Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11678 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 04/05/2021), n.11678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35244/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ACQUA MARCIA TURISMO s.r.l., in liquidazione e c.p.o., in persona del

legale rappresentante pro tempore, Dott. P.M.,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso,

dall’avv. Silvia GERMINI, presso il cui studio legale sito in Roma,

al viale dei Quattro Venti, n. 12, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2388/03/2019 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata il 16/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2013 emesso nei confronti della Acqua Marcia Turismo s.r.l., per recupero di ritenute operate ma non dichiarate e non versate dalla predetta società contribuente quale sostituto d’imposta, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che “dalle documentazioni in atti risult(a) che la Società abbia di fatto corrisposto quanto dovuto, non assumendo valenza il riferimento ai codici tributi ritenuti significativi dall’Ufficio, e per questa ragione considera non meritevole di accoglimento la contestazione dell’Ufficio relativo alla sanzione avendo la Società adempiuto agli obblighi tributari, risultanti complessivamente versati nella misura dovuta ancorchè in modo non corretto formalmente”;

– avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso e memoria;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione sub specie di motivazione apparente, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, e dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

2. Sostiene la ricorrente che la CTR non aveva spiegato le ragioni per le quali aveva ritenuto di rigettare l’appello dell’Ufficio e confermare l’avviso di accertamento con argomentazioni inidonee a spiegare l’iter logico-giuridico seguito dai giudici per giungere alla statuizione assunta.

3. Il motivo è fondato e va accolto.

4. Invero, la motivazione posta a sostegno della decisione impugnata, come sopra trascritta, deve ritenersi gravemente carente e al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830-01), in quanto i giudici di merito si sono limitati ad indicare soltanto il risultato conclusivo del giudizio valutativo dei fatti dimostrati in giudizio, senza, tuttavia, evidenziare le premesse logiche ed il discorso argomentativo attraverso il quale è stato possibile pervenire a tali conclusioni. Nel formulare una statuizione meramente assertiva, in cui si risolve l’affermazione secondo cui nella specie “dalle documentazioni in atti risult(a) che la Società abbia di fatto corrisposto quanto dovuto”, i giudici di appello omettono di specificare non solo a quale documentazione abbia fatto riferimento ma soprattutto la valenza dimostrativa della stessa.

5. In definitiva quello in esame è un tipico esempio di abdicazione all’obbligo imposto al Giudice di rappresentare compiutamente gli elementi di fatto e le ragioni sui quali si è formato il proprio convincimento. Se, infatti, non appare dubbio che spetti in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni -, tale attività di giudizio deve, tuttavia, trovare supporto in argomenti la cui esternazione, nell’apparato motivazionale che sorregge il decisum, indispensabile ai fini del controllo giurisdizionale, deve rispondere ai canoni di coerenza logica interna al discorso, segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (anche dopo la riforma del 2012 e nei limiti individuati dalla già citata pronuncia di Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), non potendosi di contro risolvere in un’affermazione apodittica e immotivata sulle risultanze istruttorie (v. Cass. n. 21801 del 2019).

6. E’ noto peraltro che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che, come nel caso in esame, contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

7. Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

8. Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue l’assorbimento del secondo, con cui la difesa erariale deduce un vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

9. La sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR perchè riesamini la vicenda fornendo adeguata e congrua motivazione e perchè provveda alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

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