:

PI.TO.AN.;

– intimato –

nonchè sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al R.G. n.

24893/2008, proposto da:

PI.TO.AN., rappresentato e difeso, per procura

speciale a margine dell’atto introduttivo del giudizio di merito,

dall’Avvocato Francesco Lattanzi, elettivamente domiciliato in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

P.P.A.;

– intimato –

e nei confronti di:

P.T.A., in persona del tutore M.

S.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Spoleto depositata in data 1

agosto 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LECCISI Giampaolo, il quale si è riportato alle

conclusioni scritte.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso ritualmente notificato, P.T.A., rappresentato dal tutore M.S., ha proposto regolamento di competenza avverso l’ordinanza in data 1 agosto 2008, con la quale il giudice unico presso il Tribunale di Spoleto ha disposto la sospensione dei procedimenti riuniti nn. 417/2005 e 251/2007, avente ad oggetto, quest’ultimo, la declaratoria di nullità o l’annullamento della donazione stipulata tra il ricorrente e P.P.A. sino alla definizione del procedimento penale a carico di quest’ultimo;

che, ricorda la ricorrente, il primo giudizio (R.G. n. 417/2005) aveva ad oggetto la domanda di dichiarazione della nullità della donazione della quota indivisa dei propri beni fatta da P. A. in data (OMISSIS) a P.P.A., mentre il secondo (R.G. n. 251/2007), introdotto dal tutore a seguito della interdizione di A., aveva ad oggetto la dichiarazione di nullità della donazione, in quanto evento del reato di circonvenzione di incapace, la dichiarazione di nullità dell’atto notarile, per mancanza dei requisiti di forma prescritti, e in ogni caso l’annullamento dell’atto di donazione ex artt. 428 e 775 cod. civ.;

che i giudizi erano poi stati riuniti;

che, ricorda la ricorrente, nei confronti del P.P. era intervenuto rinvio a giudizio per il reato di circonvenzione di incapace;

che il P.P. aveva chiesto la sospensione dei giudizi civili, in attesa della definizione del procedimento penale;

che il giudice unico del Tribunale di Spoleto, “a scioglimento della riserva precedentemente assunta, ritenendo accoglibile l’istanza dell’Avv. Calai, per i motivi dallo stesso indicati, cui si fa richiamo, dispone la sospensione del procedimento”;

che avverso tale provvedimento ha proposto regolamento necessario di competenza P.T.A., rappresentato dal tutore M.S., sulla base di due motivi;

che gli intimati non hanno resistito;

che, con il primo motivo, la ricorrente deduce la nullità del provvedimento di sospensione per assoluta carenza di motivazione, formulando il seguente quesito di diritto: “Se sia legittima l’ordinanza di sospensione del giudizio civile adottata dal Giudice e mancante di motivazione intrinseca, sebbene motivata per relationem con rinvio ad altri atti di causa”;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ., art. 654 cod. proc. pen., e art. 211 disp. att. cod. proc. pen., nonchè degli artt. 3, 24 e 111 Cost., formulando i seguenti quesiti di diritto:

“Se, in presenza di più domande, tra loro autonome, delle quali solo una attinta da causa di sospensione necessaria del giudizio, sia fatto obbligo al giudice di disporre la sospensione dell’intero giudizio, pur potendo lo stesso essere definito, in via autonoma dall’accertamento penale, con riferimento alle altre domande.

Se, nel caso di contemporanea pendenza di procedimento penale, non ancora conclusosi con sentenza, sia fatto obbligo al giudice civile disporre comunque immediatamente la sospensione, pur non potendo, allo stato, valutare la ricorrenza del presupposto di cui alla seconda parte dell’art. 654 c.p.p. (ritenuta rilevanza dei fatti accertati ai fini della decisione), o se non debba invece il giudice attendere, ai fini della valutazione suddetta, la pronuncia di una sentenza.

Se, nel caso in cui sia consentito al giudice civile conoscere incidenter tantum, senza efficacia di giudicato, di una questione che rivesta carattere di pregiudizialità logica rispetto al diritto dedotto in giudizio, la contemporanea pendenza di un procedimento penale sulla stessa questione determini comunque la sospensione necessaria del processo”;

che il Procuratore Generale, cui è stato richiesto d formulare le proprie conclusioni ex art. 380 ter cod. proc. civ., ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

che avverso il medesimo provvedimento di sospensione ha proposto autonomo ricorso per regolamento di competenza anche Pi.

