Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11669 del 13/05/2010
Cassazione civile sez. II, 13/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 13/05/2010), n.11669
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 6243-2007 proposto da:
REGIONE ABRUZZO, in persona del suo Presidente pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, SC. B, INT. 4,
presso lo studio dell’avvocato LONGOBARDI NINO, rappresentata e
difesa dagli avvocati FRATTALE ALESSIA, PASQUALI SANDRO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
P.U.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 50/2006 del TRIBUNALE di SULMONA dell’1/02/06,
depositata il 16/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
che con la sentenza indicata in epigrafe è stata accolta l’opposizione proposta dal sig. P.U. a ordinanza ingiunzione 12 novembre 2004, n. 72 emessa dall’amministrazione regionale dell’Abruzzo per violazione dell’art. 16, lett. a), 1. regionale 16 febbraio 1988, n. 22 (abusiva raccolta di tartufo);
che il Tribunale ha infatti ritenuto che l’ordinanza fosse stata emesse in violazione del termine di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2;
che la Regione Abruzzo ha quindi proposto ricorso per cassazione, cui non ha resistito l’intimato;
che, avviata la procedura camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per la manifesta fondatezza del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN FATTO
che l’unico motivo di ricorso, con cui si censura l’applicazione del termine di cui sopra alla fattispecie in esame, è manifestamente fondato, alla luce della sentenza n. 9591/2006 delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, in sede di risoluzione di contrasto tra le sezioni semplici, hanno chiarito che la disposizione di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36 bis conv. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante il carattere generale del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve;
che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito (art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte) con il rigetto dell’opposizione proposta dal sig. P.;
che le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che non vi è luogo a provvedere, invece, sulle spese del giudizio di merito, non essendosi l’amministrazione avvalsa in quella sede di patrocinio professionale.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione del sig. P.;
condanna quest’ultimo alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 800,00, di cui 600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010