Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11670 del 07/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 07/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 07/06/2016), n.11670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CONTI Giovanni Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 149 presso lo studio dell’avvocato CICCONETTI CAROLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI PAOLA PAOLO PASQUALE,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 154/38/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 25/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La CTR della Lombardia, con sentenza n. 154/38/13, depositata il 25.9.2013 respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza di primo grado che aveva annullato, per difetto di contraddittorio endoprocedimentale, l’avviso di accertamento relativo a IRPEF emesso a carico di F.G. per l’anno d’imposta 2005, ritenendo applicabile la disciplina di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 anche alle ipotesi di richiesta di informazioni e questionari inviati dall’ufficio al contribuente senza accesso nei locali del medesimo.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo al quale ha resistito la pane intimata con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c. La causa, dapprima rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle S.U. sull’ordinanza di questa sottosezione n. 527/2014, è stata chiamata all’udienza pubblica del 17 marzo 2016 e in quella sede posta in decisione, dopo il deposito di memoria della parte controricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. La parte controricorrente ha chiesto il rigetto del ricorso.

Il ricorso, nei termini di seguito esposti, è manifestamente fondato.

Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24823, depositata il 9 dicembre 2015, esaminando la questione, rimessa da questa sottosezione con ordinanza interlocutoria n. 527/2015, hanno chiarito che le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni.

Orbene, la decisione impugnata, vertendosi pacificamente in tema di accertamenti fiscali su tributo IRPEF compiuti c.d. a tavolino e dunque presso gli Ufficio fiscali, non si è uniformata ai superiori principi rispetto al tributo oggetto del contendere.

Va poi evidenziato che con la memoria ex art. 378 c.p.c. la parte controricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (come interpretato dalla su menzionata decisione delle sez. unite 24823/2015, ritenuta costituire “diritto vivente”), per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. nonchè del canone di ragionevolezza intrinseca ex art. 97 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost., anche in riferimento all’art. 111 Cost., evidenziando che analoga questione di costituzionalità è stata sollevata dalla CTR Toscana con ordinanza 736/1/15 in data 21-12-2015/18-1-2016.

La questione è manifestamente infondata.

Come evidenziato, invero, dalle S.U. nella ricordata sent. n. 24823/2015 il dato testuale della detta L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contradditorio procedimentale alle sole “verifiche in loco”, è da ritenersi “non irragionevole”, in quanto giustificato dalla peculiarità stessa di tali verifiche, “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contradditorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”;

siffatta peculiarità, differenziando le due ipotesi di verifica (“in loco” o “a tavolino”), giustifica e rende non irragionevole il differente trattamento normativo delle stesse, con conseguente manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost..; nè una questione di costituzionalità, sempre con riferimento all’art. 3 Cost. può porsi per la duplicità di trattamento giuridico tra “tributi armonizzati” e “tributi non armonizzati”, atteso che, come anche in tal caso evidenziato dalla su menzionata sentenza delle S.U. n. 24823/2015, l’assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contradditorio procedimentale. Del resto, poichè il sistema di tassazione diretta, nel suo complesso, non ha alcun rapporto con quello dell’IVA, non può ritenersi che una soluzione in tema di contraddittorio endoprocedimentale in materia IVA diversa da quella espressa per i tributi diretti crei un vulnus al principio di non discriminazione sul versante comunitario nè a quello della ragionevolezza sul piano interno – cfr. Corte giust. 17 marzo 2007, causa C-35/05; Cass. 22132/2013 -.

L’affermata insussistenza, nell’ordinamento tributario nazionale, di una clausola generale di contradditorio endoprocedimentale non viola, inoltre, nè l’art. 24 Cost. nè l’art. 111 Cost., atteso che, come espressamente affermato da Cass. S.U. n. 24823/2015, le garanzie di cui all’art. 24 Cost. “attengono, testualmente, all’ambito giudiziale”, nè l’art. 111 Cost., in quanto il giudizio tributario, pur nella sua particolarità, è comunque rispettoso del principio della c.d. “parità delle armi”, giacchè, fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale sancito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, il potere di introdurre in giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, con il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, compete non solo all’Amministrazione finanziaria, che tali dichiarazioni abbia raccolto nel corso d’indagine amministrativa, ma, altresì, con il medesimo valore probatorio, al contribuente. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Lombardia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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