Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11664 del 07/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 07/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 07/06/2016), n.11664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

LEATHERTECH S.R.L., IN LIQUIDAZIONE elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’Avvocato CONTARIN GIANPIETRO, giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GINERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1552/6/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del Veneto del 16/09/2014, depositata il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

IN FATTO

La Leathertech s.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 1552/06/2014, depositata in data 13/10/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IVA dovuta in relazione all’anno 2007, esposta in una fattura per acquisto di determinati cespiti e recuperata a tassazione, in quanto ritenuta dall’Ufficio indebitamente detratta, a seguito di qualificazione dell’operazione complessiva come cessione di azienda, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile l’appello, accogliendo l’eccezione pregiudiziale della Agenzia delle Entrate appellata, per sua tardiva notifica (in data “22/10/2013”, a mezzo di consegna diretta all’Ufficio erariale, a fronte di una decisione della C.T.P., impugnata, depositata il “16/01/2013”, non notificata) oltre il termine lungo per impugnare, di sei mesi, ex art. 327 c.p.c..

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, in via pregiudiziale, la mancata “tempestiva comunicazione della sentenza di 1^ grado da parte del difensore” ad essa società e chiede di essere “rimessa in termini” ex art. 153 c.p.c. per potere impugnare nei termini la suddetta sentenza.

2. La suddetta censura è infondata, assorbiti gli ulteriori motivi, attinenti al merito della pretesa impositiva.

L’istituto della rimessione in termine, già previsto dall’art. 184 bis c.p.c., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, e sostituito dalla generale previsione di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, (che concerne anche il processo tributario: Cass. 3277/2012;

Cass. 8715/2014), presuppone un fatto impeditivo della tempestiva proposizione della impugnazione, estraneo alla volontà della parte, e della prova del quale quest’ultima è onerata (cfr. Cass. 19836/2011; Cass. 23323/2013 che, subordina l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, oltre il termine “lungo” dalla pubblicazione della sentenza, previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, alla dimostrazione dell'”ignoranza del processo”, dovendo la parte fornire prova di “non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza”). La causa non imputabile, che legittima la rimessione in termine, postula il verificarsi di un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non già una impossibilità relativa, nè tantomeno di una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza (cfr. Cass. 8216/2013). Invero, la valutazione della non imputabilità dovrà essere particolarmente rigorosa, per non snaturare il regime della perentorietà dei termini processuali e non comprimere, oltremodo, il diritto delle controparti al rispetto delle regole processuali assistite dalla grave sanzione della decadenza.

Nella specie, la ricorrente non prospetta neppure l’omessa comunicazione al proprio difensore costituito della decisione di primo grado ad opera della Cancelleria, ma solo l’asserita negligenza del proprio difensore, nell’ambito del mandato ricevuto, per non avere questi dato tempestiva notizia alla parte rappresentata della sentenza di primo grado (ad essa sfavorevole), come da lagnanza esposta dal legale rappresentante della società al proprio difensore.

Ora, da un lato, tale situazione è circoscritta alla sola persona del tecnico investito del mandato e, dall’altro lato, la causa non imputabile ostativa alla tempestiva proposizione dell’impugnazione nemmeno viene illustrata, con riguardo al grado di ipotizzata assolutezza impeditiva e all’epoca di conseguimento di essa.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali del presente giudizio di legittimità, non avendo l’intimata Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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