Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11658 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 16/06/2020), n.11658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16321/2015 proposto da:

ABC Costruzioni Spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore; Fallimento (OMISSIS), in persona dei curatori fallimentari

R.S., S.A.; Toto Holding Spa, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

Roma, via G. Mercalli 13, presso lo studio dell’avvocato Cancrini

Arturo, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Patti

Salvatore Lucio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Holding Di Ingegneria Spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Caio Mario 27,

presso lo studio dell’avvocato Srubek Tomassy Carlo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cuffaro Vincenzo,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Spea Engineering Spa, quale incorporante ADR Engineering Spa,

elettivamente domiciliata in Roma, Vicolo Orbitelli 31, presso lo

studio dell’avvocato Clemente Michele, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Aeroporti Roma Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Antonelli 45, presso lo

studio dell’avvocato Mazzone Christian, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Mazzone Matteo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

Bonifica Spa;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4724/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2020 da Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società (OMISSIS), in proprio e quale mandataria di un’ATI costituita con altre società (d’ora in avanti, ATI), conveniva in giudizio la Aeroporti di Roma spa (d’ora in avanti, ADR), per sentir dichiarare risolto il contratto di appalto stipulato tra le parti il 30 dicembre 1997, avente ad oggetto il rifacimento della pista di volo (OMISSIS) dell’aeroporto di (OMISSIS), per inadempimento della committente ADR o, in subordine, per eccessiva onerosità e con condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni.

La convenuta ADR chiedeva il rigetto della domanda e, in riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’ATI, con condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni.

Nel giudizio intervenivano la Aeroporti di Roma Engineering spa (ADR Engineering), direttrice dei lavori, e la Bonifica spa, che aveva contribuito alla progettazione dell’opera, le quali chiedevano il rigetto delle domande dell’ATI e, la prima, anche l’accoglimento delle domande riconvenzionali di ADR.

Il Tribunale di Roma, in accoglimento delle domande dell’ATI, dichiarava il contratto risolto per inadempimento di ADR, condannava quest’ultima al risarcimento del danno da liquidarsi nel prosieguo del giudizio e rigettava le riconvenzionali di ADR e delle società intervenute.

Bonifica e ADR proponevano appello in via principale e incidentale; sul fronte opposto, proponeva appello incidentale (anche in via autonoma, poi riunito) l’ATI che chiedeva la condanna delle controparti al risarcimento di danni ulteriori. La ADR Engineering rimaneva contumace in appello.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 14 luglio 2014, in accoglimento dei gravami di ADR e Bonifica, dichiarava risolto il contratto di appalto per inadempimento dell’ATI; dichiarava improcedibile la domanda risarcitoria di ADR nei confronti del Fallimento (OMISSIS); la rigettava nei confronti delle imprese costituite in ATI (ABC Costruzioni spa e Toto Holding spa) e rigettava il gravame di queste ultime.

Avverso questa sentenza propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, il Fallimento (OMISSIS), la ABC Costruzioni spa e la Toto Holding spa (già partecipanti all’ATI), resistito con separati controricorsi da ADR, Holding Di Ingegneria spa (nuova denominazione di Bonifica) e Spea Engineering spa (incorporante la ADR Engineering). Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 109 del 1994, art. 16, comma 5, artt. 17 e 19, per avere sottovalutato l’errore progettuale e le carenze del progetto esecutivo della committente, e imputano alla Corte di merito una “lettura distorta dei fatti di cause” e delle risultanze della c.t.u. e l’erroneità dell’affermazione che “l’eventuale difettosità della progettazione non rileva come inadempienza contrattuale del committente, il quale, nel consegnare il progetto all’esecutore, non assolve un obbligo ma esercita una facoltà”.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per avere attribuito alle clausole contrattuali un significato diverso da quello ricavabile dal testo, sottovalutando le carenze del progetto esecutivo fornito dal committente, con l’effetto di porre impropriamente a carico dell’appaltatore l’obbligo di provvedere ad attività sostitutive di quelle proprie del committente.

Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1455,1460 e 2697 c.c., imputando alla corte di merito di avere invertito o sovvertito l’onere della prova gravante sulle parti, avendo erroneamente ritenuto non pertinente il richiamo dell’ATI alla giurisprudenza di legittimità sul dovere del committente di predisporre un progetto esecutivo immediatamente cantierabile, cioè non bisognoso di ulteriori specificazioni.

Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1366,1375 e 1453 c.c., per avere ritenuto la condotta dell’ATI non diligente e non conforme alle regole di correttezza e buona fede, ponendo a carico dell’appaltatore uno sforzo collaborativo inesigibile “che non può arrivare al punto di mutare natura e contenuto del suo obbligo di prestazione” nè imporre anche l’obbligo di “colmare lacune progettuali” imputabili al committente.

I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati e in parte inammissibili.

