Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11655 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 04/05/2021), n.11655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26087-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

SEA SRL, in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’Avvocato LAGRECA ANGELA LILIANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 307/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA PUGLIA, depositata il 05/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO e DIRITTO

Ritenuto che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia indicata in epigrafe che, in controversia su impugnazione di avvisi di accertamento relativo a nuova determinazione del classamento e rendita dell’unità immobiliare, accoglieva l’appello della società Sea s.r.l. riformando la decisione di primo grado.

La CTR ha ritenuto infondato l’accertamento non evincendosi dalle motivazioni dello stesso le ragioni per le quali la rendita proposta dalla contribuente nell’ambito della procedura Docfa era aumentata da Euro 13.540,00 ad Euro 35.334,40.

La contribuente si è costituita con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di specificità.

Con l’unico motivo l’Ufficio denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che l’avviso di accertamento impugnato rappresentava l’esito finale di un procedimento specificamente regolato dalla legge.

Osserva infatti che la procedura Docfa che prevede la diretta partecipazione del contribuente si era perfezionato con il successivo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria.

Evidenzia che l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento e di attribuzione della rendita deve intendersi assolto tutte le volte che risultano indicati nell’atto i criteri e le fonti di determinazione operata e la stima diretta costituisce un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza, o non, della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità ma della attendibilità concreta del giudizio cennato, e, derivatamente, nella sede contenziosa adita dal contribuente per contestare la fondatezza della pretesa impositiva coltivata dall’Amministrazione per il tramite dell’avviso di classamento della verifica della bontà delle ragioni oggetto di tale pretesa.

Rileva che la rendita proposta dalla contribuente non era stata accettata dall’Ufficio non in ragione di una differente quantificazione degli elementi unitari indicati dal proponente bensì su una diversa valutazione economica del bene.

Il motivo riguarda l’asserito difetto di motivazione dell’atto impugnato, è inammissibile per carenza di autosufficienza, in ragione delle seguenti considerazioni.

a) Il giudizio di cassazione, in quanto giudizio a critica vincolata, delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, esige una precisa emanazione dei motivi medesimi, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., e secondo il principio di autosufficienza si impone che esso contenga tutti gli elementi necessari in modo da porre il giudice di legittimità nella condizione di avere una completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di fare rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 767 del 2011).

b) Il ricorrente per cassazione, pertanto, ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate.

c) Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumono rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso.

d) Con specifico riferimento alle denunce riferite al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti “testualmente” i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica “esclusivamente” in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017).

E’ stato, altresì, precisato che: “l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena di inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da una elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tale fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte” (Cass. n. 23452 del 2017).

A tale onere processuale la ricorrente non ha ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015). Nella specie, non risulta neppure che nella elencazione contenuta in calce al ricorso sia stato indicato l’avviso di accertamento impugnato.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese vanno poste a carico della ricorrente secondo il principio della soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

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