T.A., chiedendone la cassazione;

che il ricorrente ricorda di aver introdotto il giudizio dinnanzi al Tribunale di Spoleto al fine di sentir accertare e dichiarare la nullità della donazione, contestualmente accettata, stipulata dal fratello A. in favore del P. con atto notaio Russo del (OMISSIS), avente ad oggetto la nuda proprietà sulla quota indivisa di 5/12 di una serie di immobili siti in (OMISSIS), e per sentir condannare il P. al risarcimento del danno;

che, con un primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 134 cod. proc. civ., nonchè omessa e/o contraddittoria motivazione, lamentando la nullità del provvedimento di sospensione per assoluta carenza di motivazione e formulando il seguente quesito di diritto: “Se sia legittima l’ordinanza di sospensione del giudizio civile adottata dal Giudice e mancante di motivazione intrinseca, sebbene motivata per relationem con rinvio ad altri atti di causa”;

che, con il secondo motivo, rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ., art. 75 c.p.p., comma 2, artt. 651, 652 e 654 cod. proc. pen., art. 211 disp. att. cod. proc. pen., nonchè dell’art. 274 cod. proc. civ., art. 151 disp. att. cod. proc. civ., artt. 3, 24 e 111 Cost., il ricorrente lamenta la mancanza dei presupposti per la sospensione necessaria del giudizio e la violazione del principio di eguaglianza, del diritto alla tutela giurisdizionale e ad un processo equo di durata ragionevole, e formula i seguenti quesiti di diritto:

“Se, nel caso in cui una parte abbia proposto un’azione mista, di danno e non di danno, nei confronti di soggetto su cui penda procedimento penale per gli stessi fatti dedotti in sede civile, e l’attore sia comunque rimasto estraneo al processo penale, sia data la possibilità di ravvisare una delle cause di sospensione necessaria del giudizio.

Se, nel caso di procedimenti riuniti, la causa di sospensione necessaria del processo che impinga una sola delle parti (o uno solo dei procedimenti), estenda i propri effetti anche sull’altra, determinando la sospensione di entrambi i giudizi”;

che il Procuratore Generale, cui è stato richiesto di formulare le proprie conclusioni ex art. 380 ter cod. proc. civ., ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che deve preliminarmente essere disposta la riunione dei ricorsi, in quanto rivolti avverso il medesimo provvedimento (art. 335 cod. proc. civ.);

che, con riferimento al primo motivo di entrambi i ricorsi, deve rilevarsi che la sola circostanza che l’ordinanza sospensiva sia immotivata non integra ragione per il suo annullamento, dovendo la Corte di cassazione accertare se sussistano o meno i presupposti della sospensione: difatti, il particolare mezzo di impugnazione cui sono stati assoggettati i provvedimenti che dichiarano la sospensione, cioè l’istanza di regolamento di competenza, fa si che, avuto riguardo alla controversia considerata dal giudice di merito come pregiudiziale, la Corte debba rendere una statuizione sulla questione descritta dall’art. 295 cod. proc. civ., in modo che il processo, a seconda della decisione della Corte, possa proseguire o debba restare sospeso sino alla definizione della controversia pregiudiziale, senza lasciare spazio, in relazione a quella controversia, ad un’ulteriore pronuncia del giudice di merito (Cass., n. 399 del 2006);

che, con riferimento ai motivi ulteriori di entrambi i ricorsi, si deve rilevare che, nel giudizio introdotto dal tutore di P. T.A., sono state poste le seguenti domande: a) declaratoria di nullità della donazione ex art. 1418 cod. civ., comma 1, in quanto effetto del reato di circonvenzione di incapace; b) declaratoria di nullità dell’atto notarile per difetto di forma (in quanto, contrariamente a quanto dichiarato nell’atto, non vi erano testimoni, il notaio non ha indagato la volontà del donante, e non ha dato lettura dell’atto); c) annullamento (in ogni caso) della donazione de qua, ex art. 775 cod. civ., in quanto posta in essere da incapace; d) condanna del P.P. al risarcimento dei danni;

che il giudizio introdotto da Pi.To.An. ha invece ad oggetto l’accertamento e la dichiarazione di nullità della donazione in data (OMISSIS), nonchè la richiesta di risarcimento dei danni;

che il Tribunale di Spoleto, dopo aver riunito i due giudizi civili introdotti separatamente dagli attori, ha disposto la sospensione di detti giudizi, senza svolgere alcun accertamento in ordine al rapporto esistente tra le singole domande proposte in sede civile e l’oggetto dell’accertamento devoluto al giudice penale;

che, in particolare, il Tribunale ha omesso di considerare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, “la fattispecie incriminatrice della circonvenzione d’incapace prevista all’art. 643 cod. pen. (il cui scopo va ravvisato, più che nella tutela dell’incapacità in sè e per sè considerata, nella tutela dell’autonomia privata e della libera esplicazione dell’attività negoziale delle persone in stato di menomazione psichica) deve annoverarsi tra le norme imperative la cui violazione comporta, ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., oltre alla sanzione penale, la nullità del contratto concluso in spregio della medesima” (Cass., n. 1427 del 2004; Cass., n. 8948 del 1994);

