Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11671 del 26/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 26/05/2011), n.11671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

TELESTAMPA CENTRO ITALIA SRL (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato BIGNARDI MARCO, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore in proprio e quale

mandatario della SCCI SPA -società di cartolarizzazione dei crediti

INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CALIULO LUIGI, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 184/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

12.2.09, depositata il 24/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito per il controricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo che si riporta

agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di l’Aquila rigettava la domanda di accertamento proposta dalla srl Telestampa Centro Italia di nulla dovere all’Inps per contributi che l’Istituto aveva chiesto, ritenendo non dovuto lo sgravio triennale di cui alla L. n. 448 del 1998, che la società aveva applicato.

La Corte territoriale rilevava in fatto che la società aveva assunto degli operai a tempo indeterminato, prelevandoli dalle lise di mobilità ed aveva quindi chiesto espressamente il beneficio previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 15 (recte art. 25, comma 9) ossia contribuzione pari a quella spettante per gli apprendisti per 18 mesi, nonchè quello di cui all’art. 8, comma 4 della medesima legge, ossìa un contributo mensile al datore pari al 50% della indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore; al termine dei 18 mesi, la Società aveva chiesto di prorogare la riduzione contributiva di un analogo periodo, avvalendosi questa volta della Legge sullo sgravio n. 448 del 1998, ma la pretesa era stata respinta perchè i lavoratori erano già stati assunti dalla Società e quindi non era ravvisabile l’incremento occupazionale a cui lo sgravio era condizionato. Affermavano i Giudici di merito essere vero che, ove fosse stata chiesta direttamente l’applicazione dello sgravio, questa sarebbe stata concessa per il più lungo periodo di 36 mesi, rispetto al periodo di 18 mesi previsto dalla L. n. 223 del 1991, tuttavia era stata la società a chiedere la riduzione contributiva prevista dall’art. 25 di detta legge, così usufruendo anche del contributo mensile pari a metà della indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore. Era stata dunque la scelta fatta dalla società di chiedere la applicazione dei benefici di cui alla L. n. 223 del 1991 che le aveva poi precluso di godere del diritto agli sgravi.

Avverso detta sentenza la Telestampa propone ricorso; l’Inps resiste con controricorso. La Telestampa evidenzia che lo sgravio di cui alla L. n. 448 del 1998 sarebbe stato più favorevole in quanto avente durata di 36 mesi e non solo di 18 e che a fronte di detto maggior periodo era molto modesta la indennità ricavata dall’applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4. Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè la applicazione dei benefici di cui alla L. n. 223 del 1991, che si assumono inferiori a quelli di cui si sarebbe potuto godere sulla base della normativa sugli sgravi, è frutto di una scelta della società, come ha affermato, senza smentite la sentenza impugnata, onde non può ora la società dolersi che, attraverso questo suo comportamento, le sia stato inibito di godere degli sgravi. Nessuna legge infatti consente di sanare all’errore in cui la stessa ricorrente ammette di essere incorsa, dal momento che è stata applicata la normativa richiesta e spettante, la cui operatività precludeva però automaticamente il prolungamento del beneficio per gli ulteriori 18 mesi. Il ricorso va quindi rigettato e le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta/00, oltre cinquemila/00 Euro per onorari, con accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2011

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