Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11655 del 11/05/2017
Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2017, (ud. 15/02/2017, dep.11/05/2017), n. 11655
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23727/2012 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
S.D. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Abruzzo, n. 149/10/2012, depositata in data 1 marzo 2012;
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 15 febbraio 2017
dal Cons. Lucio Luciotti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale FUZIO Riccardo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 149 del 1 marzo 2012 la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente, esercente l’attività di vendita di capi di abbigliamento, avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, sulla scorta delle risultanze di una verifica fiscale generale compendiata in apposito processo verbale di constatazione del 12/11/2008, aveva rideterminato induttivamente i ricavi conseguiti dalla predetta società ai fini IVA, IRES ed IRAP nell’anno di imposta 2005 mediante applicazione di una percentuale di ricarico del 20 per cento sulle giacenze e del 60 per cento sui nuovi acquisti.
1.1. I giudici di appello ritenevano plausibile la decisione di primo grado sul rilievo che la ditta aveva cessato l’attività poco dopo la chiusura dell’esercizio oggetto di verifica e che era logicamente improbabile il conseguimento di ricavi risultanti dall’applicazione delle percentuali indicate dall’amministrazione finanziaria.
2. Avverso detta statuizione l’Agenzia propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce l’omessa o, comunque, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata per avere la CTR omesso di illustrare le ragioni per le quali aveva ritenuto “logicamente improbabile il conseguimento di ricavi risultanti dall’applicazione delle percentuali di cui al p.v.c.”, nè aveva indicato il criterio in base al quale sarebbe invece da ritenere “plausibile la decisione” di primo grado.
2. La dedotta carenza motivazionale della sentenza impugnata è fondata, esaurendosi la stessa in affermazioni anapodittiche – tali essendo la ritenuta plausibilità della decisione di primo grado e la improbabilità per la società contribuente di conseguire i ricavi determinati dall’amministrazione finanziaria – che impattano con il più volte ribadito principio giurisprudenziale in base al quale il vizio di motivazione, consistente in un errore intrinseco al ragionamento del giudice verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato (Cass. n. 50 del 2014), ricorre allorchè nel complesso della sentenza sia evincibile la carenza del procedimento logico che ha indotto il giudice al suo convincimento, non chiarendo il percorso motivazionale illustrato dal decidente nella redazione della sentenza, valutato alla stregua di un criterio che prescinde da ogni aspettativa di parte, il nesso di necessaria coerenza logico-argomentativa che in rapporto agli elementi probatori acquisiti nel corso del processo giustifica la regolazione del caso concreto in base alla norma applicata (in termini cfr. Cass. n. 9878 del 2016).
2.1. Osserva il Collegio che nella fattispecie in esame è innegabile la sussistenza del lamentato vulnus motivazionale laddove la CTR ha omesso di spiegare, come invece era suo onere, le ragioni per le quali dovrebbe ritenersi plausibile il convincimento dei giudici di primo grado circa l’eccessività delle percentuali di ricarico individuate ed applicate dall’ufficio finanziario ed improbabile che la società abbia conseguito i ricavi accertati, neanche spiegando la rilevanza a tali fini della cessazione dell’attività, avvenuta peraltro nel successivo anno di imposta.
3. Il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui aveva contestato il riconoscimento da parte dei giudici di primo grado, con pronuncia emessa extra petitum, di una percentuale di sconti, operati dalla società contribuente, maggiori di quelli dalla stessa ammessi (fino al 70%), deve ritenersi assorbito.
4. Conclusivamente, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione.
PQM
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017