che, ulteriormente, il Tribunale non ha considerato che nella giurisprudenza di questa Corte si è chiarito che sul piano concettuale non vi è coincidenza tra lo stato di infermità o deficienza psichica considerato dall’art. 643 cod. pen. e l’incapacità di intendere e di volere di cui all’art. 428 cod. civ., essendosi ta-lora parlato di un rapporto da minus a maius tra le due ipotesi (Cass. n. 2327 del 1994), o più correttamente di nozioni che accanto a profili di affinità rivelano connotazioni autonome e discrepanti (Cass. n. 4824 del 1979);

che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., n. 27787 del 2005), in materia di rapporto tra giudizio civile e processo penale, il processo può essere sospeso, in base a quanto dispongono l’art. 295 cod. proc. civ., art. 654 cod. proc. pen. e art. 211 disp. att. cod. proc. civ., ove alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile. Pertanto a rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato, che è oggetto di imputazione nel giudizio penale (Cass., n. 27737 del 2005);

che, peraltro, con particolare riferimento alle ipotesi sia di riunione dei giudizi, sia di proposizione di una pluralità di domande nel medesimo giudizio, si è affermato che “la sussistenza di una causa di sospensione del giudizio relativamente ad una sola di più domande cumulate nello stesso processo a norma dell’art. 104 cod. proc. civ., non è idonea, di per sè, a giustificare la sospensione del processo relativamente a tutte le domande, giacchè l’art. 103 cod. proc. civ., comma 2, richiamato dall’art. 104 c.p.c., comma 2, attribuisce al giudice il potere di disporre la separazione delle cause quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo ovvero di non disporla quando in concreto la separazione non risulti opportuna. Peraltro, poichè la sospensione del processo rappresenta un’evenienza che interferisce sul suo normale svolgimento e la sua disciplina è improntata a maggior rigore, incidendo sul principio della ragionevole durata del processo, il giudice, quando venga in rilievo una causa di sospensione relativa ad una sola delle domande cumulate nello stesso processo, deve fornire adeguata motivazione delle ragioni di opportunità del mancato esercizio dei suoi poteri discrezionali quanto alla separazione delle cause e quindi della decisione di estendere l’ambito di operatività della sospensione a tutte le domande cumulate” (Cass., n. 21029 del 2004);

che, inoltre, la sospensione per pregiudizialità del processo penale è subordinata alla duplice condizione dell’avvenuto esercizio dell’azione penale e della rilevanza ed opponibilità dell’eventuale giudicato penale nel processo da sospendere, requisito quest’ultimo che sussiste allorchè la previa definizione della controversia penale, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l’inevitabile antecedente logico-giuridico della causa pregiudicata;

che, nella specie, come si è rilevato, il Tribunale non ha svolto alcun accertamento circa le relazioni esistenti tra le varie domande proposte nei giudizi civili pendenti in primo grado e il giudizio penale per il reato di circonvenzione di incapace; non ha svolto valutazioni relativamente alle diverse posizioni dei soggetti interessati; non si è interrogato in ordine alla diversità esistente tra l’accertamento della incapacità naturale e l’accertamento del reato di circonvenzione di incapace; non ha considerato che almeno la domanda di nullità della donazione proposta dal tutore di P.T.A. per vizi dell’atto notarile era del tutto indipendente dalle questioni inerenti all’accertamento della capacità del donante; non ha considerato che non sussiste identità tra i soggetti del processo civile e quelli del processo penale, non avendo Pi.To.An. esercitato l’azione civile in sede penale con la costituzione di parte civile, sicchè l’accertamento dei fatti materiali che siano considerati nel giudizio penale non rileva rispetto a costui; non ha valutato che neppure trova applicazione l’art. 651 cod. proc. pen., che disciplina gli effetti del giudicato penale nel giudizio civile per il risarcimento del danno, atteso che i ricorrenti hanno chiesto, in principalità, la pronuncia di nullità dell’atto di liberalità compiuto dal fratello;

che, potendosi in ipotesi ritenere sussistente il rapporto di pregiudizialità logica-giuridica che giustifica la sospensione necessaria solo con riferimento alla domanda di dichiarazione della nullità della donazione, in quanto effetto del reato di circonvenzione di incapace, sarebbe stato onere del Tribunale di verificare l’incidenza di tale causa di sospensione in ordine a tutte le altre domande proposte dal medesimo tutore o dal fratello Pi.To.An.;

che, pertanto, il provvedimento impugnato deve essere cassato ;

che le parti devono essere rimesse, anche per quanto riguarda la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Spoleto, dinnanzi al quale la causa dovrà essere riassunta nei termini di legge.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li accoglie per quanto in motivazione;

cassa l’ordinanza impugnata e rimette le parti davanti al Tribunale di Spoleto, dinnanzi al quale la causa dovrà essere riassunta entro i termini di legge; rimette al Tribunale di Spoleto la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

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