Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11669 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 16/06/2020), n.11669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 34230/2018 proposto da:

S.A.W., rappresentato e difeso per procura in calce

al ricorso, dall’Avv. Maria Cristina Romano;

– ricorrente –

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3857/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/01/2020 dal Cons. Dott. DE MARZO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato Maria Cristina Romano, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 17 agosto 2018, ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso proposto dal cittadino (OMISSIS) S.A.W. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria o umanitaria, ritenendo che il narrato non integrasse alcun tipo di atto persecutorio personale (trattandosi di mere minacce dei familiari delle vittime di un incidente stradale in cui egli era stato coinvolto in modo accidentale), che nella regione meridionale di provenienza del richiedente ((OMISSIS)) la situazione fosse oramai più stabile (tanto che lì vivevano ancora i genitori e i numerosi fratelli del ragazzo) e che la sua giovane età (20 anni all’ingresso in Italia) fosse garanzia di una maggiore flessibilità e capacità di ri-adeguamento socio-ambientale nel Paese di origine, tanto che egli non aveva dimostrato di essersi concretamente integrato nel tessuto socioeconomico del paese ospitante.

2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 1 Conv. Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,7,8,14, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, con riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello, nonostante lo specifico motivo d’appello, aveva completamente omesso di considerare che era stato prospettato uno specifico rischio di persecuzione etnica, dal momento che il ricorrente è di etnia (OMISSIS) e le persone che lo avevano minacciato (così come i loto familiari rimasti uccisi nell’incidente) erano di etnia (OMISSIS).

La prima doglianza è inammissibile.

Questa Corte ha chiarito, in linea generale, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez, Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).

Peraltro, la sentenza impugnata è stata depositata il 22 gennaio 2019. Pertanto, viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge di Conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “comè e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

E, come specificamente affermato nelle ordinanze 10 febbraio 2015, n. 2498 e 1 luglio 2015, n. 13448, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte e risultanze probatorie.

Non è; peraltro, esatto che la Corte distrettuale non abbia considerato l’etnia del richiedente. Semplicemente ha ritenuto che la stessa non avesse svolto un ruolo determinante nell’episodio che ha indotto il S. ad allontanarsi dal Mali.

2. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 7,8,14 e 17, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere il giudice a qua utilizzato delle “C.O.I.” non aggiornate (risalenti al marzo 2016), omettendo di considerare quelle redatte dalla Commissione nazionale nel gennaio 2018, attestanti che la situazione nel Mali, ed in particolare nella regione di provenienza del ricorrente ((OMISSIS), al confine con il Burkina Faso), è peggiorata.

La doglianza è fondata.

Questa Corte ha precisato che, in tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine dei richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso stilla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728).

Ciò è proprio quanto, nella specie, il ricorrente ha prospettato, criticando il riferimento della sentenza impugnata (depositata, come detto, il 7 agosto 2018) a fonti informative di due anni prima, laddove già nei gennaio 2018 le C.O.I. disponibili davano atto di un peggioramento della situazione del Mali.

3. L’accoglimento del secondo motivo, comporta l’assorbimento del terzo, con il quale si prospetta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, con riguardo alla mancata considerazione del rischio di rimpatrio e all’omesso bilanciamento con il livello di integrazione raggiunto in Italia.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo; dichiara assorbito il terzo e inammissibile il primo; in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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