Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11663 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.11/05/2017),  n. 11663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7986-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE SALVEZZA ONLUS, in persona dei Presidente del Consiglio di

Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

PAOLO EMILIO 34 presso studio dell’avvocato QUIRINO D’ANGELO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI DI BARTOLOMEO, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso, la sentenza n. 65/201 DELLA COMM.TRIB.REG. DI L’AQUILA,

depositata il 15/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere dottt. ANNA MARIA FASANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.La Fondazione Salvezza Onlus impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale dell’Aquila il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva disposto la cancellazione dall’Anagrafe delle Onlus ai sensi del D.M. n. 266 del 2003, art. 5 per mancanza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10. La CTP accoglieva il ricorso. Avverso la sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo. Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate svolgendo cinque motivi. La Fondazione Salvezza Onlus ha resistito con controricorso illustrato con memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 e del D.M. n. 266 del 2003 (art. 360 c.p.c., n. 3)”, nella parte in cui sembrerebbe avere attribuito rilevanza al parere positivo preventivamente espresso dall’Agenzia delle Onlus, trattandosi, invece, di un parere non vincolante.

3. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10(art. 360 c.p.c., n. 3)”, in quanto la sentenza impugnata sarebbe erronea nella parte in cui non avrebbe rilevato la carenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 nello Statuto della Fondazione, sulla cui base era stata disposta la cancellazione.

4. Con il terzo motivo, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso (art. 360 c.p.c., n. 5)”, atteso che il giudice di appello, a fronte delle puntuali e decisive contestazioni proposte dall’Agenzia delle Entrate, avrebbe affermato in modo generico la perfetta rispondenza dello Statuto alle previsioni di legge, senza chiarire i motivi per i quali i settori di attività indicati nello Statuto dovrebbero ritenersi rispettosi delle previsioni di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 con conseguente vizio di motivazione della pronuncia.

5. Con il quarto motivo, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 (art. 360 c.p.c., n. 3)”, posto che il giudice di appello avrebbe ritenuto illegittimo il provvedimento di cancellazione, nonostante il contrasto delle disposizioni statutarie con le previsioni di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10.

6. Con il quinto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: ” Omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso (art. 360 c.p.c., n. 5)”, atteso che la sentenza impugnata sarebbe viziata per omessa motivazione non avendo chiarito i motivi, come avrebbe dovuto, per cui le previsioni in ordine alla distribuzione degli utili contenute nello Statuto dovevano ritenersi rispettose delle disposizioni dell’art. 10 cit.

7. Con cinque motivi di ricorso è denunciata, sotto vari profili, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, art. 10.

8. Le predette censure, per connessione logica, vanno esaminate congiuntamente.

Il ricorso non è fondato e va rigettato.

La L. 23 dicembre 1996, n. 663, art. 3, commi 188 e segg., delegò il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi al fine di disciplinare sotto il profilo tributario le “organizzazioni non lucrative di utilità sociale”, prevedendo, tra i principi e criteri direttivi ai quali tale disciplina si sarebbe dovuta informare, quello, comma 189, lett. a) di individuare “le attività di interesse collettivo il cui svolgimento per il perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale, anche nei confronti dei propri soci, giustifica un regime fiscale agevolato”.

Il D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, ha dato attuazione alla delega, provvedendo, per quanto qui interessa, a dettare la normativa sulle ONLUS (art. 10-29).

Le Onlus costituiscono una particolare categoria di enti, che il legislatore ha inteso individuare nell’ambito del più vasto ambito degli enti non commerciali (la cui disciplina viene in generale richiamata), ritenuta particolarmente meritevole di un regime fiscale di assoluto favore in considerazione delle finalità di “interesse collettivo”, e quindi socialmente apprezzabili, che le stesse istituzionalmente perseguono con lo svolgimento della propria attività. Tale attività deve in particolare essere caratterizzata dal “perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale”: ciò significa che la finalità solidaristica (perseguita in via esclusiva) costituisce l’essenziale requisito qualificante delle ONLUS. Al fine di perseguire i propri obietivi, un ente non profit pone in essere una serie di attività, che vengono definite istituzionali, in quanto direttamente connesse al raggiungimento delle finalità previste dallo statuto, quelle cioè poste a fondamento dell’ente stesso. Lo statuto può prevedere ulteriori attività connesse a quelle istituzionali, ovvero a queste ultime strettamente correlate e funzionali e che consentono un migliore svolgimento. Infine possono essere previste ulteriori attività di natura “commerciale”, estranee alle attività istituzionali e connesse.

Queste ultime vengono compiute sostanzialmente al fine di consentire l’entrata di risorse finanziarie ulteriori rispetto a quelle derivanti dalle quote dei contributi, dalle erogazioni e simili versate dagli associati o da terzi. Il regime di favore che il legislatore in materia fiscale ha inteso concedere al settore “non profit” consiste nella non imponibilità (ai fini IVA e delle imposte sul reddito) delle somme rinvenute a fronte di talune attività e nel rispetto di precise condizioni. Le associazioni che intendono accedere ai benefici fiscali devono rispettare determinate formalità in base alla costituzione, adottando le forme prescritte e inserendo nel proprio statuto particolari clausole, finalizzate a garantire il corretto utilizzo dello schema associativo e non lucrativo. In aggiunta a ciò, occorre in concreto dimostrare di svolgere effettivamente le attività statutarie e quindi escludere ogni eventuale presunzione di esercizio di attività di impresa lucrativa.

Il D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 prescrive precisi vincoli statutari, individuando, tassativamente, i settori di attività in cui le ONLUS devono operare e stabilendo poi una serie di obblighi tra i quali, appunto, l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale.

