Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11667 del 26/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 26/05/2011), n.11667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.G. (OMISSIS), S.P.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo

studio dell’avvocato FEMIA DOMENICO, rappresentati e difesi

dall’avvocato PUNTURIERI MARINO MAURIZIO, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ASL N. (OMISSIS) DI REGGIO CALABRIA – PRESIDIO OSPEDALIERO DI

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 432/2009 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 13/03/09, depositata il 31/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata del 31 marzo 2009 la Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava la domanda proposta da M.G. e S.P. per ottenere la condanna della ASL (OMISSIS) di Reggio Calabria di cui erano dipendenti al pagamento, a titolo di arricchimento senza causa, degli importi corrispondenti ai compensi per lavoro straordinario prestato, poichè parte di questi non era stato pagato, pattuendosi in cambio il godimento di riposi compensativi. Affermava la Corte che non vi erano sufficienti allegazioni sulle ore straordinarie prestate e che in ogni caso l’esistenza di un valido rapporto di lavoro esclude la proponibilità dell’azione di indebito arricchimento. Avverso detta sentenza i soccombenti ricorrono con un motivo. La ASL è rimasta intimata.

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di inammissibilità del ricorso; Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;

Infatti, l’unico motivo di ricorso, pur lamentando violazione di legge, non si conclude con la formulazione dei quesiti di diritto; in relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dal detto D., art. 27, comma 2, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un. n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, non avendo la controparte svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2011

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