Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1167 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 22/07/2020, dep. 21/01/2021), n.1167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26175-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 387/2013 della COMM.TRIB.REG. della Sicilia

SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il 31/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. MELE FRANCESCO.

Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, n. 387/34/13,

depositata il 31.7.2013.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22.7.2020 dal relatore, Consigliere Dott. Mele Francesco.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– T.C. proponeva ricorso avverso cartella di pagamento emessa in seguito alla liquidazione della dichiarazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 bis, con la quale veniva disconosciuto un credito IVA relativo all’anno 2000 e riportato nella dichiarazione per l’anno 2004 con conseguente iscrizione a ruolo della somma di Euro 6.088,00 oltre sanzioni ed interessi.

– Per resistere al ricorso si costituiva l’Agenzia delle Entrate, che insisteva per la legittimità dell’atto impositivo.

– La Commissione Tributaria Provinciale di Catania accoglieva il ricorso sul decisivo rilievo che “il credito maturato non si perde se non viene riportato nella successiva dichiarazione”.

– Sull’appello dell’Ufficio e nel contraddittorio con parte contribuente, la Commissione Tributaria Regionale rigettava il gravame -dopo avere rilevato che “il contribuente avrebbe dovuto riportare il suo credito IVA relativo al 2000 nella prima dichiarazione utile, ciò che egli pacificamente non ha fatto, avendo omesso le dichiarazioni 2001 e 2003 e presentato la dichiarazione 2002 senza fare menzione di detto credito”, così riconoscendo la fondatezza della pretesa fiscale- riconoscendo come fondata “altra censura avanzata in primo grado e non esaminata dal giudice: quella concernente il mancato previo invio preventivo di motivato avviso di rettifica, espressamente riproposta dall’appellato con memoria.” Per la cassazione della predetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad un unico motivo.

– Il contribuente, intimato, non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Il motivo di cui consta il ricorso reca: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis e L. n. 212 del 2000, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”

– Deduce la ricorrente di essersi limitata, con la iscrizione a ruolo della cartella de qua, ad effettuare un controllo della dichiarazione per l’anno 2004, sulla base dei dati esposti dal contribuente; il disconoscimento del riporto del credito maturato nel 2000 non è derivato da accertamenti in ordine alla spettanza o meno del credito IVA.

– La comunicazione d’irregolarità prescritta dalle norme citate -argomenta l’Ufficio- è prevista solo nel caso in cui, a seguito della liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni, siano emerse incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione.

– Così argomentando, la ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata incorrendo nella inammissibilità del ricorso.

– La CTR, invero, ha opportunamente premesso -richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità formatasi in materia- che la diretta iscrizione a ruolo della maggiore imposta, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, è ammissibile, e può scongiurare l’attività di rettifica, quanto il dovuto sia determinato attraverso un controllo della dichiarazione meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una mera correzione di errori materiali e di calcolo; ha quindi precisato che con le descritte modalità non possono invece risolversi questioni giuridiche o esaminarsi atti diversi dalla dichiarazione stessa, senza previamente contestare al contribuente il relativo accertamento con il prescritto avviso. Tutto ciò premesso, la CTR ha rilevato che il caso di specie è caratterizzato dalla circostanza costituita dalla negazione della detrazione nell’anno in verifica di un credito relativo ad anni precedenti, per il quale la dichiarazione era stata in precedenza omessa, circostanza -appunto- non riconducibile al mero controllo cartolare, in quanto implicante verifiche e valutazioni giuridiche che vanno oltre i dati contenuti nella dichiarazione “rettificata”; la sentenza impugnata ha quindi correttamente concluso come il disconoscimento dei crediti e l’iscrizione della conseguente maggiore imposta avrebbero dovuto essere preceduti da un avviso di rettifica, che -nella specie- risulta essere stato omesso, determinando la illegittimità del disposto recupero.

– Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, nulla disponendosi in ordine alle spese atteso che parte contribuente non ha posto in essere attività di sorta non essendosi costituita in giudizio.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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