Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11670 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 16/06/2020), n.11670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8230/2019 proposto da:

D.M.A., rappresentato e difeso per procura in calce al

ricorso. dall’Avv. Paolo Sassi;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), rappresentato e difeso ex lege,

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia

in Roma, alla via dei Portoghesi, 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 19/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/01/2020 dal Cons. Dott. DE MARZO GIUSEPPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza depositata il 22 gennaio 2019, ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Campobasso aveva respinto il ricorso proposto dal cittadino della Guinea D.M.A. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria o umanitaria, ritenendo: a) che la narrazione del richiedente, quanto all’aggressione subita da ragazzi di una diversa etnia (quella mandinka rispetto alla sua, fula), alla sua reazione con grave ferimento di uno degli aggressori e alla conseguente fuga per timore di essere malmenato, ucciso o incarcerato, non fosse credibile in quanto vaga e superficiale; b) che, anche a voler ritenere il racconto non interamente inattendibile, alla luce delle stesse dichiarazioni del D. non emergeva che la causa degli episodi riferiti fosse riconducibile al, pur esistente, contrasto tra i due gruppi etnici; c) che neppure erano sussistenti i presupposti della protezione sussidiaria, dal momento che, tra l’altro, la situazione socio-politico della Guinea, quale risultante dall’ultimo rapporto di Amnesty International, non era allarmante; d) che si erano registrati significativi progressi sia sotto il profilo legislativo sia in ordine al perseguimento dei reati commessi dai militari e dalle forze dell’ordine; e) che, in conclusione, non emergeva una situazione di violenza indiscriminata o di conflitto armato, in quanto i rischi segnalati nel territorio della Guinea riguardano i partecipanti a conflitti politici e alle manifestazioni di protesta, ossia situazioni non riferibili ai D.; f) che neppure erano ricorrenti i presupposti della protezione umanitaria, dedotti dal D. in ragione della sua giovane età e dell’integrazione raggiunta in Italia.

La sentenza ha dato atto della contestuale revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio dello Stato, emesso in via provvisoria dal locale Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

2. Avverso detta decisione il D. ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato non ha svolto difese, limitandosi a depositare atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 A, n. 2, par. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9,14 e art. 27, comma 1-bis, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 5, 7, 14, art. 16, comma 1, lett. b) e art. 19, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Guinea, sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria.

2. Con secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Guinea sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria.

3. Le due censure, esaminabili congiuntamente, per la stretta comunanza che presentano, sono inammissibili.

Questa Corte ha chiarito, in linea generale, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).

Peraltro, la sentenza impugnata è stata depositata il 22 gennaio 2019. Pertanto, viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale il agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge di Conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

E, come specificamente affermato nelle ordinanze 10 febbraio 2015, n. 2498 e 1 luglio 2015, n. 13448, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte e risultanze probatorie.

Il ricorrente dei tutto genericamente richiama una serie di norme violate, senza però riuscire a dimostrare, con affermazioni assertive che reiterano a prospettazione difensiva, alcuna apparenza motivazionale.

Evidentemente, peraltro, nessun rilievo hanno decisioni rese da organi giurisdizionali merito estranee all’ambito soggettivo della presente controversia.

Infine, proprio in ragione dell’accertamento operato dalla Corte distrettuale, quanto alla situazione in Guinea, nella quale non è stata ravvisati alcuna ipotesi di violenza indiscriminata e di conflitto armato, appare esistente e non meramente apparente la valutazione comparativa che deve sorreggere l’esame della richiesta di protezione umanitaria, secondo le puntualizzazioni espresse da Cass., Sez. Un., 13 novembre 2019, n. 29459.

4. Con il terzo motivo si lamenta violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, in relazione alla disposta revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in difetto di motivazione.

La doglianza è inammissibile per l’assorbente ragione che la sentenza impugnata non dispone alcuna revoca, ma afferma che “con contestuale provvedimento si provvede alla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (…)”.

Ne discende che le censure restano prive di oggetto.

Peraltro, questa Corte ha ritenuto che persino la revoca dell’ammissione ai patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello (ipotesi, si ripete, nella specie, non ricorrente), anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 della stesso D.P.R. (si vedano i principi affermati, da Cass. 8 febbraio 2018, n. 3028).

5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, in relazione alla sostanziale assenza di attività difensiva da parte del Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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