Premesso che la riferita affermazione contenuta nella sentenza impugnata, estrapolata dal contesto motivazionale al fine di farle assumere un significato diverso da quello che le è concretamente proprio, non integra ratio decidendi che è invece racchiusa nell’affermazione della responsabilità dell’ATI inadempiente all’obbligo di fornire una idonea progettazione costruttiva, obbligo che era a suo carico per previsione del bando di gara (p. 2, comma 3) e per contratto.

Quest’ultimo (all’art. 4) prevedeva infatti l’obbligo dell’appaltatore di fornire “la progettazione costruttiva”, avendo l’appaltatore dichiarato “di aver valutato ogni implicazione ed onere derivante dall’affidamento a corpo di parte delle opere e di averne tenuto conto nel formulare la propria offerta, nonchè di avere tenuto nel debito conto il fatto che l’appalto comporta nella fase esecutiva l’elaborazione della progettazione costruttiva”; e dunque “(di assumere) una obbligazione di risultato con riferimento alla completezza ed alla idoneità dell’opera rispetto alle finalità perseguite dalla Committente, essendosi impegnato ad esaminare il progetto in ogni dettaglio e ad integrarlo con quelle opere, categorie di lavori, magisteri, forniture e quant’altro che, se pur non espressamente indicati, sono essenziali per rendere l’opera idonea, completa e funzionale rispetto ai fini perseguiti”.

L’accertamento del se in concreto l’appaltatore abbia adempiuto alle obbligazioni assunte, come definite in sede contrattuale, costituisce una questione di fatto che sfugge al controllo giurisdizionale rimesso a questa corte, una volta che, come nella specie, i giudici di merito abbiano posto a fondamento della decisione una motivazione argomentata e non fatta oggetto di censura idonea a scalfirla – anche nella ricostruzione della volontà contrattuale delle parti, in ordine alla definizione delle rispettive obbligazioni assunte e dell’oggetto della progettazione costruttiva -, risultando la censura priva di specifica illustrazione quanto al modo e alle considerazioni con le quali il giudice del merito si sarebbe discostato dai canoni legali di ermeneutica contrattuale (cfr., tra le tante, Cass. n. 873 del 2019).

La corte territoriale ha diffusamente argomentato nel senso che la progettazione costruttiva aveva ad oggetto la individuazione della metodologia da attuare per la composizione delle miscele (definita “mix design”) e non consisteva in una ulteriore progettazione esecutiva ma nella individuazione della metodologia da attuare “per la migliore composizione della miscela”.

L’esito decisorio non è dissonante dal principio secondo cui l’amministrazione committente di opera pubblica, al di fuori dei casi e dei modi specificamente previsti, ha di regola l’obbligo di predisporre un progetto esecutivo immediatamente “cantierabile”, non bisognoso cioè di ulteriori specificazioni, in quanto già contenente la puntuale e dettagliata rappresentazione dell’opera (cfr. Cass. n. 8779 del 2012, n. 28799 del 2018). Il suddetto principio è evidentemente derogabile dalle parti nell’esercizio dell’autonomia privata, come avvenuto nel caso in esame, in cui l’appaltatore aveva assunto l’obbligo di predisporre il “progetto costruttivo o di cantiere”.

La corte territoriale ha verificato la correttezza ed eseguibilità del progetto appaltato, l’ininfluenza dell’asserita carenza di ulteriori norme tecniche di dettaglio e, dunque, ha accertato la responsabilità dell’ATI per il mancato raggiungimento dei risultati progettuali, essendo stato rimesso all’esecutore qualificato di risolvere aspetti non marginali dell’appalto mediante un maggior impegno organizzativo, ancorchè economicamente più dispendioso ma non per questo sproporzionato e, dunque, con uno sforzo organizzativo da parte di tutte le imprese associate.

Si tratta di apprezzamenti di fatto, inerenti alla valutazione in concreto della diligenza delle parti nell’adempimento (art. 1176 c.c., comma 2), che impropriamente si vorrebbe sovvertire, sollecitando questa corte ad operare una rivalutazione comparativa dei molteplici fattori anche cronologici riferibili ai comportamenti delle parti in executivis.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 30, per non avere considerato nella valutazione dell’inadempimento dell’ATI la sospensione ultrasemestrale dei lavori, in data 10 settembre 1999, in assenza dei presupposti di legge e il rifiuto opposto alla ripresa dei lavori.

Il motivo implica nuovi accertamenti su aspetti fattuali controversi (i controricorrenti replicano che la sospensione era stata attuata su accordo tra le parti, in attesa delle decisioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e che la mancata ripresa dei lavori era dovuta al rifiuto di riprendere i lavori manifestato dall’ATI) e, in definitiva, una inammissibile rivalutazione dell’intero materiale probatorio.

In conclusione, il ricorso è rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese, in considerazione della complessità della vicenda fattuale da cui trae origine la controversia, in applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo precedente alla prima modificazione operata dalla L. n. 263 del 2005 (inapplicabile ratione temporis nel giudizio introdotto nel maggio 2000).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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