Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11679 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. III, 04/05/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 04/05/2021), n.11679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34075/19 proposto da:

O.K., elettivamente domiciliato a Roma, circ.ne Clodia n.

88, (c/o avv. Arilli), difeso dall’avvocato Carla Pennetta, in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia 26.7.2019 n.

462;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.K., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese dopo che, essendosi fidanzato con una ragazza di fede musulmana, ed essendo egli di fede cristiana, i parenti della sua fidanzata lo minacciarono di morte e di gravi lesioni se avesse proseguito nella relazione.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento O.K. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Perugia, che la rigettò con ordinanza 24.8.2018.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Perugia con sentenza 26.7.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato non potesse essere concesso perchè i fatti narrati dal richiedente evidenziavano una vicenda privata, e non una persecuzione ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi sia perchè il racconto del richiedente era inattendibile, sia perchè “dalla narrazione dei fatti non emergono timori di subire un grave danno richiesto dalla normativa in esame, quali eventuali condanne a morte o torture”;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto il richiedente “non sembra versare in una situazione di particolare fragilità”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da O.K. con ricorso fondato su tre motivi. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della convenzione di Ginevra sui rifugiati e della direttiva 2004/83.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello non avrebbe assolto il dovere di cooperazione istruttoria “circa la rilevanza dei conflitti interreligiosi” nel paese di provenienza.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha rigettato la domanda di rifugio e quella di protezione sussidiaria sulla base di un presupposto di diritto, e non di fatto: e cioè che le vicende narrate dal richiedente avevano natura puramente privata, e non costituivano una persecuzione.

Tale valutazione non viene censurata dal ricorrente col motivo in esame.

Sicchè, una volta qualificati i fatti posti a fondamento della domanda come non integranti gli estremi della “persecuzione” D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7, la Corte d’appello non aveva alcun obbligo di cooperazione istruttoria.

Ne l’attore si duole, nel motivo in esame, dell’affermazione concernente l’insussistenza in Nigeria di una situazione di conflitto armato.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Il motivo investe il rigetto della domanda di protezione umanitaria.

Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello ha rigettato la suddetta domanda sulla base di una motivazione solo apparente, e senza compiere alcuna comparazione tra il contesto di vita attuale del ricorrente in Italia (il ricorrente non precisa quale sia tale contesto), e quello di provenienza.

2.1. Il motivo è inammissibile per totale difetto di illustrazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4: il ricorrente, infatti, si duole della omissione, da parte della Corte d’appello, del giudizio di comparazione fra la situazione da lui conseguita in Italia e la situazione del paese di origine. E tuttavia la illustrazione del motivo nulla dice:

-) su quale sia questa “situazione raggiunta in Italia”;

-) quali sarebbero i suoi diritti inviolabili che, in caso di rimpatrio, verrebbero violati.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta il vizio di omessa pronuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Sostiene che la sentenza avrebbe omesso di esaminare la domanda “tesa al riconoscimento del diritto di asilo costituzionale, domanda avanzata in via subordinata dal ricorrente”.

3.1. Il motivo è innanzitutto inammissibile, in quanto la proposizione di tale domanda dalla sentenza d’appello non risulta avvenuta nei gradi di merito, e il ricorrente non indica in quale atto fu proposta e in quali termini.

In ogni caso il motivo sarebbe comunque infondato, dal momento che il rifugio, la protezione sussidiaria e quella umanitaria per costante giurisprudenza esauriscono tutte le ipotesi di cui all’art. 10 Cost., con la conseguenza che non esiste una “diritto costituzionale di asilo”, che non rientri nella protezione maggiore, nè in quella umanitaria (ex multis, Sez. 6-1, Ordinanza n. 16362 del 04/08/2016, Rv. 641324-01).

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del Decreto sopra ricordato (Sez. 6-3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826-01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

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