La legge prevede sia che le attività connesse a quelle istituzionali non devono essere “prevalenti”, pertanto, non devono essere svolte in via esclusiva o almeno principale, ed i loro proventi non devono superare una determinata percentuale (il 66%) delle spese complessive dell’organizzazione.

Questa Corte ha chiaramente precisato che: “In materia di ONLUS, il D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, comma 5, deve essere interpretato restrittivamente, trattandosi di previsione relativa ad agevolazioni tributarie, sicchè le attività direttamente connesse a quelle istituzionali, a cui fa riferimento, vanno identificate con le attività oggettivamente e strumentalmente funzionali al migliore e più efficace espletamento di quelle istituzionali, con il cui fine solidaristico può essere compatibile la previsione di un corrispettivo, purchè non emerga, in tal modo, il perseguimento di un fine di lucro attraverso la distribuzione degli utili” (Cass., Sez. 5, n. 18396 del 18.9.2015).

Gli utili e gli avanzi di gestione non possono essere distribuiti, anche in via indiretta, per i quali è, invece, prescritto l’obbligo di destinazione alla realizzazione delle attività istituzionali e di quelle direttamente connesse. Questa Corte ha chiarito, infatti, che il fatto che prestazioni vengano fornite verso corrispettivo non fa, di per sè, venire meno il fine solidaristico, il quale non è escluso dalla realizzazione degli utili, sempre che, tuttavia, attraverso il pagamento del corrispettivo non si realizzi, accanto all’intento solidaristico (che deve essere esclusivo), anche un fine di lucro; occorre, però, che gli utili non vengano distribuiti e siano impiegati per la realizzazione di attività istituzionali o direttamente connesse (Cass., Sez. Un. nn. 24883 del 2008, 9661 del 2009, Cass. Sez. 5, n. 18396 del 2015).

Il D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 11 bis, lett. d) stabilisce il divieto di distribuire, anche modo indiretto, utili e avanzi di gestione, nonchè fondi, riserve o capitali durante la vita dell’organizzazione, e meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge e siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura.

9. Alla stregua delle esposte considerazioni, in disparte i rilievi di inammissibilità dei motivi per carenza di autosufficienza, il ricorso si rileva infondato.

Il giudice di appello ha in sostanza ritenuto che la Fondazione “Salvezza” Onlus rispondesse ai requisiti previsti dalla normativa sopra citata, rilevando la perfetta rispondenza dell’art. 2 e dell’art. 13 dello statuto alla norma di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10 dando rilievo anche alla verifica dei requisiti della Fondazione al parere preventivo concesso ai sensi del D.M. 18 luglio 2003, n. 266.

La sentenza è complessivamente corretta e si sottrae alle censure formulate nel ricorso.

10. Quanto a questo aspetto, ossia con riferimento alla rispondenza dello statuto ai requisiti formali indicati dal D.Lgs. n. 460 cit., art. 10 non possono ritenersi condivisibili le censure proposte da parte ricorrente in relazione all’art. 2 dello statuto, il quale, con riferimento ad alcune attività, come cineforum, turismo sociale e religioso, convegni ecc., non indicherebbe se queste siano rivolte a soggetti in stato di bisogno e/o categorie svantaggiate.

Nel controricorso, la Fondazione Salvezza ONLUS ha riportato il contenuto della disposizione, che, testualmente e preliminarmente, stabilisce: “La Fondazione, nello spirito del Vangelo della carità, ha lo scopo di perseguire la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini meno abbienti ed in particolare delle realtà giovanili in stato di bisogno”.

Ne consegue che la predetta clausola, correttamente, con riferimento ad alcune attività, non precisa quali possano essere i destinatari, essendo necessario consentire una indiscriminata partecipazione, proprio al fine di favorire l’integrazione sociale dei cittadini meno abbienti e delle realtà giovanili in stato di bisogno, al fine di perseguire in tal modo le finalità istituzionali dell’ente.

Prive di rilievo le censure proposte in ricorso anche con riferimento all’art. 13 dello statuto della ONLUS.

Si legge controricorso che la clausola stabilisce:

Tutti gli eventuali avanzi di gestione e/o utili debbono essere reimpiegati nell’attività della fondazione o comunque incrementare il suo patrimonio. In nessun caso, nè direttamente nè indirettamente, gli utili possono essere distribuiti o possono andare a vantaggio dei Fondatori. E’ fatta salva la possibilità che la Fondazione eroghi benefici a favore di attività, che rientrino tra quelle che la fondazione può svolgere, pur se facenti capo ai fondatori”.

La disposizione sopra richiamata non consente, pertanto, la distribuzione degli utili tra i fondatori, ma favorisce benefici a favore delle attività che rientrino comunque tra quelle che la fondazione può svolgere per statuto, ossia quelle istituzionali (Cass. S.U. n. 24883 del 2008, Cass. Sez. 5, n. 18396 del 2015).

11. Con riferimento alle norme dello statuto oggetto di censura, il tenore della motivazione della sentenza impugnata rileva un accertamento in fatto sufficientemente argomentato, in quanto la CTR afferma di condividere le argomentazioni espresse dal giudice di primo grado, anche in ragione della verifica della perfetta rispondenza a tutti i requisiti di cui al D.Lgs. n. 460 cit., art. 10 giusto parere preventivo del 10.10.08.

Ne consegue che la sentenza impugnata non merita censure sotto il profilo motivazionale, essendo chiaramente rilevabile il procedimento logico che ha indotto il giudice del merito al suo convincimento (Cass. S.U. n. 24148 del 2013).

12.In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente, che liquida in Euro 2000,00, per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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